La filosofia e la teologia
In senso generale per teologia si intende il complesso delle conoscenze che ha per oggetto la divinità o gli dei, la religione, il culto e i miti. In senso più ristretto, relativamente alla tradizione cristiana, il termine indica il sapere speculativo e il sistema dottrinale in ordine al mistero di Dio, al dato rivelato e in generale alle verità di fede.
Nella Grecia classica la teologia (etimologicamente: "discorso intorno a Dio") si contrappone alla filosofia perché designa lo stadio mitologico precedente il sapere scientifico. Nella Repubblica Platone riconosce alla teologia un valore pedagogico: i miti, le leggende e le storie degli dei racchiudono in forma intuitiva e narrativa le verità che la filosofia ha il compito di interpretare criticamente. Per Aristotele, invece, la teologia coincide con la "scienza prima", cioè con la metafisica perché si occupa dell'essere in quanto essere e delle sostanze immobili ed eterne cioè di Dio. In ambito cristiano è Clemente Alessandrino a inaugurare l'uso del termine come "dottrina della fede", contrapposta alla mitologia, ma né per i Padri della Chiesa (i grandi pensatori cristiani dei primi secoli), né per la filosofia medievale degli inizi esiste una netta distinzione fra teologia e filosofia.
Nel sec. XII Abelardo è il primo autore ad attuare il passaggio a una teologia considerata come "scienza". La teologia della scolastica rivendica per sé non soltanto un carattere sistematico e uno statuto scientifico, ma anche un ruolo egemone nello scenario delle scienze. Alla base delle Summae teologiche diffuse in epoca medievale è la convinzione di non potersi sottrarre al compito di istituire un raccordo tra fede e ragione, seppure con accentuazioni diverse fra le diverse scuole: le une in forma dialogica (tendenza domenicana), che più direttamente si rifanno ad Aristotele e culminano nel pensiero di Tommaso d'Aquino; le altre in forma più conflittuale (tendenza agostiniana) e improntata al misticismo, culminanti nel pensiero di Bonaventura da Bagnoregio e Duns Scoto.
L'aspirazione luterana di proclamare la fede pura e non contaminata da astratte speculazioni produce la separazione di filosofia e teologia. In ambito cattolico l'impulso del concilio di Trento a una reazione al protestantesimo e a un nuovo disciplinamento della vita ecclesiastica sono alla base dello sviluppo di una teologia controversistica di tipo positivo, cioè finalizzata a stabilire la vera dottrina rivelata contenuta nella Bibbia indipendentemente dall'aspetto speculativo e razionale, che ha valore solo conseguentemente al dato rivelato.
Nel '700 e nell'800 si assiste alla critica illuministica, materialistica e immanentistica del fenomeno religioso, ma anche alla sua rivalutazione da parte del romanticismo e dello storicismo. In ambito teologico, protestante e cattolico, si impone la complessa questione di superare la frattura fra cristianesimo e cultura moderna, che vede impegnati autori quali F.D.E. Schleiermacher, H.J. Newman, A. Rosmini e correnti come il protestantesimo liberale e il modernismo. L'acquisizione decisiva di questa stagione teologica consiste nel recupero della centralità della rivelazione di Dio in Gesù Cristo, propugnata in modo magistrale dal teologo protestante K. Barth e rilanciata in ambito cattolico dal concilio Vaticano II.
Nel '900 oltre alla contestazione filosofica del fenomeno religioso, sottoposto a lettura critica per smascherarne la natura mistificante da K. Marx, F. Nietzsche e S. Freud, si assiste alla sua riabilitazione in virtù del ruolo fondamentale svolto nella costruzione sociale (E. Durkheim, M. Mauss, R. Girard, la scuola di Francoforte).