La comunicazione non verbale
- Introduzione
- Espressioni volontarie e involontarie
Introduzione
Sguardi, gesti, movimenti del corpo, smorfie e quant'altro fungono da indicatori di significato, consentendo agli individui di comprendere sentimenti, pericoli, emozioni, informazioni. La comunicazione non verbale accompagna di regola il linguaggio verbale (vuoi come sostegno, vuoi talvolta fornendo informazioni contrastanti); più raramente essa si presenta come unica forma comunicativa.
Con un cenno del capo si può dare o negare approvazione; con un movimento della mano si comunica l'"arrivederci"; se si strizza l'occhio ci si dichiara d'accordo; con l'inchino si riconosce l'autorità altrui e così via. Nell'analisi del linguaggio non verbale ci si è spesso chiesti se esso sia uguale per tutti gli esseri umani. Secondo gli studi di Irenaus Eibl-Eibesfeldt, in tutti gli esseri umani si riscontrano non solo espressioni fondamentali quali il riso e il pianto, ma anche numerosi altri segnali non verbali costanti. Così l'ira viene generalmente manifestata attraverso l'apertura degli angoli della bocca, l'aggrottamento degli occhi, i pugni serrati e i piedi che pestano il terreno e, a volte, colpiscono oggetti. L'universalità di tali comportamenti sarebbe innata oppure dovuta a condizioni comuni nella prima infanzia, che hanno incanalato l'apprendimento secondo le stesse modalità. Anche secondo Ardrey esistono gesti che si possono riscontrare in tutte le razze e le popolazioni, come, per esempio, il muovere le mani verso il naso o il toccarsi i capelli in momenti di perplessità e di imbarazzo.
Se tuttavia consideriamo i condizionamenti sia psicologici sia culturali che intervengono nella comunicazione non verbale, possiamo comprendere che la facoltà di esprimersi non verbalmente è sì universale, ma la sua funzione e il suo significato variano a livello individuale, culturale e linguistico. Se infatti alcuni aspetti della comunicazione non verbale sono comuni a tutte le culture (tutti i membri della specie umana usano a scopo comunicativo il volto, gli arti, la postura, la voce), non tutti gli esseri umani ricorrono agli stessi segnali con la medesima frequenza e con la medesima ricchezza espressiva. I segnali non verbali veicolano gli stessi messaggi in tutte le culture (le emozioni, gli atteggiamenti interpersonali, le informazioni su di sé), sia pure in modo diverso. Secondo l'ipotesi di Paul Ekman, le espressioni universali tipiche delle emozioni fondamentali, che dipendono dall'attivazione di determinati muscoli facciali, sono soggette all'influenza dell'ambiente culturale che controlla le circostanze che le suscitano, le regole per manifestarle e le conseguenze che ne derivano. Nelle società occidentali si presta, per esempio, maggiore attenzione ai movimenti della testa e delle mani che a quelli delle gambe.