Euripide
Le tragedie della “týche”
Un gruppo di drammi sembra essere segnato da una caratteristica comune: il motore dell'azione è týche, il caso, ciò che sfugge alla previsione dell'uomo e determina, al di là della volontà e della coscienza dei protagonisti, il gioco capriccioso degli eventi. Il grande tragediografo ricorre con frequenza agli equivoci, agli intrighi, ai riconoscimenti, fino all'apparizione finale del “deus ex machina”. Ne costituiscono gli esempi più rilevanti le tragedie Ione, Ifigenia in Tauride, Elettra, Elena ed Eracle.
Ione
Ione nasce da il dio Apollo e la giovane Creusa sedotta dal dio. Appena partorito, Creusa abbandona Ione che viene accolto nel tempio di Apollo, a Delfi. Creusa, divenuta moglie di Xuto, re di Atene, si reca insieme al marito a interrogare l'oracolo delfico e chiedere un rimedio contro la loro sterilità. Dopo una serie di rivelazioni ed equivoci, un tentativo di omicidio, da parte di Creusa che vorrebbe uccidere il figlio, e l'intervento di molti personaggi, la Pizia, sacerdotessa di Apollo, mostra a Creusa la cesta e le fasce in cui Ione fu abbandonato e i due si riconoscono. Per l'intreccio, il topos dell'esposizione e il gioco del riconoscimento, questa tragedia preannuncia i caratteri della commedia nuova di Menandro.
Ifigenia in Tauride
Ifigenia, destinata dal padre Agamennone al sacrificio per consentire alla flotta greca di salpare verso Troia, durante il rito viene salvata da Artemide. È poi condotta fra i Tauri dove diviene sacerdotessa della dea, il cui culto prevede l'uccisione degli stranieri. Giungono fra i Tauri Oreste e Pilade, per volere di Apollo: Ifigenia riconosce in Oreste il fratello, quindi insieme a Pilade, fuggono via mare grazie a un astuto stratagemma. Lo schema di questa tragedia è simile a quello dell'Elena, cui è di poco posteriore. Anche in questa tragedia, come nello Ione, si avverte una evoluzione del genere verso una formula a effetto, più vicina alle commedie che alle prime tragedie.
Elettra, Elena, Eracle
Nell'Elettra come nell'Oreste, è ripreso il tema del matricidio. Clitennestra viene uccisa da Oreste e dalla sorella Elettra per vendicare l'assassinio del padre; Oreste sarà processato da Atene, Elettra lascerà la sua terra insieme a Pilade, caro amico del fratello, che diverrà suo sposo.
Nella tragedia Elena viene ripreso, a grandi linee lo schema dell'Ifigenia in Tauride. Elena si ricongiunge al marito Menelao e fugge dall'Egitto e dall'ira del re Teoclimene. Euripide adotta una versione più fantasiosa del mito: a Troia, a fianco di Paride, non si trovava la vera Elena, ma un suo ingannevole fantasma. Con la totale metamorfosi del mito omerico e la rinuncia ai valori eroici a esso sottesi, Euripide si avvia alla radicale trasformazione dello spirito della sua tragedia.
Con un elogio di Atene si chiude l'Eracle, dramma interamente incentrato sulla figura dell'eroe e sulla sua improvvisa follia (provocata per vendetta da Era) che gli fa uccidere la moglie e i tre piccoli figli.