Arlecchino
maschera della Commedia dell'Arte. Le origini del nome sono incerte e su di esse sono state formulate ipotesi disparate. Tra i possibili punti di riferimento vi sono gli Herlequins o Hellequins, diavoli-buffoni del teatro medievale francese; ma si è ricordato fra l'altro anche il diavolo dantesco Alichino. L'introduzione in Italia del personaggio pare sia dovuta ad Alberto Naselli, noto come Zan Ganassa, il quale lavorando in Francia e in Spagna in qualità di Zanni (tipo di servo ridicolo) vi raccolse la tradizione del diavolo-buffone e la fuse con la tradizione italiana dell'uomo selvatico, mescolante insieme “paganità e natura” (M. Apollonio). Il personaggio di Arlecchino è quello del servo sciocco e linguacciuto, che “porta al mondo rumoroso e carnascialesco nel quale viene inserito la semplicità e la rozzezza della campagna, la furberia animalesca del proprio cervello contadino, ma di quella campagna anche il mistero e la naturalezza” (Vito Pandolfi). La sua balordaggine si accompagna tuttavia con un'arguzia che si alimenta delle colorite risorse della parlata veneta, non priva di influenze del contado bergamasco, con una ricchezza di giochi mimici e acrobatici e con movenze quasi da balletto; caratterizzano esteriormente la sua figura l'abito a toppe multicolori, la maschera di cuoio dall'espressione ghignante e la spatola. Tutti questi elementi hanno concorso a fare di Arlecchino la più popolare e durevole delle maschere, ispiratrice, dopo la grande fioritura della Commedia dell'Arte, di scrittori come Goldoni (Arlecchino servitore di due padroni, ecc.) e Marivaux. La tradizione interpretativa del personaggio di Arlecchino si illustra, lungo i sec. XVII e XVIII, dei nomi di Tristano Martinelli e Domenico Biancolelli, Angelo Costantini ed Evaristo Gherardi, Carlo Bertinazzi e Antonio Sacco. Se il contatto con la civiltà francese spinse il Biancolelli a rendere più aggraziata la stilizzazione del personaggio, il Gherardi mirò invece a fare di Arlecchino il portavoce delle preoccupazioni sociali che si andavano diffondendo. La tradizione arlecchinesca è stata prolungata fino al sec. XX da attori come l'esemplare Marcello Moretti, che fu attivo al Piccolo Teatro di Milano (del suo Arlecchino rimane testimonianza filmata). Ispiratore anche di poeti e musicisti (F. Busoni), Arlecchino, quale maschera per eccellenza, ha stimolato la fantasia di grandi pittori, da Watteau a Picasso e Severini. Alla “famiglia” di Arlecchino appartengono numerose maschere minori (Truffaldino, Traccagnino, ecc.).
Arlecchino. La maschera in un dipinto di G. Grevenbroch (Venezia, Museo Civico Correr).
De Agostini Picture Library/A. Dagli Orti