Che cos'è la geografia economica
Viviamo in un mondo fortemente integrato, variegato e complesso; un mondo denso di squilibri, problemi, tensioni, contraddizioni, ma anche un mondo percorso da incessanti cambiamenti, talvolta repentini e profondi. Quale contributo può offrirci la geografia economica affinché riusciamo in qualche modo a orientarci all'interno di una realtà tanto composita, fluida e incerta? Innanzitutto un contributo come ambito disciplinare, per la sua area di competenza sul piano dei contenuti, delle conoscenze. Per definizione la geografia economica studia i fenomeni economici, in particolare le attività economiche (produzione, circolazione, distribuzione e consumo dei beni economici), non in linea teorica, ma nella loro effettiva distribuzione nello spazio geografico secondo le sue varie scale: locale, statale, continentale, globale-mondiale... Ciò conferisce alla disciplina una marcata concretezza e una spiccata adesione ai processi in atto, non senza termini di riferimento di carattere più generale.
L'impianto metodologico
Ma l'apporto più fecondo della geografia economica alla comprensione del "presente storico" discende senz'altro dal suo impianto metodologico istituzionale. In quanto scienza ancorata allo studio del territorio nel suo insieme, la geografia economica non si occupa , né si può occupare, esclusivamente di fatti economici, ma deve costantemente prendere in considerazione anche i fatti fisici, politici, sociali, storici e culturali che ai quei fatti economici di quel dato territorio sono indissolubilmente legati. In altri termini, la geografia economica è la scienza delle relazioni spaziali, tanto di quelle che intercorrono tra i soggetti economici (individui, famiglie, comunità, imprese, società, ed enti di diversa natura e a vario titolo operanti in campo economico), quanto di quelle che collegano tali soggetti economici con l'ambiente in cui essi operano e viceversa. Le relazioni geografico-spaziali del primo tipo, quelle tra soggetti economici, sono dette orizzontali e riguardano fondamentalmente i flussi che interessano tali soggetti (scambi, movimenti di persone, informazioni, tecnologie, capitali) e le reti di localizzazione di insediamenti e impianti che ne derivano.
Le relazioni del secondo tipo, dette verticali, o anche ecologiche, identificano le interazioni che i soggetti economici hanno non solo col contesto naturale dei diversi luoghi (clima, risorse, altitudine, posizione), ma soprattutto col territorio propriamente detto, vale a dire con lo spazio umano organizzato nei suoi diversi aspetti giuridici, antropologici, storici ecc. La combinazione e l'intreccio di questa doppia griglia interpretativa di relazioni verticali e orizzontali possono fornirci non solo un quadro di riferimento utile a definire le diverse gerarchie e strutture territoriali che connotano il mondo d'oggi, ma possono anche consentirci di focalizzare fasci di relazioni , funzionali o critiche, tanto su scala locale quanto su scala globale, che indichino le linee di tendenza di fondo dell'economia e della società contemporanea. Sotto quest'ultimo aspetto, le delimitazioni convenzionali tra il "territorio" della geografia economia e "i territori" delle discipline affini, come la geografia umana, quella politica, o sociale, si fanno sfumate, impercettibili.
I rapporti con le altre discipline geografiche
Quale specificazione della geografia umana, o antropica, la geografia economica ne condivide l'ampio spettro d'interessi, dallo studio delle dinamiche demografiche, a quello delle differenze culturali, di tipi di civiltà, di lingua, di tradizione, a quello delle forme d'insediamento, di rapporti con l'ambiente, tra diverse formazioni sociali e così via.Analogamente, come è possibile separare in modo netto le dinamiche geoeconomiche da quelle geopolitiche, oggetto della geografia politica, che si occupa appunto delle entità politiche, delle loro divisioni esterne e interne, delle loro relazioni e delle loro forme di sviluppo? O ancora, come si possono separare nettamente la geografia economica e la geografia politica dalla geografia sociale, orientata a considerare le forme di organizzazione che si danno i diversi gruppi umani in relazione tra loro e con il territorio, o a studiare i differenti generi e stili di vita, in base alle tradizioni, alle "culture" ecc.? E la geografia urbana , o la geografia rurale, o la geografia sanitaria, come si collocano rispetto alla geografia economica e alle altre geografie antropiche?Al limite anche lo steccato ben più solido che separa queste "geografie" e la geografia fisica rivela molti punti di cedimento ove si consideri la ricaduta sugli ecosistemi naturali delle attività umane, comunque esse siano catalogate (economiche, politiche, sociali), e si prendano in esame i diversi correttivi in materia delle politiche ambientali proposte dalla geografia ecologica .
Un approccio interdisciplinare
La questione delle barriere scientifiche è vecchia e si può
estendere facilmente ad ambiti più vasti, a partire da quello delle discipline
storico-atropologico-sociali, ragione per cui altrove, in Europa, lo studio
della geografia tout-court è associato a storia e senza particolari
distinzioni interne alla materia.Questa condizione di soglia
disciplinare
che porta con sé
lo statuto multiforme di geografia economica, mentre propone il problema di
individuare un'
unità di analisi parziale adeguata a interpretare il
nostro presente storico, implica anche l'esigenza di serbare un atteggiamento
flessibile e aperto nei confronti delle partizioni interne della disciplina
stessa.Una prima bipartizione, che tradizionalmente percorre tutte
le geografie, è quella che distingue le trattazioni a carattere regionale, da
quelle a carattere generale.
La geografia regionale
si concentra su porzioni di territorio (la Basilicata o le Murge, per esempio,
ma anche l'Italia, il Nordamerica, il subcontinente indiano), soffermandosi su
ciò che caratterizza dal punto di vista fisico, amministrativo, socioeconomico
ecc. la regione presa in esame rispetto alle altre.
La geografia generale
prende invece in considerazione gli stessi aspetti nella loro distribuzione
spaziale sulla scala dell'intero pianeta.
Schematizzando, la geografia regionale,
tende, o quantomeno dovrebbe tendere, a
mettere in rilievo le diversità tra le varie parti del pianeta
; la geografia generale insiste,
o dovrebbe farlo, invece sulle caratteristiche
comuni
tra le diverse regioni del pianeta. In realtà le cose
sono molto più complesse di così, e, sovente, una visione generale è possibile
solo a condizione di mettere in evidenza le particolarità regionali, o, meglio,
come nel nostro caso, è utile partire dalla
globalità delle dinamiche, per interpretare le
specificità locali.
Una seconda bipartizione, propria di geografica economica, tende
a separare i problemi emergenti
(sottosviluppo, esplosione demografica, questione ambientale, urbanesimo)
dall'andamento dei settori economici
(primario, secondario, terziario). Pur non abbandonando del tutto questa
impostazione, è parso opportuno procedere per
aree e nodi
problematici
(il sistema globale, le risorse, il territorio,
le comunicazioni), ricomprendendo dentro questi i temi in questione.