Hong Kong
IndiceDescrizione generale
(Xianggang). Ex colonia britannica, formata dall'isola omonima (situata nel Mar Cinese Meridionale di fronte alle coste sudorientali della Cina), dalla penisola di Jiulong e dal territorio retrostante che con 236 isole per lo più disabitate (la maggiore delle quali è l'isola di Lantau) forma i cosiddetti New Territories. Hong Kong, che confina a N con la provincia del Guangdong (il confine è in gran parte formato dal fiume Shen Zhen), ha una superficie complessiva di 1104,5 km². La popolazione è di 7.451.000 ab. secondo una stima del 2018. La densità è assai elevata, con 6.887,60 ab./km². L'indice di sviluppo umano (ISU) è pari a 0,933 e pone Hong Kong al 7° posto della graduatoria mondiale. Dopo la riunificazione alla Cina, in base alla Legge fondamentale il governo della regione è presieduto da un direttore generale scelto dal governo centrale con mandato di 5 anni. Egli nomina il Consiglio esecutivo. Il potere legislativo è affidato a un'assemblea i cui membri sono per un 1/3 elettivi e per i 2/3 nominati dalle varie categorie professionali. Il fatto di non poter eleggere il capo dell'esecutivo con suffragio universale (ma in base a una scelta fatta a Pechino) nel 2014 ha alimentato le proteste, soprattutto di studenti, duramente represse dalle forze dell'ordine. Nuove proteste sono scoppiate tra il 2019 e il 2020 contro il disegno di legge sull’estradizione di latitanti verso paesi dove non vi sono accordi di estradizione. Lingue ufficiali sono il cantonese, il cinese e l'inglese, la religioni maggiormente professate sono il buddhismo, il taoismo e credenze tradizionali; unità monetaria è il dollaro di Hong Kong.
Hong Kong. Cartina geografica.
Hong Kong. Veduta di Victoria.
De Agostini Picture Library / A. Vergani
Hong Kong. Giunche-abitazione e grattacieli nella penisola di Kowloon.
De Agostini Picture Library / M. Bertinetti
Geografia umana
La popolazione per il 92,3% è di origine cinese. Esistono importanti minoranze sia di gruppi asiatici (filippini, indonesiani e indiani) sia di europei e nordamericani; ciò è in larga parte dovuto al fiorente settore commerciale e finanziario presente a Hong Kong. Capoluogo è Victoria, sull'isola di Hong Kong ; sede del centro direzionale e finanziario, dove l'esigenza di sfruttare al massimo il ristretto territorio disponibile ha spinto l'edilizia in altezza, con una fitta cortina di grattacieli che dominano e caratterizzano il paesaggio, avendo sostituito le antiche attrezzature portuali e industriali, decentrate per lo più nella penisola di Jiulong. All'estremità meridionale di quest'ultima sorge il centro omonimo, con funzioni residenziali e commerciali, collegato a Victoria, oltre che da servizi di traghetti, da un tunnel automobilistico sottomarino e da una metropolitana. Fra i centri industriali sviluppatisi più a nord (nei New Territories), si segnalano Quanwan e Yuen Long. Sulla costa meridionale dell'isola di Hong Kong, caratteristico è il centro peschereccio di Aberdeen, costituito da abitazioni galleggianti.
Economia: generalità
L'economia è essenzialmente industriale e terziaria, in quanto la scarsità d'acqua dolce, ma soprattutto di spazio, limita drasticamente il ruolo dell'agricoltura, causando una dipendenza alimentare pressoché totale, cui fanno fronte le importazioni, in gran parte dalla Cina. Fra le attività primarie, solo la pesca mantiene la propria tradizionale rilevanza. Del resto, già dal sec. XIX Hong Kong costituiva uno dei più grossi porti e centri mercantili dell'Estremo Oriente; la sua posizione strategica veniva esaltata, poi, dalla situazione geopolitica determinatasi alla metà del sec. XX, dopo la seconda guerra mondiale, quando la colonia britannica diveniva lo sbocco commerciale “occulto” dell'immenso Stato comunista cinese, formalmente chiuso ai rapporti con i Paesi occidentali. Alle funzioni portuali si affiancavano quelle finanziarie, che davano luogo a un sistema autonomo, destinato a divenire uno dei maggiori nel mondo intero. Dagli anni Settanta, poi, Hong Kong entrava nel primo gruppo dei NIC (Newly Industrializing Countries), dove il Giappone e altri Paesi a economia matura decentravano segmenti produttivi a tecnologia medio-bassa, usufruendo dei vantaggi offerti dal minore costo del lavoro e, nel caso specifico, della immediata prossimità al grande mercato cinese. L'apparato industriale si andava progressivamente diversificando ed evolvendo, con l'ingresso di comparti più avanzati – quali il chimico, l'elettronico e l'ottico – accanto al tessile, all'elettromeccanico (fabbricazione di apparecchi radiofonici, televisivi e telefonici) e al metalmeccanico, essenzialmente legato, quest'ultimo, alle attività marittime (cantieri navali, specializzati anche nella demolizione). Si affermavano, inoltre, attività finalizzate all'informazione e alla cultura, come l'editoria e la cinematografia, che diffondevano largamente i loro prodotti nell'intero areale del Sud-Est asiatico. Per sostenere la formidabile crescita della popolazione, si espandevano le attività edilizie: l'eccessivo rigonfiamento dei valori immobiliari, tuttavia, avrebbe rappresentato, sul finire degli anni Novanta, uno dei fattori principali della crisi finanziaria, coinvolgendo una struttura bancaria per altri versi molto solida e oculata nei propri investimenti. L'approssimarsi della riannessione alla Cina sembrava creare motivi di incertezza, che si traducevano nei primi flussi emigratori, a fronte dei quali, tuttavia, non cessava l'immigrazione sia di manodopera, sia di imprenditorialità, attratta dalle favorevoli opportunità localizzative e finanziarie. Il prodotto interno lordo cresceva così, in media, del 6,5% all'anno nel periodo 1985-95. Gli indicatori di sviluppo sociale, calcolati in base al livello dei servizi (sanità, istruzione), ponevano Hong Kong a un alto livello nella graduatoria mondiale (preceduta, in Asia, soltanto dal Giappone), pur non potendosi sottovalutare, rispetto alla qualità della vita, i problemi ambientali generati dal sovraffollamento residenziale e dalla marcata concentrazione industriale e dei trasporti navali (terminali petroliferi, alcuni dei quali, proprio per questo motivo, delocalizzati).
Economia: problemi e prospettive dopo il passaggio alla Cina
Il passaggio di regime politico avveniva, comunque, in maniera “morbida” e la crisi che sopravveniva pochi mesi dopo, nell'estate del 1997, si doveva ricollegare all'esplosione delle “bolle speculative” nel settore immobiliare, i cui valori crollavano del 40%, e ai riflessi di analoghi eventi in Giappone, nonché della crisi monetaria di molti Paesi dell'area, a cominciare dalla Thailandia e dall'Indonesia. Pur se le sofferenze bancarie erano complessivamente limitate, fatti salvi casi particolari di eccessiva esposizione in quei Paesi, la borsa di Hong Kong subiva ripetuti tracolli e il sistema produttivo veniva inevitabilmente coinvolto nella crisi, che assumeva portata mondiale: pesanti erano i riflessi sull'andamento del PIL, sui consumi interni e sul turismo, altro settore fondamentale dell'economia di Hong Kong, che perdeva un quarto delle entrate. Le prospettive di Hong Kong rimangono positive: ricompresa nello Stato cinese con uno statuto speciale che ne garantisce il mantenimento di un sistema economico autonomo, dai solidi fondamentali, la regione potrebbe, innanzi tutto, vedere risolti i problemi generati dalla piccola dimensione territoriale, soprattutto rispetto alla localizzazione industriale; sotto questo profilo, è indubbiamente preoccupante la concorrenza esercitata dalle “zone economiche speciali” create, a poca distanza, nella fascia costiera meridionale della Cina e divenute sempre più competitive in seguito all'apertura internazionale del “socialismo di mercato”; è altrettanto indubbio, viceversa, che la Cina abbia necessità di avvalersi delle esperienze e delle professionalità maturate a Hong Kong per incanalare e gestire gli investimenti, sia esteri che interni, fondamentali per sostenere il proprio decollo economico. Frattanto, il processo di infrastrutturazione del territorio non si è arrestato: sono entrati in funzione il terzo tunnel di collegamento fra Hong Kong e la terraferma e il nuovo aeroporto di Chep Lap Kok, costruito su un'isola artificiale, con una capacità fino a 37 milioni di passeggeri e 3 milioni di t di merci (1998). Nel 1998 il PNL è stato di 158.238 milioni di dollari USA, mentre il PNL pro capite di 23.660 dollari USA.
Storia
Abitata da pochi pescatori, l'isola di Hong Kong divenne colonia inglese nel 1842, in seguito alla guerra dell'oppio; sul finire del sec. XIX costituiva uno dei più grossi porti e centri commerciali dell'Estremo Oriente oltreché un caposaldo della potenza imperialistica inglese. La penisola di Jiulong con le isole adiacenti fu ceduta agli Inglesi nel 1863 e i New Territories furono concessi in affitto nel 1898 per 99 anni. Base navale britannica, fu occupata dai Giapponesi nel dicembre 1941 e riconquistata dagli Inglesi nel settembre 1945. In base all'accordo sottoscritto a Pechino il 19 dicembre 1984, il 1º luglio 1997 Hong Kong tornò a far parte integrante della Repubblica Popolare della Cina. Nonostante i dubbi e le perplessità espresse da più parti, una serie di avvenimenti internazionali ha favorito il ricongiungimento: da un lato le trasformazioni innescate dal riformismo gorbačëviano e dal successivo crollo dell'URSS, dall'altro il processo di modernizzazione economica intrapresa dalla Cina, mirante tra l'altro a creare una sempre più vasta zona di libero mercato; da questo punto di vista, infatti, il “rientro” di Hong Kong rappresentava un potente fattore di accelerazione. La consapevolezza di quanto fosse delicato lo storico mutamento di condizione era ben presente tra gli abitanti di Hong Kong, timorosi di dover essere sottoposti a una sorta di riesame educativo e comunque di venire privati di quelle forme di rappresentanza politica che pur nella condizione di colonia avevano garantito la vita democratica del territorio. L'abitudine a una libertà senza confini sul piano economico, ma anche su quello politico, doveva confrontarsi con la diversa realtà della Repubblica Popolare della Cina, dove gli spazi di espressione erano infinitamente più angusti. Nello scorcio del secondo millennio, dunque, il ricongiungimento di Hong Kong alla madrepatria rappresenta anche il sapore di una emblematica sfida sulla capacità della Cina di “normalizzare” Hong Kong, ma anche sulle possibilità di quest'ultima di “contaminare” l'ultima grande realtà del comunismo mondiale. Il Comitato permanente dellʼAssemblea Nazionale nel 2014 ha voluto disattendere le richieste e le speranze degli abitanti di Hong Kong di poter scegliere il rappresentante del potere esecutivo a partire dal 2017, approvando una legge che consente a Pechino di controllare e gestire le persone “candidabili”. Questa decisione ha generato una protesta, avviata dai leader del movimento Occupy central with love and peace, alla quale hanno partecipato migliaia di persone, che denunciavano come tale legge contravvenisse gli accordi stipulati da Cina e Gran Bretagna nel 1997. La protesta, che nelle intenzioni dei suoi organizzatori avrebbe dovuto durare solo un paio di giorni, si è protratta per 79 giorni, durante i quali i manifestanti hanno occupato buona parte del centro di Hong Kong, provocando la reazione anche violenta delle forze dell'ordine. Per difendersi dai lacrimogeni e dagli spray al peperoncino utilizzati dalla polizia, i manifestanti hanno usato ombrelli gialli, divenuti il simbolo della protesta. Alle elezioni del 2016, nonostante la vittoria delle forze filocinesi, gli attivisti per l’autodeterminazione e il suffragio universale hanno conquistato alcuni seggi. Nel 2017 il governo di Pechino ha nominato capo esecutivo di Hong Kong Carrie Lam (in cinese Lam-Cheng Yuet-ngor), prima donna a ricoprire tale carica. A partire dal marzo 2019 sono esplose nuove proteste in opposizione a un progetto di legge che consentirebbe l’estradizione in Cina per i colpevoli di alcuni reati, in violazione del sistema “un paese, due sistemi” che regola i rapporti, anche giuridici, tra Hong Kong e la Cina continentale. La proposta di emendamento della legge proposta da Carrie Lam non ha calmato gli animi e le manifestazioni sono proseguite anche nei mesi successivi, provocando di nuovo l’intervento repressivo delle forze dell’ordine. Alle elezioni del novembre 2019 il fronte favorevole ai manifestanti ha conquistato circa il 90% dei seggi, mente le posizioni vicine all’establishment cinese hanno subito un netto arretramento.
Cinema
Dopo alcuni precedenti nel 1913 e nel 1923, negli anni Trenta, all'avvento del sonoro, si sviluppò nella colonia britannica una produzione regolare e quantitativamente cospicua (150 film nel 1937), che conobbe un primo momento di fioritura anche artistica all'arrivo dei cineasti in esilio da Shanghai. Il maggior regista cinese del tempo, Tsai Chu-sheng, vi diresse infatti Il paradiso del diavolo (1939), che esaltava la resistenza del suo popolo, così come altri film di rifugiati recarono, nonostante la censura, una forte impronta patriottica e un valido contributo di denuncia storica e sociale. Finita la guerra e instaurata in Cina la Repubblica Popolare, calarono nel dominion affaristi e produttori emigrati con la disfatta nazionalista e l'industria del cinema ebbe tale sviluppo che negli anni Cinquanta la sola Hong Kong produceva annualmente un numero di pellicole (in mandarino, in cantonese, in fukienese e in altri dialetti) superiore fino a quattro volte a quello dell'intera Cina Popolare, toccando il tetto di 311 titoli nel 1957 e collocandosi al quarto posto della produzione mondiale. I fratelli Shao (Shaw Brothers) inondarono il Sud-Est asiatico di prodotti commerciali in dodici lingue diverse. I grandi mezzi di tale organizzazione (nata nel 1939 a Singapore ed estesa anche a Taiwan, Formosa) le consentirono, sia pure sporadicamente, di curare anche la spettacolarità di certi film di prestigio e di presentarli ai festival asiatici e anche europei. Così a Cannes, nel 1960, suscitò qualche esotica curiosità L'ombra incantatrice (1959) di Li Han-hsiang, regista che l'anno prima aveva vinto a Kuala Lumpur in Malaysia, con il film in Eastmancolor (sistema giapponese) Il reame e la beltà, il primo e altri dieci premi (in una rassegna d'altronde presieduta dallo stesso Run Run Shaw). Egualmente ambientato nella Cina fine-secolo, il primo film di Hong Kong visto in Occidente, I dolori della Città proibita di Chu Shih-lin, aveva autorizzato nel 1948 a Locarno ben altra impressione. In effetti negli anni Cinquanta si venne affermando, quale isola tra cosmopolitismo e speculazione, una tendenza più responsabile e sensibile, affidata a piccole società indipendenti e a cineasti di valore, i più anziani dei quali (Chen Pu-kao ribattezzato P. K. Cheng, Li Pin-chan ovvero “Jack” P. T. Li, il già citato Chu Shih-lin divenuto Chusheck Lane) erano reduci dal clima culturale e dalle battaglie politiche della vecchia Shanghai. Va qui sottolineato in particolare l'apporto di Yuen Yang-an che fu alla testa, come organizzatore e come regista (La vera storia di Ah Q, 1958), della più coerente e combattiva tra le società indipendenti: la Grande Muraglia. Ma negli anni Sessanta né la Grande Muraglia né altre compagnie democratiche, sottoposte inoltre ai contraccolpi della “rivoluzione culturale” in Cina, poterono più far barriera al predominio di Run Run Shaw, che edificò una propria Cinecittà e inviò ancora a Cannes film come La concubina magnifica, La regina diabolica, ecc. Con una tecnica congiuntamente appresa da Hollywood e da Tōkyō vennero prodotte pellicole di avventura e di violenza che, imitate e moltiplicate da altri concorrenti con la serie sul kung fu, o “arte marziale” cinese, all'inizio del decennio successivo riuscirono a imporsi anche sui mercati europei, Italia non esclusa. Negli anni Ottanta, parallelamente al fallimento degli studi Shaw, chiusi nel 1986, si è fatta avanti una nuova generazione di cineasti provenienti dalla televisione o formatisi in Occidente. Ricordiamo la cinese Ann Hui, autrice di The Romance of Book and Sword-Princess Fragrance (1987) e di drammi di straordinaria intensità emotiva come Son of the Exile (1989); il vietnamita Tsui Hark, sceneggiatore, regista e produttore di grandissimo talento. Tra i film da lui diretti vanno ricordati We Are Going to Eat (1980), la commedia musicale Shanghai Blues (1984) e Once upon a Time in China (1991). La cinematografia degli anni Novanta viene caratterizzata da un collage di disillusioni e cinismo, spesso condito da autoironia e umorismo. Si ricordano i registi Wai Kai-fai, Fruit Chan, Stanley Kwan, Stephen Chow e Wong Kar-Wai (Giorni selvaggi, 1991; Hong Kong Express, 1994; Angeli perduti, 1995; Happy Together, 1997), che è stato una rivelazione in Europa per i suoi film, che descrivono scene di quotidiana violenza metropolitana con un forte senso del vuoto. Tra i film di successo a livello internazionale degli ultimi anni si ricordano In the mood of love (2000) di Wong Karwai, Shaolin soccer (2001) e Kung Fu Hustle (2004) di S. Chow, Infernal Affairs (2002-2003) di A. Lau.
Honk Kong organizza la rassegna annuale Hong Kong Film Awards, assai prestigioso in tutta la Cina.
Bibliografia
G. B. Endacott, A History of Hong Kong, Oxford, 1958; E. F. Szcepanik, The Economic Growth of Hong Kong, Oxford, 1958; T. R. Tregear, Land Use in Hong Kong, Hong Kong, 1958; K. Hopkins, Hong Kong: The industrial Colony, Oxford, 1971; G. B. Endacott, A History of Hong Kong, Oxford, 1973; H. Chill (a cura di), The Future of Hong Kong: Toward 1997 and Beyond, Westport, 1987; R. Wacks, Civil Liberties in Hong Kong, Oxford, 1988; F. S. Armentrout, K. Addison, Hong Kong, Milano, 1990; V. Faccioli Pintozzi, Occupy Hong Kong. Storia della rivoluzione degli ombrelli, Succedeoggi, 2014.