Giordani, Piètro
letterato italiano (Piacenza 1774-Parma 1848). Monaco benedettino, uscì dall'ordine nel 1800 prima della professione dei voti. A Bologna fu prosegretario dell'Accademia di Belle Arti (fino alla restaurazione del governo pontificio); a Milano nel 1816, fu con V. Monti tra i fondatori della Biblioteca Italiana (ne scrisse il proemio) e partecipò alla polemica tra classicisti e romantici schierandosi dalla parte dei primi. Visse poi a Piacenza (ne venne espulso nel 1824 per ragioni politiche) e a Firenze dove si legò d'amicizia coi frequentatori del gabinetto Vieusseux (Capponi, Colletta, Niccolini, Manzoni). Esiliato anche dalla Toscana, si stabilì definitivamente a Parma, dove tuttavia nel 1834 fu di nuovo incarcerato per motivi politici. Delle sue numerose opere si ricordano le traduzioni dal greco e dal latino, le epigrafi, gli scritti di carattere pedagogico (Istruzione a un giovane italiano per l'arte dello scrivere, 1821), gli elogi e i panegirici (di Napoleone, di Canova, di Monti, ecc.) e le lettere, che esemplarmente manifestano il suo ideale di “prosa illustre”, cioè d'una lingua classicamente perfetta, modellata sulla prosa trecentesca e cinquecentesca, e di uno stile che avesse l'apparente semplicità degli scrittori greci. Saggista armonioso, eloquente, di sobria eleganza formale, rappresentò un modello letterario per gli scrittori contemporanei: il giovane Leopardi vide in lui un maestro, come dimostra l'affettuoso e proficuo scambio di lettere tra i due. Giordani fu il primo a riconoscere la grandezza del poeta recanatese.