Ivănescu, Cezar

poeta romeno (Bîrlad 1941-Bucarest 2008). La sua poesia, per visione lirica e per espressione artistica, si snoda omogenea e coerente secondo temi e procedimenti individuabili fin dall'inizio: vita e amore in simbiosi con la morte, così da giungere a un'autentica meditazione sulla condizione umana; reminiscenze folcloriche filtrate attraverso una sensibilità raffinata; una grande abilità nell'utilizzare tutte le risorse della lingua, facendo ricorso (innanzi tutto sul piano grafico) anche ad autentici terribilismi d'avanguardia. Questo, malgrado Ivănescu dichiari di scrivere “all'ombra dei modelli assoluti” della poesia. L'impressione che se ne ricava è quella di una lirica caratterizzata ora da situazioni assurde e surreali (A Baad, 1979), ora da un delicato erotismo con inquietanti venature (Doina, 1983). Del resto, la sua omogeneità artistica si riflette nella ripetitività di alcuni titoli: Frutto (1968), Frutto III (1975), Frutto IV (1978). Incentrati sull'idea che la vita è “frutto” della morte, i cicli così intitolati rappresentano in sostanza quella che è la vera cifra della produzione di Ivănescu, come pure il segno della sua grande originalità nell'ambito della poesia romena.

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