Paisièllo, Giovanni
Indicecompositore italiano (Taranto 1740-Napoli 1816). La sua formazione, avvenuta al Conservatorio napoletano di Sant'Onofrio sotto la guida di Francesco Durante e di G. Abos, lo inserì sin dagli esordi in una tradizione squisitamente italiana, che aveva nella esperienza operistica, in particolare di andamento buffo, il suo punto di riferimento più consistente. Conquistata rapidamente vasta fama sia nella sua città di adozione, Napoli, sia nei più importanti centri teatrali italiani, Paisiello fu chiamato nel 1776 a Pietroburgo come maestro di cappella dell'imperatrice Caterina II e come supervisore dell'Opera italiana. Conclusa questa esperienza, nel 1783 tornò a Napoli come maestro alla corte di Ferdinando IV. L'adesione alla rivoluzione napoletana del 1799 e soprattutto la permanenza nel 1802 presso la corte napoleonica a Parigi gli alienarono le simpatie della corte borbonica e resero difficili gli ultimi anni della sua vita; tuttavia la risonanza che la sua opera continuò a godere in tutta Europa sino al secondo decennio dell'Ottocento (quando fu messa in ombra dall'irresistibile affermazione del repertorio rossiniano) fu enorme, come può attestare proprio la scandalizzata sorpresa del mondo musicale di fronte alla decisione di Rossini di rimusicare Il barbiere di Siviglia, considerato uno dei capolavori di Paisiello. Della sua vastissima produzione si segnalano in particolare, nel repertorio buffo e semiserio, L'idolo cinese (1767), La serva fatta padrona (1769), La Dardané (1772), Il credulo deluso (1774), Il duello (1774), La Frascatana (1774), Il Socrate immaginario (1775), Il barbiere di Siviglia (1782), Il re Teodoro in Venezia (1784), La modista raggiratrice o La Scuffiara amante (1787), La Molinara o L'amor contrastato (1788), Nina, o sia la pazza per amore (1789), l'opera forse che più contribuì a consacrarne la fama. Anche se nelle opere citate hanno modo di affermarsi in maniera più compiuta quelle doti di elegante spontaneità, di brio, di acuta caratterizzazione psicologica, di tenera sentimentalità che suscitarono anche il plauso di Beethoven, non meritano la frettolosa condanna cui furono sottoposte nel sec. XIX e nei primi decenni del XX di questo le opere serie di Paisiello, alcune delle quali (Pirro, 1787; Elfrida, 1792) rivelano un uso estremamente consapevole e progressivo delle strutture drammatiche. Pagine di singolare intensità possiede anche la ricca produzione religiosa, nella quale spiccano lavori quali La Passione di Gesù Cristo (1783) e il Te Deum per due cori e due orchestre.
Giovanni Paisiello in un ritratto di M. L. Vigée Le Brun (Versailles, Museo).
De Agostini Picture Library
A. Cametti, Paisiello e la corte di Vienna, Roma, 1929; A. Ghislanzoni, Paisiello. Valutazioni critiche rettificate, Roma, 1969; D. Foresio, Paisiello, Taranto, 1985.