Musica e culto cristiano
Con l'articolarsi e il successivo sfaldarsi dell'Impero Romano in zone amministrative, centri di attività diplomatica e regioni di supremazia politico-territoriale, le concentrazioni etnico-linguistiche che si vennero a creare ebbero ripercussioni anche sulla vita della Chiesa, favorendone specifici sviluppi liturgici. La liturgia, cioè l'esercizio al culto divino, venne così ad articolarsi secondo distinte famiglie e in primo luogo secondo due sfaccettati raggruppamenti: famiglie orientali (antiochena e bizantina) e famiglie occidentali (liturgia africana; liturgie galliche, ispanica e gallicana; liturgia insulare: celtica, irlandese e bretone; famiglie italiche: milanese e romana). Va tenuto però presente che la distinzione non implicò mai assoluta separazione. Fino al III secolo, infatti, i cristiani cantarono in greco, e ciò spiega altresì la permanenza di alcune forme lessicali greche anche nella liturgia in lingua latina: basti pensare al Ky´rie eleíson adottato permanentemente nell'Ordinarium Missae, cioè fra i testi invariabili dei canti della messa romana. Il latino si impose come lingua ufficiale di Roma solamente verso la metà del III secolo, dopo una sua prima comparsa nelle province africane, ma fin oltre il IV secolo si prolungò una fase di bilinguismo liturgico.
Influenze dalla musica ebraica
Come l'Antico Testamento biblico informa circa la musica ebraica, così gli scritti neotestamentari e dell'età apostolica offrono i primi documenti dell'innodia cristiana. Fra i due ceppi, l'ebraico e il cristiano, vi è distinzione e continuità. La musica cristiana certo deve riconoscere in quella ebraica la provenienza di alcuni condizionamenti genetici che non poté evitare. È possibile asserire con certezza che nei primi due secoli dopo Cristo la tradizione ebraica pose le basi strutturali (formule di benedizione, celebrazioni di memorie, uso della Sacra Scrittura e sua proclamazione tramite le complesse norme della cantillazione) della liturgia e del canto cristiano. Lo studio filologico delle fonti orali e letterarie dei Vangeli permette di arretrare l'analisi a strati assai profondi, senza che però sia possibile attingere un'unica fonte da cui si origini la tradizione orale dei primi repertori musicali liturgici. Sulla base di frammenti rinvenuti, sono in ogni caso documentabili coincidenze di alcune melodie di canti ebraici concorrispondenti melodie cristiane, così come, inversamente, pur al cospetto di linee melodiche differenti, l'analisi etnomusicologica ha permesso di verificare un'identità di forme.
Le prime forme della liturgia cristiana: il canto
Dei primi due secoli, quando le liturgie erano ancora assai condizionate dalla prassi ebraica, sono pervenuti unicamente alcuni moduli di cantillazione. Va ribadito, però, che le prime manifestazioni del canto liturgico risentirono anche degli influssi greci e orientali. L'intreccio di questi influssi si faceva sentire nell'esecuzione dei canti attuata con una nota costante, intervallata da cadenze melodiche alle interpunzioni.
In un processo temporale che investì anche i due secoli successivi (III-IV), il canto s'impreziosì di tutta una gamma di ornamentazioni, in cui regnava sovrano il vocalizzo: anzi, in alcuni canti, specialmente d'origine orientale o africana, il vocalizzo formava tutta la sostanza musicale. Intanto si assistette a una maggiore definizione del ricorso alla musica all'interno delle liturgie cristiane e si costituirono i primi repertori con fisionomie particolari, sia geograficamente, sia culturalmente e musicalmente. A tale scopo presero corpo alcuni generi musicali, quali la salmodia direttanea (costituita dal canto di un salmo non incorniciato o suddiviso da un brano molto breve chiamato antifona), il canto responsoriale (costituito da acclamazioni eseguite da tutto il popolo e da una parte solistica) e l'innodia, che si affermerà definitivamente in Occidente con il vescovo Ambrogio di Milano.
L'innodia cristiana
Fra gli elementi caratterizzanti le prime forme del culto cristiano, una collocazione di tutto riguardo viene solitamente assegnata all'innodia. Le sue origini riconducono, sulla scorta delle indicazioni neotestamentarie, alle prime comunità cristiane riunite per render lode a Dio con "salmi, inni e cantici spirituali" (San Paolo).
Derivati direttamente o soltanto ispirati dal modello della salmodia ebraica, dal punto di vista formale questi inni non presentano, differentemente, per esempio, dagli inni omerici, né una metrica quantitativa, né una precisa strutturazione strofica. I loro contenuti, espressi in lingua greca, erano o di genere dogmatico, morale o, più direttamente funzionali alla liturgia, motivati dalle intenzioni di glorificazione (dossologia) e di preghiera (eucologia). Di fatto, l'inno entra ovunque nella prassi liturgica dell'Europa latina, tranne che a Roma: qui imperava, infatti, una rigida logica canonica, alla quale difficilmente si sarebbero potuti assoggettare testi dal linguaggio molto sfumato. D'altra parte, proprio questa mentalità marcatamente razionale avrebbe contribuito in seguito alla redazione magistrale del canto gregoriano.