Il nuovo epos di Apollonio Rodio
Le Argonautiche
La principale opera di Apollonio si presenta come un poema di impianto tradizionale, costruito sul racconto di un'antica saga mitica: la spedizione degli Argonauti per la conquista del vello d'oro. Suddivise dall'autore in quattro libri, le Argonautiche comprendono 5833 esametri in cui viene celebrata l'impresa di Giàsone, vicenda già presente nel variegato tessuto narrativo dell'Odissea omerica, principale modello – insieme alla Pitica IV di Pindaro – di Apollonio.
La trama
Il I e II libro descrivono il viaggio degli Argonauti guidati dal principe Giasone, verso la Colchide, sul Mar Nero. Dopo un breve proemio contenente l'invocazione ad Apollo e l'esposizione dell'antefatto (Pelia ha usurpato il regno di Iolco al fratellastro Esone, padre di Giasone; quest'ultimo, per riprendere il comando, deve consegnare all'usurpatore il vello d'oro custodito dal re Eeta nella selvaggia terra dei Colchi), segue un secondo proemio con la tradizionale invocazione alla Musa ed il catalogo degli Argonauti, su imitazione dell'esordio di Omero nell'Iliade. Il gusto per l'aìtion (la “causa”) e la grande abbondanza di notazioni erudite fanno sì che gli episodi narrati assumano vita propria (merita di essere ricordato il rapimento del giovane Ila da parte di una ninfa e il conseguente abbandono della spedizione di Poliremo ed Eracle) ed il racconto si snodi attraverso la successione di una serie di epilli, scene in sé concluse e collegate solo per motivi secondari – per lo più eziologici – alla narrazione principale. Il III libro è interamente incentrato sulla figura di Medea, che per amore, impiega le sue arti di maga e rende possibile la vittoria di Giasone. Si apre con un terzo proemio contenente l'invocazione a Erato, musa della poesia d'amore; subito dopo la dea Afrodite invia il figlio Eros a Medea perché si innamori di Giasone. Così accade: l'eroe, grazie ad un filtro magico procuratogli da Medea, riesce ad aggiogare due tori spiranti fuoco e a sconfiggere i guerrieri nati dai denti di serpente seminati sul campo di battaglia. Nel IV libro è descritto l'episodio della conquista del vello d'oro e del ritorno degli eroi, a cui si aggiunge Medea, lungo un itinerario eccentrico e fantastico che attraverso il Danubio, il Po e il Rodano li riconduce al Mediterraneo.
I personaggi
I personaggi delle Argonautiche sono analizzati nella complessità dei loro moti psicologici e, a differenza degli eroi omerici, non si stabilizzano in alcun tòpos o abitudine che li definisca in maniera stereotipata. Questa attenzione all'interiorità e alle forze della psiche rivela, da una parte, la distanza che separa il poema di Apollonio dall'oggettività del mito dell'età arcaica, dall'altra, la condivisione piena e totale con il gusto alessandrino e la sensibilità ellenistica. I protagonisti della vicenda sono eroi nuovi: appaiono innanzitutto individui sprovvisti dell'energia e della capacità per sostenere i propri ideali e della forza di combattere per mostrare la propria aretè (il “valore”); suggeriscono piuttosto l'idea di uomini alienati e sconfitti, isolati e chiusi nel proprio io, bloccati nel loro agire.
La straordinaria immagine di Medea – inventata dal poeta –, colta nelle sue vibrazioni psicologiche e nei mutamenti d'animo, ricorda le eroine euripidee e nello stesso tempo precorre la Didone virgiliana e le figure femminili dei romanzi ottocenteschi: accomunate dal fatto di vivere un lacerante conflitto tra passioni e convenzioni sociali, tra un amore incerto e difficile e le certezze della propria famiglia d'origine. Diversamente dagli eroi omerici, Medea è un personaggio in continua evoluzione: ancora fanciulla, scopre l'amore per Giasone, impara ad ascoltare il suo sentimento e finisce con l'accettare che divenga passione incontrollabile tanto da condurla alle conseguenze più estreme: l'uccisione del fratello Aspirto.
Quanto Medea si presenta come una figura profonda, istintiva, inquieta e psicologicamente complessa, tanto Giasone appare insicuro, sfiduciato, fragile e scialbo. È un personaggio eroicamente inadeguato, un semplice ingrediente del meccanismo epico: non all'altezza per sciogliere positivamente la vicenda, Giasone non appare sostenuto da nobili ideali né tanto meno da violente passioni, ma si dimostra solamente “impotente” (la sua figura caratterizzata dall'amechanìa, ossia dalla “mancanza di risorse”) e incapace di agire e di prendere decisioni. Per questa sua fragilità e debolezza che lo introducono in una dimensione quotidiana, è un personaggio molto vicino al sentire ellenistico, decisamente più moderno e, per la sua umanità, anticipatore dell'Enea virgiliano.
Quanto agli dei, non intervengono nelle vicende umane ma da spettatori immobili intervengono quando l'azione è già definita: diversamente dai poemi omerici, l'intervento divino è secondario.