Biografia

Compositore tedesco (Bonn 1770-Vienna 1827). Come il cognome può suggerire, Beethoven nacque da famiglia di ascendenze fiamminghe. Suo nonno infatti, anch'egli di nome Ludwig (1712-1773), era nato a Malines e verso il 1731 si era stabilito come musicante a Bonn; suo padre Johann (1740-1792) era tenore nella cappella di corte e dalla moglie Maria Magdalena Keverich (1746-1787), sposata nel 1767, aveva avuto sette figli, di cui sopravvissero solo Ludwig, Kaspar (1774-1815) e Johann (1776-1848). Pur non essendo mai stato un vero fanciullo prodigio, il giovane Ludwig dimostrò presto singolari attitudini musicali. Ebbe lezioni di pianoforte, organo e violino dal padre e da musicisti minori, poi di composizione dall'organista di corte Ch. G. Neefe, che gli fece conoscere musiche di C. Ph. E. Bach e il Clavicembalo ben temperato di J. S. Bach. Da Neefe Beethoven fu introdotto nella cappella di corte, prima come sostituto organista (1782) e cembalista (1783), poi come violinista nell'orchestra (1784), regolarmente stipendiato. In quegli anni egli ebbe modo di conoscere opere musicali italiane, francesi e austriache e, dalla famiglia Breuning, che lo accolse affettuosamente e lo protesse, le nuove correnti letterarie tedesche (Klopstock, Herder, Schiller, Goethe). Nel 1787 si recò a Vienna per studiare con Mozart, ma, dopo breve tempo, fu costretto a tornare a casa per assistere la madre morente e provvedere quindi alle necessità della famiglia, abbandonata dal padre ormai completamente in preda all'etilismo. Ebbe tuttavia modo di continuare gli studi: nel 1789 seguì un corso di filosofia all'Università di Bonn e dal 1792, protetto da amici influenti, si trasferì a Vienna per studiare con Haydn, che già qualche anno prima aveva ammirato il suo talento. Nonostante la reciproca stima, i rapporti fra maestro e allievo non furono molto facili e Beethoven, pur senza arrivare a vera rottura, preferì completare la sua formazione musicale col contrappuntista Albrechtsberger e con l'operista italiano Salieri. Nella vivissima attività musicale che si svolgeva in quei tempi a Vienna, egli ebbe modo di distinguersi ben presto come ottimo esecutore e come brillante improvvisatore pianistico. Dopo alcuni concerti tenuti nel 1796 a Norimberga, Praga, Dresda e Berlino, la sua attività musicale si svolse esclusivamente a Vienna, dove raggiunse presto una vasta fama come compositore e poté vivere in piena sicurezza economica grazie all'aiuto di generosi protettori. Fra questi meritano particolare menzione i principi Lichnowsky e Lobkowitz, l'arciduca Rodolfo, il conte Rasumovski e la famiglia Brunswick, mentre fra gli amici che gli furono accanto per tutta la vita si ricordano il violinista Schuppanzigh e il direttore d'orchestra Schindler, suo futuro biografo. Già nel 1795 tuttavia cominciarono a manifestarsi i primi sintomi della sordità che, progredendo lenta ma inesorabile fino a diventare completa nell'ultimo decennio di vita, tormentò tutto l'arco creativo di Beethoven, portandolo al disperato sconforto del Testamento di Heiligenstadt (1802) e favorendo nel musicista, già per carattere diffidente e scontroso, una sempre più acuta misantropia. La grave malattia non gli impedì tuttavia di continuare a produrre e a credere caparbiamente nei valori positivi della vita. Se si ricordano anche le infelici esperienze sentimentali e le gravi preoccupazioni che gli procurò negli ultimi anni di vita il nipote Karl, non si può non riconoscere nella straordinaria forza d'animo e nella sempre presente inflessibile tensione morale una delle massime componenti dello spirito beethoveniano. Spirito che affondava le proprie radici nell'Illuminismo, ma che, dopo aver accolto con entusiasmo gli inquieti fermenti dello Sturm und Drang, si dimostrò sensibile alle nuove istanze dell'idealismo tedesco e al credo libertario e democratico nato con la Rivoluzione francese. Oltre che per l'ampiezza degli interessi culturali, egli si distinse dai musicisti che lo avevano preceduto anche per aver sempre coraggiosamente rivendicato la posizione di libero artista, del tutto autonomo nelle proprie scelte artistiche ed esistenziali. Tutte queste caratteristiche nuove contribuirono in maniera determinante a un'interpretazione in chiave romantica dell'arte di Beethoven; va pertanto precisato che rimase sempre un musicista di formazione classica e che nella sua arte, come nella sua visione morale, mancano alcune delle componenti essenziali del Romanticismo.

Opere: le sonate e i quartetti

Le prime composizioni significative di Beethoven risalgono all'ultimo decennio del sec. XVIII e furono concepite secondo i modelli di Mozart e Haydn, anche se fin dall'inizio si riscontra la tendenza ad accentuare il contrasto, tipico della forma sonata, fra il primo tema ritmico e incisivo e il secondo, melodico e intimistico. La progressiva drammatizzazione di questo contrasto divenne elemento preponderante nella parte centrale della produzione beethoveniana che si colloca approssimativamente nel primo quindicennio dell'Ottocento. I tempi veloci delle sue composizioni si impongono per la potenza titanica della costruzione mentre gli adagi si distinguono per il loro poetico e contenuto lirismo. Le nuove dimensioni dei rapporti armonici e le formidabili invenzioni timbriche determinarono inoltre radicali innovazioni nella tradizionale struttura della forma sonata, mentre il completo superamento dei modelli galanti si espresse anche con l'abbandono del minuetto, sostituito con uno scherzo, robusto e ritmicamente incisivo. Negli ultimi anni però anche la forma sonata si sfaldò e Beethoven dovette ricorrere a nuovi elementi formali per soddisfare le sempre più profonde esigenze espressive. Si verificò allora un ritorno all'antico, al recupero di procedimenti polifonici rinascimentali e barocchi, mentre contemporaneamente si creavano strutture formali e soluzioni stilistiche di tale sconvolgente novità di concezione da poter essere compiutamente assimilate e riprese solo nell'esperienza critica e compositiva del Novecento. Di questo complesso e coerente evolversi stilistico, le 32 sonate per pianoforte sono specchio fedele. Dopo le prime, che si iscrivono ancora nell'orbita stilistica di Haydn e Mozart, già con la PateticaBeethoven si dimostra in possesso di una completa autonomia creativa e ormai chiaramente indirizzato verso quella potenza drammatica che contraddistingue le grandi sonate del periodo centrale. Fra queste sono universalmente note le palpitanti pagine di Al chiaro di luna, il magico equilibrio delle tre sonate op. 31, la luminosa serenità del Waldstein, la forza evocatrice e lo slancio romantico dell'Appassionata, il patetico programmatismo di Les adieux. Le sonate successive appartengono interamente all'ultimo, grande tempo dell'arte beethoveniana. Nei finali entrano con sempre maggiore frequenza episodi fugati, intesi come inevitabile sbocco di una tensione spasmodica accumulata nei movimenti precedenti, catarsi finale e liberatoria, in una dimensione musicale del tutto nuova, rarefatta e immateriale. Con la fuga finale della Hammerklavier la tensione drammatica del pianismo beethoveniano raggiunge l'apice, mentre nelle tre sonate successive il linguaggio si fa ancora più spirituale e astratto. Parallelo alle sonate si dispone il processo evolutivo dei quartetti, composti in tre periodi stilisticamente molto differenziati. I primi sei sono ancora modellati secondo la tradizione classica; i tre quartetti Rasumovski, l'op. 74 e l'op. 95 appartengono alla cosiddetta “seconda maniera”; gli ultimi cinque (op. 127-135), che portano ancor più lontano l'altissimo messaggio delle sonate per pianoforte, sono il frutto estremo dell'arte di Beethoven.

Opere: le sinfonie

Anche nelle nove sinfonie la linea di sviluppo appare altrettanto evidente. Le prime due non portano sostanziali novità rispetto alla contemporanea musica da camera, ma un'autentica rottura con tutto il passato avviene con la 3a, detta Eroica e dedicata inizialmente a Napoleone. In questa sinfonia i tradizionali rapporti armonici sono sconvolti, un'intensa marcia funebre sostituisce l'adagio e un formidabile scherzo conduce a un finale articolato in forma di variazioni e dotato di trascinante vigore. Dopo la serena parentesi della 4a, con la 5a Sinfonia si assiste ancora una volta all'esplosione dell'epos beethoveniano. Una semplice ma straordinariamente incisiva cellula ritmica sostiene l'intero arco formale della composizione, evocando titanici contrasti fra elementi primordiali, che si concludono in gioiosa apoteosi, quasi manifestazione dell'inevitabile prevalere, nella visione idealistica ed eroica di Beethoven, dei valori positivi sulle disordinate componenti dell'irrazionale. La sinfonia successiva porta il nome di Pastorale, celebrazione panteistica della presenza divina nel mondo della natura. Perfetta nella sua strutturazione formale appare la 7a Sinfonia, definita da Wagner un'apoteosi della danza per la sprizzante carica ritmica e la purezza cristallina del suo sviluppo, in singolare contrasto con la luminosa serenità dell'8a, ripensamento in chiave ora nostalgica ora ironica del sinfonismo classico haydniano. Realizzata dodici anni dopo l'8a, la 9a Sinfonia rappresenta un altro momento culminante dell'arte di Beethoven. Dopo la tempestosa drammaticità del primo tempo, l'irruente vitalità dello scherzo e il caldo lirismo dell'adagio, alla dilatatissima orchestra si aggiungono nel finale anche quattro voci soliste e il coro per intonare l'Inno alla gioia di Schiller, appassionato appello alla fratellanza universale. Tale altissimo messaggio ispira anche la contemporanea Missa solemnis, omaggio devoto a una divinità intesa come patrimonio comune di tutte le genti, al di sopra delle singole confessioni religiose. Fra i cinque concerti per pianoforte e orchestra si ammirano nei primi due la spigliata e fresca inventiva, nel terzo il drammatico dialogo fra il solista e l'orchestra, nel quarto la cristallina purezza del linguaggio, nel quinto il magnifico slancio eroico. Dolce lirismo e assoluta perfezione formale caratterizzano l'unico concerto per violino. Le ouvertures completano il quadro sinfonico. Nell'ambito della produzione vocale emergono tanto i Lieder quanto l'unica opera Fidelio, più volte rimaneggiata, precorritrice dell'opera nazionale tedesca, inno all'amore redentore e all'inevitabile trionfo del positivo sulle forze del male.

Opere: le composizioni principali

Per il teatro: l'opera Fidelio (tre versioni: in 3 atti nel 1805, poi rifatta in 2 atti nel 1806 e ancora nel 1814; con quattro ouvertures, di cui tre intitolate Leonora, 1805-06, e una Fidelio, 1814); il balletto Le creature di Prometeo (1801); ouvertures e musiche di scena per Coriolano (1807), Egmont (1810); Le rovine di Atene e Il re Stefano (1811), La consacrazione della casa (1824). Musiche vocali: Messa in do maggiore (1807) e Missa solemnis in re maggiore per soli coro e orchestra (1823); l'oratorio Cristo al Monte degli Ulivi (1803); cantate Per la morte dell'imperatore Giuseppe II (1790), Il momento glorioso (1814); numerosi Lieder fra cui il ciclo All'amata lontana (1814); arie, pezzi per coro, canoni. Musica sinfonica: 9 sinfonie (1799, 1802, 1804, 1806, 1808, 1808, 1811, 1812, 1823 con coro); 5 concerti per pianoforte e orchestra (1798, 1798, 1800, 1806, 1809); Concerto per violino (1806); Triplo concerto per piano, violino e violoncello (1804); Fantasia per piano, coro e orchestra (1808). Musica da camera: Settimino per clarinetto, corno, fagotto, violino, viola, violoncello e contrabbasso (1800); 16 quartetti per archi (6, 1798-1800; 3, 1805-06; 2, 1809-10; 5, 1825-26); 5 trii per archi (1792-98); 10 sonate per violino e pianoforte (3, 1798; 6, 1800-03; 1, 1812); 5 sonate per violoncello e piano (2, 1796; 1, 1807; 2, 1815). Per pianoforte: 32 sonate (13, 1794-99; 13, 1800-10; 6, 1814-22); 33 variazioni su un valzer di Diabelli (1823); numerose variazioni, bagattelle e composizioni minori.

Bibliografia

L. Ronga, Bach, Mozart, Beethoven, Venezia, 1956; W. Hess, Beethoven, Zurigo, 1956; E. Anderson, The Letters of Beethoven, 3 voll., Londra, 1961; L. Magnani, I quaderni di conversazione di Beethoven, Milano e Napoli, 1962; W. Hess, Beethoven's Bühnenwerke, Gottinga, 1962; G. Carli Ballola, Beethoven, Milano, 1967; G. Pestelli (a cura di), Beethoven, Bologna, 1988.

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