La tragedia
- La tragedia
- La genesi del genere tragico
- L'evoluzione della tragedia greca
- La struttura della tragedia classica
- Evoluzioni di forme e contenuto
- Approfondimenti
- Riepilogando
La struttura della tragedia classica
Se pure con qualche variazione nei diversi testi, l'opera tragica è scandita secondo una partizione costante: prologo (discorso o scena introduttiva), parodo (canto di ingresso del coro nell'orchestra), episodi (cioè atti, in numero variabile da tre a cinque), stasimi (canti corali che separano gli episodi), esodo (scena finale).
Il prologo può essere costituito da un monologo di un personaggio oppure da una scena dialogata; in Eschilo e in Sofocle ha il compito di iniziare l'azione drammatica, mentre in Euripide riveste una funzione extra-drammaturgica poiché viene narrato l'antefatto del dramma da un personaggio che non rientrerà più in scena, spesso una divinità.
La parodo inizialmente rappresentava il momento centrale della tragedia; il coro arrivava nell'orchestra dalle pàrodoi (corridoi laterali) e intonava un lungo canto d'inizio accompagnato da danze e balletti.
Le vere e proprie parti recitate dagli attori costituivano gli episodi durante i quali i protagonisti usavano diverse tecniche interpretative: la résis (recitazione monologica di un personaggio), la stichomuthía (scambio di battute di un solo verso tra i personaggi in scena) e la monodía (canto “a solo” di un attore). Frequenti, ma non canonici, sono anche i commi (dialoghi lirici tra il coro e un attore) e gli agoni amebei (dialoghi tra due attori “a botta e risposta”).
Tra un episodio e l'altro gli attori escono di scena e il coro intona una melodia di lunghezza variabile, lo stasimo, in cui si commentano le vicende finora rappresentate sul palcoscenico; generalmente l'intermezzo corale ha un legame soprattutto simbolico con l'azione.
L'esodo è la scena finale della tragedia che si conclude con l'uscita del coro. Spesso sia i personaggi sia i coreuti rimangono in scena per contribuire allo scioglimento dell'azione drammatica; tuttavia a volte – soprattutto in Euripide – la vicenda è così intricata da richiede l'intervento del deus ex machina, un personaggio divino calato dall'alto da una macchina teatrale, che scioglie l'intreccio.
I metri sono, per le parti dialogate, il trimetro giambico (secondo Aristotele, il più vicino al parlato) e, meno frequentemente, il tetrametro trocaico (forse con effetti di maggior movimento). I cori si articolano in larghe partiture di versi lirici scandite nella successione di strofe e antistrofe seguite da un epodo.