Capéce
(originariamente Cacapice). Antica famiglia di Sorrento, stabilitasi a Napoli all'epoca di re Manfredi. Devota agli Svevi e per ciò perseguitata dagli Angioini, riacquistò in seguito influenza e autorità grazie anche alla sua unione a varie casate (Bozzuto, Galeota, Latro, Minutolo, Piscitelli, Zurlo, ecc.) con le quali formò un nuovo organismo familiare unito da innumerevoli interessi e legami e dall'unico nome Capece assunto da tutte. Tra i suoi membri più famosi: Corrado (m. 1270), signore d'Atripalda, combatté a Benevento (1266) e sollevò la Sicilia contro gli Angioini, ma fu fatto prigioniero e ucciso da Guglielmo l'Estendart. Antonio (m. 1545), studioso e insegnante di diritto civile e feudale, fu consigliere di Ferdinando il Cattolico e di Carlo V. Lasciò una raccolta di Decisiones giuridiche. Scipione (m. 1551), umanista e giureconsulto, fu l'ultimo presidente dell'Accademia Pontaniana. Venne bandito da Napoli per aver aderito alle dottrine di J. de Valdés e B. Ochino. È autore del poema De principiis rerum (1546), composto sul modello del De rerum natura di Lucrezio, del quale però Capece critica la dottrina atomistica.