Mingus, Charles
contrabbassista, pianista, compositore e direttore d'orchestra jazz statunitense (Nogales, Arizona, 1922-Cuernavaca, Messico, 1979). Studiò violoncello e poi contrabbasso con maestri jazz (Red Callender) e classici (H. Reinschagen). Fin dagli esordi (1945) si distinse come virtuoso robusto e inventivo e compositore seguace di Duke Ellington (si firmava Baron Mingus). Mentre a New York fioriva il bebop, a Los Angeles egli immaginava ardite, esplosive partiture orchestrali; alcune furono anche incise su etichette minori. Subì poi il fascino del bebop e suonò con Charlie Parker: ma la sua musica non piaceva, e si impiegò alle poste. Tornato in scena, si dedicò (1952-55) a un jazz astratto e sperimentale, riunendo solisti bianchi e neri in gruppi detti Workshop. Nel 1955, chiusa la stagione degli esperimenti, Mingus trovò la propria strada in uno stile radicato in tutta la tradizione nera (bebop, blues, gospel, Ellington, jazz di New Orleans) ma organizzato secondo forme nuove, spesso complesse, e con sezioni di lunghezza indeterminata. La sua musica, aggressiva, convulsa, ma con repentini sbalzi d'umore e squarci di struggente lirismo, rispecchiava la contraddittoria personalità di Mingus, mulatto con antenati africani, svedesi, cinesi e pellerossa, uomo di acuta intelligenza e dal carattere inquieto. Le sue opere più forti (Pithecanthropus Erectus, Blues and Roots, Oh Yeah, Tijuana Moods, The Clown, Tonight at Noon) nacquero (1956-59) in sintonia col clima della Rivolta Nera, che Mingus appoggiò col feroce Fables of Faubus, caricatura di un governatore razzista. Altri capolavori furono Meditations on Integrations, il balletto The Black Saint and the Sinner Lady e l'album Mingus Plays Piano. Dopo una lunga crisi (1967-73) formò un nuovo quintetto, con cui ritrovò l'antico ardore (Changes). Dal 1976, ammalato, ridusse via via la sua attività; da ultimo compì un cauto accostamento al rock, incidendo con la cantante Joni Mitchell. Dopo la sua morte è stato scoperto Epitaph, un'immensa sinfonia jazz che ingloba pagine scritte dal 1947 fino agli ultimi anni. G. Schuller ne ha ricostruito e inciso la partitura, monumentale capolavoro di uno dei massimi compositori del sec. XX.