Carpàccio, Vittóre

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Biografia

Pittore italiano (Venezia ca. 1465-1525 o 1526). Carpaccio si formò nell'ambiente umanistico della Venezia della seconda metà del Quattrocento guardando con attenzione agli esiti di Gentile e Giovanni Bellini, di Antonello da Messina, dei fiamminghi, dei ferraresi e forse anche dell'ambiente culturale di Urbino. Da ciò giunse a una sintesi personalissima, come è dato di riscontrare nelle sue prime opere datate, quali il ciclo delle Storie di S. Orsola, eseguito per l'omonima scuola tra il 1490 e la fine del Quattrocento (Gallerie dell'Accademia di Venezia) . In queste storie le scenografie immobili di Gentile Bellini o le forme geometriche di Alvise Vivarini così come il modulo compositivo centralizzato di Giovanni Bellini vengono ampiamente superati e ogni immagine, scoperta con una lenta esplorazione del grandioso spettacolo, risulta con una sua perentoria evidenza, e ciò anche per l'uso funzionale della luce. Dal 1501 al 1507 è documentato attivo a Palazzo Ducale dove esegue alcuni teleri per la Sala dei Pregadi e la Sala del Maggior Consiglio (perduti poi nell'incendio del 1577). In questo periodo (1502-07) esegue per la confraternita dalmata della Scuola di S. Giorgio degli Schiavoni una serie di tele (Storie di S. Giorgio, Storie di S. Gerolamo, S. Trifone che ammansa il basilisco, Vocazione di S. Matteo, La preghiera nell'orto). Rispetto al Giorgione e al Tiziano, volti verso lo sviluppo della pittura tonale, Carpaccio rimase invece legato a una visione umanistica convinta che il mondo fosse razionalmente scopribile attraverso gli strumenti della prospettiva, dell'uso degli spazi e del sapiente incastro cromatico, una pittura tuttavia animata da un senso di racconto. Così nel Ritratto di Cavaliere (1510, Collezione Thyssen, Lugano) l'immagine è resa stupenda dall'incisiva definizione grafica; nel Cristo morto (Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie) il corpo si allunga sulla lucente lastra marmorea restituita da un'atmosfera allucinante. Tuttavia nella nuova tensione culturale e spirituale che in quegli anni si andava sviluppando a Venezia Carpaccio rimane un isolato e questo, oltre che rendere stanchi i suoi lavori, sostanzialmente denuncia talvolta un'involuzione accademizzante, come nel ciclo delle Storie della Vergine, eseguito per la confraternita degli Albanesi (ora distribuito fra l'Accademia Carrara di Bergamo, quella di Brera, la Ca' d'Oro e il Museo Correr di Venezia) e in parte di quello delle Storie di S. Stefano (pure diviso tra vari musei: Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie; Parigi, Louvre; Milano, Pinacoteca di Brera; Stoccarda, Staatsgalerie).

Le ultime opere

L'ultimo decennio di vita di Carpaccio è segnato dalla sua continua emarginazione e le sue ultime composizioni (pala del duomo di Capodistria, 1516; Ingresso del podestà Contarini a Capodistria, 1517, Capodistria, Museo Comunale; portelle d'organo, 1523, nel duomo di Capodistria), rivelano il lento spegnersi della fantasia creativa e concludono il felice arco della pittura veneziana del Quattrocento. Al catalogo delle sue opere che non hanno sicura datazione appartengono capolavori quali le Due dame veneziane (Venezia, Museo Correr), alcuni bellissimi ritratti di dame, la Madonna leggente (Washington, National Gallery), la Meditazione sulla Passione di Cristo (New York, Metropolitan Museum), oltre alla splendida serie di disegni, studi preparatori di molte famose pitture. Carpaccio ebbe due figli pittori: Benedetto (Venezia ca. 1500-ca. 1560) e Pietro (della cui attività nulla si conosce). Benedetto, che collaborò col padre nelle pitture per le chiese dell'Istria, ne ripeté in modo debole e accademizzante i motivi iconografici e i moduli stilistici. "Per approfondire Vedi Gedea Arte vol. 5 pp 286-289" "Per approfondire Vedi Gedea Arte vol. 5 pp 286-289"

J. Lauts, Carpaccio Paintings and Drawings Complete Edition, Londra, 1962; T. Pignatti, Carpaccio, Milano, 1964; P. Zampetti, Vittore Carpaccio, Venezia, 1966; M. Muraro, Carpaccio, Firenze, 1966; G. Perocco, L'opera completa del Carpaccio, Milano, 1967; L. Zorzi, Carpaccio e la rappresentazione di Sant'Orsola, Torino, 1988.

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