Semiràmide
(assiro Shammu-ramat, greco Semíramis), mitica regina di Babilonia. Secondo la leggenda greca narrata da Diodoro Siculo era figlia della dea siriaca Derketò (Atargatis). Fu esposta appena nacque, ma fu nutrita da colombe, finché non fu trovata dai pastori. Il primo marito sarebbe stato Onnes, il secondo Nino, re d'Assiria; dopo la morte di quest'ultimo, Semiramide regnò per molti anni, acquistando fama in guerra e costruendo edifici a Babilonia (così la tradizione greca che risale a Ctesia in opposizione alla babilonese, espressa da Berosso, che attribuiva tali meriti a Nabucodonosor). In tutte le versioni leggendarie Semiramide è descritta come una donna lussuriosa e di costumi dissoluti, tanto da divenire proverbiale. Alla sua morte sarebbe stata trasformata in colomba, che fu considerata sacra. Dietro tale figura leggendaria sembra celarsi la principessa babilonese Šammurrāmat, moglie del re assiro Šamši-Adad V; Semiramide fu reggente dall'810 all'805 a. C. in nome del figlio Adad-nīrarī III. § La figura, tra storia e leggenda, della regina assira è arrivata, tramite gli storici greci, al teatro in prosa e in musica dell'era moderna, ispirando più autori. Tra i testi drammatici, il più importante è La hija del aire (1653; La figlia dell'aria) di Pedro Calderón de la Barca, ma ebbero rilievo anche Semiramide riconosciuta (1729) di P. Metastasio e Sémiramis (1748) di Voltaire. Da quest'ultima trae ispirazione la Semiramide di G. Rossini (1823) – preceduta nel tempo da melodrammi di N. Porpora (1724), A. Vivaldi (1732) e C. W. von Gluck (1748) –, melodramma tragico in due atti su libretto di G. Rossi. Rappresentata per la prima volta presso il teatro La Fenice di Venezia il 3 febbraio 1823, l'opera è l'ultimo lavoro teatrale scritto da Rossini in Italia e rappresenta il culmine della sua riforma dell'opera italiana. L'impostazione statica e solenne del melodramma di ascendenza metastasiana si sposa infatti a un robusto respiro sinfonico e a una complessa articolazione drammatica nel taglio musicale delle scene, nello stretto rapporto tra la voce (non più lasciata all'arbitrio delle fioriture e degli estemporanei abbellimenti dei cantanti) e l'orchestra. Tra i brani più celebri, oltre alla sinfonia, si ricordano nell'atto I l'aria di Arsace (Ah, quel giorno ognor rammento), l'aria di Semiramide con coro (Bel raggio lusinghier), il duetto tra Semiramide e Arsace (Serbami ognor sì fido), nell'atto II, l'aria di Arsace (In sì barbara sciagura), l'aria di Assur con coro (Deh ti ferma).