Il federalismo fiscale
Il federalismo fiscale è essenzialmente una misura di decentramento finanziario all'interno di una collettività statale. In quanto tale, esso non è limitato agli stati federali o alle confederazioni, ma si riferisce anche agli stati unitari. Esiste tuttavia una distinzione importante tra questi diversi sistemi politici, che ha effetti economici sostanziali. Nei sistemi federali, l'attribuzione di funzioni e risorse agli enti territoriali di governo, così come i loro meccanismi di rappresentanza, è stabilita e garantita dalla Costituzione. Nei sistemi unitari, tali funzioni e risorse sono delegate dallo stato centrale e sono dunque in linea di principio sempre revocabili da parte dello stesso stato centrale.
•La teoria del federalismo fiscale
La teoria del federalismo fiscale studia l'attribuzione ottimale di funzioni e risorse ai diversi livelli di governo. In particolare, usando gli strumenti tipici dell'analisi economica, si pone domande relativamente al numero e alle dimensioni ottimali dei livelli locali di governo, alle funzioni che questi dovrebbero svolgere, alle tipologie di tributi che dovrebbero essergli assegnati, all'organizzazione dei flussi finanziari tra i diversi livelli di governo.
•Benefici economici
I benefici economici del federalismo fiscale sono individuabili soprattutto nella migliore rappresentanza delle preferenze a livello locale. Il teorema del decentramento (W. Oates) stabilisce che, se le preferenze a livello locale sono più omogenee che a livello nazionale e, in assenza di rendimenti crescenti di scala nell'offerta dei servizi locali, la scelta locale è sempre preferibile a quella nazionale. Il teorema è intuitivo e l'ipotesi fondamentale che conduce al risultato, e cioè che le preferenze siano più omogenee a livello locale, è senz'altro ragionevole. Sia ragioni storiche che la mobilità degli individui inducono infatti a ritenere che l'ipotesi sia in genere soddisfatta. Tuttavia, il teorema è anche soggetto a numerose qualificazioni. In primo luogo, i servizi locali devono avere le caratteristiche di beni pubblici locali, cioè devono esaurire i loro benefici all'interno della stessa giurisdizione. In secondo luogo, le decisioni prese dai politici locali devono rispettare le preferenze dei propri cittadini.
Lo strumento che viene individuato per responsabilizzare politici e burocrati locali è la competizione tra i diversi enti locali, che si esplica sia sull'arena politica sia su quella economica. Naturalmente, perché la competizione tra governi locali abbia un senso, è necessario che, da un lato, i politici locali godano di ampi gradi di autonomia e, dall'altro, che le decisioni locali siano direttamente imputabili ad essi. In altre parole, la competizione richiede che i rapporti finanziari tra governi locali e tra questi ultimi e i cittadini siano improntati ai principi della trasparenza e della autonomia.
•Costi economici
I costi economici del federalismo fiscale vengono identificati sulla base di un impiego sistematico ai rapporti intergovernativi della nozione economica di esternalità. Idealmente, una “giurisdizione” politica dovrebbe coincidere esattamente con l'area geografica interessata dagli effetti delle politiche perseguite da quella giurisdizione (principio della “ottima corrispondenza”). Altrimenti, poiché coloro che beneficiano delle decisioni locali non coincidono con coloro che ne sopportano i costi, le decisioni locali sarebbero inefficienti. Tuttavia, tale ottima corrispondenza non è realizzabile in pratica. Essa richiederebbe l'individuazione di un soggetto politico diverso per ogni diversa funzione svolta a livello locale. I costi amministrativi e decisionali per sostenere una simile struttura politica sarebbero proibitivi. Ne segue che sul piano normativo l'ottima attribuzione delle competenze e dei tributi agli enti di governo subcentrali deve tenere conto del fatto che decisioni locali, sia sul lato delle spese e delle entrate, generano anche effetti sui residenti di altre giurisdizioni. Tali effetti esterni derivano in parte dai possibili effetti di traboccamento indotti dall'offerta di beni pubblici locali. Essi derivano anche dalla mobilità della base imponibile o dei fattori produttivi tra giurisdizioni. Si osservi che la mobilità non è di per sé necessariamente dannosa. Un teorema molto importante nella letteratura sul federalismo fiscale, il teorema del “voto con i piedi” (dovuto a Tiebout) asserisce che, date certe condizioni, in presenza di perfetta mobilità degli individui, si dovrebbero realizzare obiettivi di piena efficienza nella produzione dei servizi locali. Intuitivamente, un individuo si sposterebbe tra le varie giurisdizioni alla ricerca di quella che gli offre la combinazione beni pubblici/imposte locali che più preferisce. In equilibrio, quando cioè nessuno ha più un incentivo a spostarsi, la distribuzione degli individui sul territorio è ottimale. La perfetta mobilità degli individui (e più in generale dei fattori produttivi) naturalmente impedirebbe anche il formarsi di rendite politiche a vantaggio dei politici locali.
•Allocazione ottima di funzioni e risorse
L'ottima allocazione di funzioni e risorse a livello locale può essere interpretata come il principale correttivo individuato dalla letteratura per ovviare ai problemi delle esternalità tra enti locali. Nella tripartizione per funzioni proposta da Richard Musgrave, ai governi locali dovrebbe essere attribuita soltanto la funzione allocativa, cioè la produzione di beni e servizi locali, perché effetti esterni e mobilità degli individui impedirebbero l'assegnazione dei compiti perequativi e di gestione del ciclo agli enti locali. Questa assegnazione dei compiti determina anche la struttura ottimale di finanziamento degli enti locali, cioè la finanza locale. Alcuni dei servizi svolti a livello locale hanno essenzialmente le caratteristiche di beni escludibili e possono essere dunque finanziati direttamente con tariffe come nel caso dei trasporti locali. Tuttavia, molti dei servizi svolti dagli enti locali hanno caratteristiche di non-escludibilità o comportano forti elementi redistributivi e richiedono dunque un finanziamento attraverso la fiscalità generale.
Poiché le imposte sui redditi personali e sul patrimonio, perseguendo finalità perequative, dovrebbero restare appannaggio del governo centrale e poiché l'imposizione sul capitale o sul consumo soffrono di problemi di competizione fiscale fra enti territoriali, i tributi propri attribuibili agli enti locali sulla base di questa teoria si riducono fondamentalmente alle imposte sul valore locativo degli immobili e qualche imposta locale sull'attività delle imprese. Dati questi vincoli, oltre ai tributi propri, la dottrina riconosce la necessità di altre forme di devoluzioni di risorse tributarie agli enti locali. Principalmente, compartecipazioni al gettito di tributi erariali riscossi in loco, o compartecipazioni con flessibilità d'aliquota alla base imponibile locale (sovraimposte) o all'aliquota (addizionali) dei tributi erariali.
•I trasferimenti
Da parte del governo centrale si rendono necessari trasferimenti ai governi locali per: a) chiudere il “vuoto di risorse” tra le esigenze di spesa dei governi locali e le entrate proprie, generato dai vincoli prima esposti sui tributi attribuibili a livello locale (sbilanciamento verticale) e b) perequare le differenze nella distribuzione delle basi imponibili per i tributi locali tra gli enti locali (sbilanciamento orizzontale). I trasferimenti intervengono inoltre per: c) correggere gli effetti residui di “traboccamento” tra giurisdizioni; d) indirizzare il comportamento degli enti locali nella direzione desiderata dal governo centrale, nel caso in cui gli enti locali amministrino servizi cui è riconosciuto un esplicito interesse nazionale da parte dell'autorità centrale (per esempio, sanità, istruzione). In quest'ultimo caso, i trasferimenti sono generalmente vincolati, nel senso che ne sono predeterminati gli ambiti di utilizzo. Ovviamente, sono i trasferimenti generali, cioè privi di vincoli di utilizzo, quelli che meglio si prestano a incentivare l'autonomia decisionale locale. La base per il calcolo dei trasferimenti in questi casi può essere diversa, a seconda che si intenda perequare la spesa effettiva o la capacità di spesa degli enti locali. Infine, nel caso in cui l'attribuzione di tributi e compartecipazioni agli enti locali sia sufficiente a coprire il complesso delle spese degli enti locali la perequazione tra gli enti locali può anche essere orizzontale, cioè con trasferimenti tra governi dello stesso livello, senza interventi da parte di governi di livello superiore. Questa alternativa è vista con favore in quanto può condurre, attraverso il conflitto di interessi tra regioni prenditrici e datrici di risorse, a una maggiore rigidità nel vincolo di bilancio e a una maggiore responsabilizzazione degli enti locali.