Le Guerre puniche e l'espansione in Oriente
La prima Guerra punica
La città di Cartagine, fondata intorno all'814 a.C. dai Fenici, aveva acquisito il monopolio commerciale nel Mediterraneo imponendo che le navi commerciali potessero approdare solo a Cartagine e non nelle sue colonie. I primi rapporti tra le due città furono di tipo amichevole; nel 508 a.C. fu stipulato un trattato di navigazione e di commercio con cui entrambe le potenze si impegnavano a limitare le espansioni l'una a danno dell'altra. Questo trattato fu rinnovato nel 348 e nel 306 a.C. definendo ancora più precisamente le rispettive zone di influenza. La rottura avvenne nel 264 a.C. quando i Mamertini di Messina chiesero l'intervento dei Romani per difendersi dai Cartaginesi. Roma inviò così un esercito, guidato dal console Appio Claudio, contro Cartagine e il suo alleato Gerone II di Siracusa, che però dal 263 a.C. passò dalla parte dei Romani. Decisiva per l'esito della guerra fu la capacità dei Romani di fronteggiare la tradizionale superiorità navale di Cartagine. Nel 260, grazie all'uso dei corvi (ponti mobili che permettevano di agganciare le navi nemiche), la flotta romana comandata da Caio Duilio sconfisse quella cartaginese a Milazzo. Dopo il fallimento della spedizione in Africa di Attilio Regolo (256 a.C.), che fu fatto prigioniero e ucciso, i Romani al comando di Lutazio Catulo colsero la vittoria decisiva alle Egadi nel 241, costringendo i Cartaginesi a evacuare la Sicilia e a pagare una forte indennità di guerra. La Sicilia, tranne il territorio di Siracusa, divenne la prima provincia romana; nelle province, che dovevano pagare un tributo, ogni tipo di potere e amministrazione era nelle mani dei Romani che vi inviavano ex consoli (proconsoli) o ex pretori (propretori). Nel 238, a pace conclusa, i Romani sottrassero ai Cartaginesi anche la Sardegna e la Corsica.