La macchina e il test di Turing
Il matematico e logico inglese Alan Mathison Turing (Londra 1912 - Wilmslow 1954) è noto soprattutto per aver ideato negli anni ‘30 un computer teorico, la cosiddetta “macchina di Turing”, che simula l’attività di calcolo di un essere umano, in quanto dotata di capacità di leggere simboli di un alfabeto finito e di operare con essi (cancellare, stampare). La macchina di Turing, in sostanza, si identifica con un insieme di istruzioni volte a modificare i simboli in ingresso per pervenire al risultato finale e può calcolare le funzioni ricorsive. Ciò significa che, dimostrando come un problema può essere risolto da una macchina di questo tipo, si dimostra che esso può essere risolto in generale mediante metodi computazionali. Con la sua macchina, dalle caratteristiche non dissimili da quelle di un attuale computer digitale, Turing intervenne anche nel dibattito sull’IA, inteso ad accertare se il comportamento umano possa essere spiegato in termini computazionali e se a un elaboratore possa essere attribuita la capacità di “pensare”. Nell’articolo Calcolatori e intelligenza (1950), pubblicato sulla rivista “Mind”, egli stabilì in tal senso un criterio di verifica attraverso una prova, poi detta il “test di Turing”. Un individuo è posto di fronte a due terminali, collegati l’uno a un elaboratore elettronico l’altro a un interlocutore umano: se l’operatore che interroga non riesce a distinguere le risposte (gli outpouts) della macchina da quelle umane, allora la macchina sottoposta al test ha un comportamento intelligente, “pensa”. Mentre Turing e con lui molti teorici dell’IA si sono sentiti di poter concludere affermativamente al duplice quesito, sostenendo così che sia il comportamento umano è spiegabile in termini computazionali sia il comportamento di una macchina può essere definito intelligente, parecchi filosofi si sono pronunciati secondo l’opinione contraria. L’obiezione filosofica più comune a questo criterio, che in definitiva verifica l’intelligenza di una macchina senza dover fornire una definizione dell’intelligenza stessa, consiste nell’affermare che il pensiero umano è tuttavia sempre caratterizzato dall’intenzionalità, proprietà non riscontrabile nella macchina di Turing.