Biografia

(greco Polýbios). Storico greco (Megalopoli ca. 200-ca. 120 a. C.). Ereditò dal padre Licorta, uno dei capi della Lega Achea (di cui la città natale faceva parte), la passione per la vita politica. Ambasciatore in Egitto nel 181-80, nel 169-68 fu comandante della cavalleria achea e dopo la sconfitta di Pidna a opera dei Romani fu deportato in Italia con altri mille ostaggi a garanzia della politica filoromana dei suoi compatrioti. La protezione del console Emilio Paolo gli aprì l'ingresso nella società colta di Roma, soprattutto del circolo filoellenico degli Scipioni. Divenuto amico di Scipione Emiliano, iniziò sotto i suoi auspici la composizione della sua opera storica. Nel 151 lo accompagnò in Spagna e in Numidia; dopo un breve ritorno in Grecia, fu ancora con Scipione in Africa e più tardi all'assedio di Numanzia. Morì per una caduta da cavallo.

Opere

Al di là di alcune operette minori, tutte perdute, è fondamentale la sua Storia universale, in 40 libri, comprendente il periodo che va dal 220 al 144 a. C.; a noi sono giunti per intero i libri 1-5, e solo estratti dei seguenti. Dopo un preambolo sulla I guerra punica nei libri 1-2, la Storia descrive eventi e situazioni di Roma, di Cartagine e dell'Oriente tra il 220 e il 216 (libri 3-5); seguivano la II guerra punica (libri 7-15), la II e III guerra macedonica e la guerra di Siria (libri 16-29) e i successivi eventi dal 167 alla conquista romana della Spagna, dell'Africa e della Grecia, fino al 144. Il racconto dei fatti, soprattutto militari, era intercalato da ampi excursus su temi di particolare interesse per la storia o per gli avvenimenti stessi che venivano narrati: così nel libro VI si analizza la costituzione romana, nel XII si discute di teoria storiografica, con particolare riferimento a Timeo; il XXXIV è dedicato alla geografia del Mediterraneo, l'ultimo a una ricapitolazione generale.

Fonti e metodologia storiografica

Polibio ebbe ogni risorsa per comporre un'opera storiografica così complessa e importante: esperienza diretta degli affari politici e militari, accesso agli archivi romani, rapporti con le principali personalità del tempo; anche le fonti storiografiche a sua disposizione erano considerevoli: tra i romani egli segue soprattutto Fabio Pittore e tutta la tradizione senatoriale, ma dà anche credito alle opere pro-cartaginesi; così per gli avvenimenti in Grecia usa fonti locali, quali le Memorie di Arato di Sicione. Il suo stesso atteggiamento di ammirazione per la rapida crescita e potenza egemonica di Roma, l'elogio della sua costituzione mista di monarchia (consoli), aristocrazia (senato) e democrazia (comizi e tribunato) è controbilanciato dalla considerazione del rapido volgere degli eventi e dell'inevitabile decadenza di tutte le cose umane, alla quale non può sfuggire neppure Roma. C'è in Polibio la teoria dei cicli storici e della degenerazione dei tre poteri statali nella loro forma corrotta (tirannide, oligarchia, oclocrazia). Come si vede, quella di Polibio non è una storia solo di fatti, di guerre e di paci. Accentuando l'aspetto più originale della storia di Tucidide, Polibio dà grande rilievo ai fattori politici, agli aspetti costituzionali e giuridici della vita degli Stati. Seguace della storia pragmatistica, concreta e precisa, avversa quella retorica di tipo isocrateo praticata da Timeo, così come quella esteriormente drammatica di tipo peripatetico, praticata da Filarco. Il suo grande disegno, perfettamente riuscito, è quello di descrivere le cause e i modi del crescere e dell'affermarsi di Roma, serbando un atteggiamento quanto più possibile legato ai fatti e persino scientifico. Non sempre egli coglie esattamente il valore di certi episodi o di certi atteggiamenti; ha delle simpatie (Arato, Filopemene, i due grandi Scipioni) e minimizza o non coglie i movimenti avversi al suo filo conduttore; ma in complesso l'organicità dell'opera e l'acume dello storico sono raggiunti ed evidenti. Come scrittore Polibio è meno apprezzato; i suoi difetti sono inerenti al suo stesso proposito e atteggiamento di storico: il diffondersi su ogni circostanza, il dilungarsi a lungo del racconto, lo stile incolore, che risente dei documenti cancellereschi, e piuttosto faticoso. Ma per un periodo così importante della storia antica egli rimane una fonte insostituibile e, per molti problemi e per la tecnica stessa della storiografia, un punto di riferimento fondamentale.

K. von Fritz, the Theory of the Mixed Constitution in Antiquity, New York, 1954; M. Gelzer, [Uber die Arbeitsweise des Polybios, Heidelberg, 1956; D. Orsi, Alleanza archeo-macedone. Studio su Polibio, Bari, 1991.

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