Majakovskij, Vladimir Vladimirovič

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poeta russo (Bagdadi, Georgia 1893-Mosca 1930). Figlio di un guardaboschi, ebbe un'infanzia difficile e aderì subito alle idee rivoluzionarie, tanto da essere iscritto al Partito bolscevico dall'età di 14 anni. Studiò alla scuola di pittura, scultura e architettura di Mosca, dove la famiglia si era trasferita e dove fu costretto a interrompere gli studi a causa dell'attività politica che gli procurò due arresti. Formatosi in Russia il movimento cubo-futurista, Majakovskij ne fu un immediato sostenitore a fianco di V. V. Chlebnikow, D. Burijuk e A. Kručënych e nel 1912 pubblicò, sull'esempio di Marinetti, il manifesto Schiaffo al gusto del pubblico. Del 1913 è la sua prima raccolta di liriche, Io, cui fece seguire due anni dopo il poemetto La nuvola in calzoni. Nel 1914 si fece notare per il dramma Vladimir Majakovskij, testimonianza prerivoluzionaria di un autore che col poemetto futurista Uomo (1917) e soprattutto col dramma Mistero buffo (1918) vide l'identificazione della Rivoluzione nella nuova struttura dei propri versi e della propria creazione teatrale. Il linguaggio dei comizi, dei giornali, della folla esasperata è il tessuto del Mistero che è “l'urto delle classi, la lotta delle idee”. I suoi poemi 150.000 (1921), Per questo (1922), Vladimir Ilič Lenin (1925) e Bene! (1927) divennero canti di propaganda proletaria; le sue opere teatrali La cimice (1929) e Il bagno (1930) sono un'acre e scoppiettante satira del mondo piccolo-borghese. Lavoratore instancabile, nel 1923 diresse la rivista Lef, dal 1926 collaborò alle Izvestija e alla Komsomol'skaja, dal 1930 fu l'anima dell'Associazione russa dei poeti proletari. Conscio di essere considerato il poeta del regime, si dedicò nell'ultimo anno della sua vita al poema A piena voce, rimasto incompiuto, l'opera sua più alta, canto epico di un'anima anticonformista e della sua frenesia di vita che lo aveva portato a operare ovunque la sua parola (in poesia, in teatro, in prosa, in giornalismo, in pubblicità) potesse far esplodere nell'animo del compagno di strada il desiderio di plasmare un mondo nuovo; quel mondo che forse, razionalizzandosi in un enorme apparato organizzativo, soffocò l'impulso rinnovatore della rivoluzione e tolse al “suo” poeta l'afflato di vita. Majakovskij si uccise lasciando scritto “Scusate, non è il modo, ma non ho via d'uscita”.

Bibliografia

A. M. Ripellino, Majakovskij e il teatro russo d'avanguardia, Torino, 1959; P. Raffa, Avanguardia e realismo, Milano, 1967; V. Šklovskij, Majakovskij, Milano, 1967; R. Platone, Vladimir Majakovskij, Firenze, 1985.

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