Rinascimento, riforma e modernità
- Introduzione
- Legami con il Medioevo
- Umanesimo e umanisti
- Riepilogando
Umanesimo e umanisti
La stagione rinascimentale francese è impensabile senza l'influsso dell'umanesimo italiano: Petrarca, Boccaccio, ma anche i grandi filologi e traduttori dal greco e dal latino. La nuova concezione dell'uomo non escludeva affatto la visione religiosa tradizionale, ma la integrava restituendo alla storia le sue prerogative: se Dio ha mandato sulla Terra il suo unico figlio, la Terra deve pur avere un grande valore in sé. Così anche lo sforzo di conservare o restituire i testi del passato nel loro giusto significato era un atto di rispetto nei confronti dell'uomo. La filologia implicava il rispetto della verità, la verità implicava l'impegno morale, politico e religioso. Ciò comportava o poteva comportare il dissenso nei confronti della Chiesa romana. Da allora in poi la tradizione greco-latina non servì più per confermare i dogmi della teologia cristiana o come esercitazione retorica, ma venne studiata nelle sue intenzioni originarie e per i suoi valori perenni.
Oltre a Jacques Amyot (1513-1593), autore di una fortunata traduzione delle Vite di Plutarco, numerosi umanisti si conformarono a questo atteggiamento.
Jacques Lefèvre d'Étaples
Jacques Lefèvre d'Étaples (1450-1536), originario dell'Artois, fu teologo (vicario di Meaux dal 1523) e umanista, uno dei primi divulgatori delle nuove idee, che applicò diffondendo in Francia testi aristotelici, affrancati dall'interpretazione scolastica, e pubblicando una monumentale traduzione in francese della Bibbia (1523-30), che lo portò molto vicino alle revisioni della tradizione cattolica diffuse nell'evangelismo europeo. Esiliato dalla Sorbona, si rifugiò presso Margherita di Navarra.
Symphorien Champier
Symphorien Champier (1472-1537) fu storico e medico al centro della rinascita umanistica lionese. Fondatore di cenacoli di studio, diffuse il platonismo di Marsilio Ficino e scrisse un libro d'ispirazione femminista intitolato Nef des dames vertueuses (Nave delle donne virtuose, 1503).
Guillaume Budé
Nato a Parigi, Guillaume Budé (1467-1540) fu uno dei maggiori esponenti del Rinascimento francese. Bibliotecario della Biblioteca reale di Fontainebleau, contribuì alla fondazione del futuro Collège de France. Grande grecista, in contatto con Erasmo da Rotterdam, Pietro Bembo e Tommaso Moro, si creò fama d'erudito con un'opera sulle monete antiche (De asse, 1515). Suo capolavoro sono i Commentarii linguae graecae (1529), con cui fondò la moderna filologia francese. Postuma (1547) l'unica sua opera in francese, L'institution du prince (L'educazione del principe). Budé spronò il giovane Rabelais a studi rigorosi.
Étienne Dolet
Nato a Orléans, Étienne Dolet (1509-1546), poeta, traduttore, erudito e filologo, fu uno dei modelli più alti dell'umanesimo francese. I suoi molteplici interessi sono attestati dai Commentarii linguae latinae (1536-38), un'esaltazione dei valori antichi. Si dedicò a un'attività editoriale in difesa della libertà di pensiero (pubblicò tra gli altri Rabelais), commettendo imprudenze che lo fecero condannare al carcere e morire sul rogo per eresia. L'intenso poema in francese Cantique d'E.D. prisonnier à la Conciergerie de Paris (Cantico di E.D. prigioniero al palazzo di giustizia, 1546) è il suo testamento morale.
Giovanni Calvino
Nato a Noyon, Giovanni Calvino (1509-1564) è il maestro della prosa filosofica e sapienziale francese moderna. Di famiglia borghese, compì studi filologici e teologici, aderendo nel 1532 alle idee della Riforma. Abbandonata la Francia per evitare le persecuzioni di Francesco I, si rifugiò a Ginevra, dove instaurò un regime ispirato a un austero rinnovamento religioso, politico e culturale. La sua Institution de la religion chrestienne (Istituzione della religione cristiana, 1541, prima edizione in latino 1536) è la prima opera teologica scritta in francese: i temi della fede, della salvezza, della grazia vi sono esposti con rigore logico, chiarezza formale, ma anche con uno stile vivace e colorito. Trascorse il resto della vita a Ginevra, dedicandosi alle sue opere e, superati conflitti religiosi e politici (mandò al rogo il riformatore spagnolo Michele Serveto), consolidando la propria autorità sulla nuova Chiesa che da lui prese il nome.