Bàrbaro, Ermolào
studioso italiano (Venezia 1453 o 1454-Roma 1493). Dopo i primi studi, seguì a Roma le lezioni di latino di Pomponio Leto e quelle di greco di Gaza. Attese agli studi superiori a Padova, dove poi (1475-76) insegnò filosofia interpretando i libri morali di Aristotele. Pochi anni dopo aprì a Venezia una scuola privata, continuandovi le esercitazioni aristoteliche. Alternò il suo famoso magistero con la vita pubblica: svolse missioni diplomatiche presso Federico III, Ludovico Sforza e Innocenzo VIII. Nel 1491, creato dal papa patriarca di Aquileia, fu bandito dalla città dal governo veneziano. Morì di peste. Tradusse dal greco in latino e divulgò Dioscoride, le Paraphrases aristoteliche di Temistio e le opere retoriche e dialettiche di Aristotele. La sua opera di maggior impegno filologico restano le Castigationes Plinianae (1492-93), dove egli fissa ed emenda l'opera di Plinio. In stile elegante e freddo sono redatti l'Epistolario, i Carmi, le Orazioni, il De coelibatu e il De officio legati. Barbaro condusse, tramite la sua filologia, una battaglia filosofica rinnovatrice, polemizzando contro la scuola averroistica padovana che sosteneva la dottrina dell'unità e immortalità dell'intelletto universale, contro Marsilio Ficino e Giovanni Pico della Mirandola, mostrando quanto l'interpretazione averroistica divergesse da Aristotele.