Achèa, Léga-
lega che comprendeva originariamente le dodici città-cantone dell'Acaia, fondata sulla coesistenza della cittadinanza federale con quella delle singole città (sympoliteia). A capo di essa furono, fino al 255 a. C., due strateghi, poi uno solo, eletto annualmente (l'iterazione consecutiva della carica era proibita). Accanto allo stratega c'erano le magistrature minori: i demiurghi, gli ipparchi, gli ipostrateghi, i tamiai, i grammateis. Organi legislativi erano la synodos, con sede a Egio e corrispondente, a quanto sembra, alla bulè, e la synkletos. Di quest'ultima assemblea, forse straordinaria, si discuteva il carattere rappresentativo (votavano i delegati delle città) o primario (votavano tutti gli Achei di età superiore ai trent'anni). I legami federali esistenti, secondo Polibio (Storie, II, 38) che è la nostra fonte principale per la Lega Achea, già al tempo della colonizzazione achea in Magna Grecia sono testimoniati con certezza nel sec. V a. C. (Erodoto, I, 145) e dovettero mantenersi per quasi tutto il sec. IV. Sciolta negli anni dopo Cheronea dai Macedoni, la lega fu restaurata nel 280 in funzione antimacedone dalle quattro città di Patre, Dime, Fare, Tritea; in seguito la cittadinanza venne estesa a tutti gli antichi cantoni, tranne Oleno ed Elice distrutte da un terremoto, e fu concessa con parità di diritti anche a città fuori della regione acaica. Nel momento della sua maggiore potenza sotto la guida di Arato di Sicione furono strappate al controllo diretto o indiretto della Macedonia e incorporate nella lega Sicione (249), Corinto (242), Megara, Trezene, Epidauro, Megalopoli (234 o 233), Argo, Fliunte e buona parte del Peloponneso. Tale espansione provocò la rottura con Sparta e costrinse Arato a rovesciare la sua politica di alleanze; gli Achei aderirono allora, in funzione antispartana e antietolica, alla lega ellenica promossa dal re di Macedonia Antigono Dosone (224) e parteciparono alla battaglia di Sellasia (222) permettendo così la ripresa dell'influenza macedone nel Peloponneso (Pace di Naupatto, 217). La politica antispartana e filomacedone degli Achei continuò con Filopemene di Megalopoli, che non poté impedire la presa di posizione della lega a favore dei Romani contro Filippo V nella seconda guerra macedonica (200-197). Negli anni successivi, provocando sospettose diffidenze nei Romani, la lega, guidata nuovamente da Filopemene, condusse una decisa azione contro Nabide di Sparta ed estese il suo dominio su Messene, sull'Elide (191) e persino su Sparta (188), perdute pochi anni dopo per una rivolta. Sotto Licorta di Megalopoli, padre di Polibio, la lega, con l'appoggio dell'Egitto tolemaico, recuperò Sparta e gli altri territori. I Romani intervennero contro gli Achei (temendone l'eccessiva potenza) alla fine della terza guerra macedonica (168) accusandoli di connivenza con Perseo e deportando come ostaggi in Roma mille influenti cittadini. Dopo la rivolta di Andrisco (149-148) i Romani imposero agli Achei di lasciare libera Sparta e, al loro rifiuto, li attaccarono, sconfiggendoli prima a Scarfea e, con Lucio Mummio, a Leucopetra (146). Corinto fu distrutta, la lega disciolta e il suo territorio entrò a far parte prima dell'amministrazione della provincia macedone e quindi (27 a. C.) della provincia di Acaia.