Firenzuòla, Àgnolo
scrittore italiano (Firenze 1493-Prato 1543). Dopo aver condotto vita libera e scioperata (a Perugia ebbe in Pietro Aretino un compagno di dissolutezze), addottoratosi in legge (1516), esercitò l'avvocatura presso la curia e poi si fece monaco vallombrosano. Nel 1526 ottenne da Clemente VII di essere sciolto dai voti, pur mantenendo benefici e prebende. Per una decina d'anni, afflitto da un'umiliante malattia, rimase isolato e costretto a una totale inattività. Si hanno di nuovo notizie di lui nel 1538 quando lo si sa abate di S. Salvatore a Vaiano presso Prato. In questa città fondò l'Accademia dell'Addiaccio e promosse rappresentazioni teatrali, scrivendo anche due opere: i Lucidi e la Trinunzia, che rientrano nei moduli classici della commedia del tempo. Stilista raffinato, oltre a vari componimenti di poesia burlesca, al trattatello Discacciamento delle nuove lettere inutilmente aggiunte alla lingua toscana (1524), scritto in polemica con Trissino che pretendeva di ellenizzare il volgare, fece una libera riduzione, in uno stile forbito e melodioso, delle Metamorfosi di Apuleio; scrisse i Ragionamenti d'amore (1523-24), operetta licenziosa sul modello del Decameron e degli Asolani del Bembo e i due dialoghi Della bellezza delle donne e Della perfetta bellezza d'una donna (1541). Ma la sua opera più importante è La prima veste dei discorsi degli animali (1541), libero rifacimento del Pañcatantra indiano (attraverso elaborazioni latine e spagnole), raccolta di dialoghi e di favole che sotto il camuffamento zoologico raffigurano e satireggiano la vita di corte del tempo e in cui si scopre la vocazione più autentica di Firenzuola, che era quella di tradurre in forma preziosa l'invenzione altrui.