Il sistema industriale
La prima rivoluzione industriale
Il passaggio dal lavoro domestico e artigianale alla manifattura avviene in Gran Bretagna a partire dall'ultimo quarto del XVIII secolo in concomitanza con due innovazioni tecnologiche complementari tra loro: la filatrice meccanica, messa a punto dall'inglese James Hargraves e brevettata nel 1770, e l'invenzione della macchina a vapore, dovuta allo scozzese James Watt e brevettata, cinque anni dopo, nel 1775. Le zone inizialmente interessate sono prevalentemente inglesi (poli di Leeds-Sheffield-Birmingham e di Liverpool-Manchester), con propaggini nel Galles del nord e nelle lowlands della Scozia centrale; i settori trainanti sono dapprima quello tessile , poi anche quello siderurgico. Come fonte d'energia comincia a essere utilizzato il carbone, che viene a poco a poco sostituendo le fonti tradizionali (acqua e legna), mentre le principali materie prime impiegate sono il cotone e la lana, nell'industria tessile, e il ferro, nella nascente industria meccanica
Nel giro di alcuni decenni la rivoluzione industriale sbarca in Europa continentale (Slesia, Boemia, Belgio, Renania), quindi in Nordamerica (New England, regione dei Grandi Laghi), localizzandosi perlopiù in prossimità dei bacini carboniferi e, meno frequentemente, nelle zone portuali.
La progressiva meccanizzazione delle
manifatture
ne incrementa
rapidamente la capacità produttiva, generando una domanda di nuovi mezzi di
comunicazione per raggiungere i mercati d'approvvigionamento e di sbocco.
La nascita
delle prime
ferrovie (la Liverpool-Manchester è completata nel
1830) e gli esordi
della navigazione a vapore
(la prima vaporiera è del 1807,
mentre la prima traversata atlantica su navi a vapore segue nel 1838) danno il
via a un nuovo ciclo di trasformazioni nel campo dei
trasporti e delle telecomunicazioni
(telegrafo Morse, 1837;
apertura del canale di Suez, 1869), che, a propria volta, stimola lo sviluppo
delle industrie di produzione di beni
strumentali
(binari, materiali ferroviari, cantieri navali,
cavi di rame ecc.).Per un processo a cascata, rivoluzione industriale e rivoluzione
dei mezzi di comunicazione si cumulano ad altre tre rivoluzioni: quella agraria,
quella demografica e quella urbana.
In agricoltura le rese dei terreni aumentano enormemente in seguito alla
generalizzazione dell'aratro di ferro a ruote, che consente una migliore
lavorazione dei suoli, e delle piante foraggiere, che, inserite tra una semina
dei cereali e l'altra, permettono d'integrare l'allevamento,
fonte di concime e di maggiori mezzi di sussistenza.
Le nuove disponibilità alimentari incidono, come s'è visto, sul
processo di transizione demografica,
facendo raggiungere alla popolazione mondiale il traguardo del primo miliardo di
abitanti intorno alla metà dell'800. Sempre intorno a metà del XIX secolo avviene il graduale
passaggio
dalla manifattura alla grande industria, i cui processi produttivi, basati su
sistemi di macchine e sulla
divisione del lavoro, favoriscono l'impiego massiccio
di manodopera generica, che tende a sostituire la declinante figura dell'operaio
specializzato del periodo precedente.Di pari passo col
diffondersi del lavoro salariato in fabbrica a categorie sociali deboli, donne e
fanciulli soprattutto, s'incrementa l'inurbamento di consistenti quote di
popolazione, attratte nelle metropoli in espansione come Londra, New York o
Parigi dall'aspettativa di migliori opportunità di lavoro e condizioni di vita.
Si ritiene che questa prima fase della rivoluzione industriale
arrivi a compimento più o meno intorno al 1870: un secolo esatto dai suoi
inizi.