Bloom, Harold
critico letterario statunitense (New York 1930). Considerato il più provocatorio e il più originale dei critici letterari americani, Bloom impiega strumenti critici diversificati che non prevedono l'applicazione al testo di un metodo specifico. Ribelle fin dagli esordi della carriera, a lui si deve con The Visionary Company (1971; La compagnia dei visionari) l'appassionata rivalutazione della tradizione romantica inglese. Altre opere sono: The Anxiety of Influence (1971; L'angoscia dell'influenza), A Map of Misreading (1975; Una mappa delle false interpretazioni), Kabbalah and Criticism (1975; La cabala e la tradizione critica) e I vasi infranti (trad. it. 1992). Nel 1993 con Book of J (1993; Il libro di J) non ha esitato a mettere in discussione il lavoro di bibliologi e critici della Bibbia sostenendo la provocatoria tesi che il libro sacro sia stato opera di una donna. Al pari dell'Amleto di Shakespeare, Dio sarebbe un “personaggio letterario” nato dalla fantasia di una raffinata scrittrice vissuta durante il regno di re Salomone; e la stessa Bibbia, la parola antica su cui si è fondata la civiltà occidentale, sarebbe un'opera altrettanto “letteraria” come quella di Dante, Wordsworth, Melville e Kafka. Ugualmente provocatorio è The Western Canon (1994; Il canone occidentale): attraverso la scelta e l'analisi di 26 autori, Bloom ripropone una gerarchia di autorevolezza dei libri della tradizione letteraria occidentale. In Come si legge un libro (e perché) (trad. it. 2000) l'autore, commentando brani di Maupassant, Proust, Hemingway, ecc., ci spiega quali esperienze formative cercare nella lettura. Nel 2002 ha pubblicato Genius (Il genio), incentrato su quelli che a suo parere sono i maggiori scrittori della storia della letteratura, esclusi i contemporanei.