Generalità

(arabo al-Mu'aḥḥidūn, Unitari). Appartenenti a un movimento religioso musulmano da cui ebbe origine una dinastia. Fondamento dogmatico era l'unicità di Dio in senso tanto stretto da non riconoscere nemmeno gli attributi divini. La formula dogmatica giungeva alla sintesi nell'asserto: “Dio è Unità” respingendo nettamente ogni sottigliezza teologica, presentandosi come la verità pura, originaria dell'Islam, una verità di facile accesso per tutte le masse dei fedeli musulmani. Il richiamo all'originaria purezza dogmatica portava di conseguenza a un ritorno al diritto e al costume morale delle origini sfrondandoli da tutte le cristallizzazioni che vi si erano accumulate nel tempo.

Storia

Profeta e ispiratore del movimento almohade fu il berbero Ibn Tumārt (m. ca. 1130), che nel suo insegnamento operò una sintesi del pensiero di al-Ghazzālī con quello di Ibn Ḥazm, per opporsi all'antropomorfismo dei “dotti” e scuotere le masse berbere al punto di potersi proclamare mahdī. La lotta religiosa si tramutò allora, soprattutto con ʽAbd al-Mu'min ibn ʽAlī, il successore di Ibn-Tumārt, in movimento essenzialmente politico-militare e di opposizione agli Almoravidi. Contro questi ultimi gli Almohadi lottarono a lungo fino a sconfiggere il loro califfo Ishāq (1145) e conquistare, nel 1147, Marrakech, la capitale. Da questo momento si inizia a parlare di una dinastia almohade; in quell'occasione infatti ʽAbd al-Mu'min assunse il titolo di principe dei credenti spettante ai soli califfi. Gli Almohadi dominarono per ca. un secolo (1147-1269) l'Africa settentrionale dove il loro controllo si estendeva, alla morte del fondatore della dinastia, dall'Atlantico alla Grande Sirte e si spinsero, sostituendosi agli Almoravidi, fino in Spagna, dove i primi califfi riuscirono a contenere gli attacchi dei principi cristiani: famosa la vittoria di Alarcos (1195) in cui Abū Yūsuf Yaʽqūb ibn Yūsuf al-Manṣūr sbaragliò le truppe di Alfonso VIII. La dura sconfitta subita a Las Navas de Tolosa (16 luglio 1212) dal quarto califfo, an-Nāʽsīr, segnò però l'inizio della decadenza della dinastia. I ripetuti attacchi di elementi rimasti fedeli agli Almoravidi, l'anarchia interna, l'avanzare della Riconquista, l'indebolirsi dell'autorità califfale (tra il 1198 e il 1269 si succedettero dieci califfi) accelerarono il processo di decadenza che si concluse nel 1269, quando, nonostante l'aiuto ottenuto da altre dinastie locali, quali gli Abdalwaditi, Marrakech, la capitale degli Almohadi, fu conquistata dai Merinidi.

Arte

Lo stile dell'architettura degli Almohadi è molto sobrio e nel percorso dell'arte islamica segnò un momento di ulteriore abbandono delle forme ispaniche, per assumere espressioni puramente moresche. La moschea di Tinmāl (1153) e quella della Kutubiyya a Marrakech (1140) presentano una planimetria a numerose navate tagliate da una navata trasversale, con più cupole di copertura, che derivano chiaramente dal vicino Oriente islamico. Caratteristici dell'arte degli Almohadi sono i minareti a forma di torre merlata, a base quadrata e sormontati da un lanternino (torre della Giralda a Siviglia). Fra gli esempi che ancora rimangono dell'architettura militare, costituita da recinti murari con torri poligonali esterne, ricordiamo la cinta di Siviglia con la Torre de Oro e le monumentali porte di Marrakech e di Rabat a ferro di cavallo. La decorazione dei monumenti è di “stile moresco”, in stucco e pietra, a motivi esclusivamente geometrici.

Bibliografia

Per la storia

R. Millet, Les Almohades, Parigi, 1923; E. Lévi-Provencal, Documents inédits d'histoire almohade, Parigi, 1928; H. Terrasse, Histoire du Maroc des origines à l'établissement du protectorat français, 2 voll., Casablanca, 1949-50; Ch. A. Julien, R. Le Tourneau, Histoire de l'Afrique du Nord, 2 voll., Parigi, 1961.

Per l'arte

H. Basset, H. Terrasse, Sanctuaires et forteresses almohades, Parigi, 1932; L. Torres Balbas, Ars Hispaniae IV: Arte Almohade, Arte Nazarì, Arte Mudejar, Madrid, 1949; G. Marçais, L'architecture musulmane d'Occident, Parigi, 1954.

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