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La <em>Lettera di Lord Chandos</em>

La Lettera di Lord Chandos, che risale al 1902, costituisce il grado zero non già della scrittura, ma della poetica di Hofmannsthal; costituisce un manifesto del deliquio della parola e del naufragio dell'io nel convulso e indistinto fluire delle cose non più nominabili né dominabili dal linguaggio; in tal senso, il racconto è la geniale denuncia di un'esemplare condizione novecentesca. Il protagonista abbandona la vocazione e la professione di scrittore perché nessuna parola gli sembra esprimere la realtà oggettiva; il segreto flusso della vita lo afferra e compenetra a tal punto che egli si smarrisce completamente negli oggetti, si dissolve in una rivelazione del Tutto che distrugge l'unità della persona in un sussultante trascolorare di emozioni e reazioni. Con questo famoso racconto, considerato spesso quale un esempio del più esasperato impressionismo, Hofmannsthal va ben aldilà della trepida atmosfera fin de siècle; come nel Colloquio con l'ubriaco di Kafka, nel quale le cose non stanno più al loro posto e la lingua non le dice più, anche nella Lettera di Lord Chandos non si vuol tanto alludere all'ineffabilità dell'esperienza individuale quanto indicare la necessità d'una letteratura non più limitata alla sfera della sensibilità oggettiva. Ciò che sconvolge il giovane Lord e letterato non è il silenzio della realtà, ma la simultanea molteplicità delle sue voci, sempre pronte a moltiplicarsi ulteriormente; la penna dello scrittore non rimane interdetta dinanzi a un'opaca mancanza di significato, ma viene invece sopraffatta dalla sfibrante e ininterrotta epifania che l'assale da tutte le parti.

Claudio Magris, “Introduzione” a Hugo von Hofmannsthal, Lettera di Lord Chandos, Rizzoli, Milano 1974, p. 10