La metafisica
Dopo aver scoperto che la natura richiede anche cause immobili, cioè immateriali, Aristotele concepisce il disegno di una scienza superiore alla fisica, la quale ricerchi le cause dell'intero essere, cioè dell'"ente in quanto ente", e la chiama "filosofia prima", esponendola nell'opera intitolata dagli editori Metafisica (che significa "dopo la Fisica"). Aristotele anzitutto mostra che esistono dei principi logici, cioè delle leggi del pensiero, che sono anche leggi dell'essere, cioè valgono per tutti gli enti: il principio di non-contraddizione e quello del terzo escluso.
Il primo afferma che è impossibile l'esistenza di enti contraddittori, ossia aventi contemporaneamente e sotto lo stesso aspetto caratteri opposti, e il secondo afferma che ciascun ente deve avere o non avere un certo carattere, e non si dà una terza possibilità. Poi Aristotele esclude dalla sua indagine l'essere per accidente, cioè il verbo essere usato solo per indicare l'accadere di qualcosa a qualcos'altro, e concentra la sua attenzione sull'essere per sé, cioè sul verbo essere usato per eprimere l'effettiva esistenza di una cosa. Egli scopre che quest'ultimo si dice in molti sensi, cioè significa tanti modi di essere, o tanti generi di enti, quante sono le categorie e scopre che tra queste la sostanza è la prima, perché è la condizione dell'essere di tutte le altre. Indagando anzitutto la sostanza sensibile, oggetto della percezione umana, Aristotele sostiene che è sempre composta da materia e forma, anzi è l'unione inscindibile di entrambe (sinolo), ma ciò che la fa essere sostanza, e quindi la sostanza nel senso primario, è la sua forma. Egli poi vede che la potenza e l'atto abbracciano tutti gli enti, e quindi sono i due modi fondamentali dell'essere, ma l'atto precede la potenza e quindi è l'essere nel senso primario.
Un ultimo significato dell'essere che Aristotele studia è quello in cui si usa il verbo essere per dire "è vero" e il verbo non essere per dire "è falso". A questo proposito egli distingue due tipi di vero: la verità del discorso enunciativo, che consiste nell'unire nel discorso ciò che è unito nella realtà, o nel dividere con il discorso ciò che è diviso nella realtà (per esempio: il cane ha quattro zampe; i pesci non hanno le zampe); e la verità del concetto, che consiste nel cogliere solo con l'intelletto la forma, o l'essenza, di una cosa (per esempio: l'essenza dell'uomo è la razionalità). Mentre il discorso enunciativo può essere vero o falso, il concetto se c'è è vero, e se non c'è non si può dire che sia falso, ma solo che si ignora l'essenza della cosa.
Infine nella Metafisica Aristotele dimostra che i motori delle sfere celesti, per poterle muovere eternamente devono essere sempre in atto, cioè devono essere puro atto, e quindi immobili, e li identifica con l'atto del pensiero intuitivo, che è l'unico non implicante movimento. Poiché il pensare è una forma di vita, i motori immobili sono realtà viventi e, poiché sono puro atto, cioè sono pienamente realizzati e non mancano di nulla, sono beati; dunque, in quanto viventi eterni e beati, sono veri e propri dei. Il primo tra essi è il motore della sfera estrema, cioè della sfera delle stelle fisse, che pensa anzitutto se stesso, perciò è "pensiero di pensiero", e ha diritto al titolo di Dio supremo.