Gli strumenti di finanziamento
Nello svolgimento della sua attività, la funzione finanza deve porsi tre domande fondamentali: come coprire il fabbisogno? Con quali effetti sul profilo di rischio complessivo? Qual è l'impatto delle scelte sul valore?
Una regola generale raccomanda di far coincidere le scadenze delle forme di finanziamento con quelle degli impieghi che hanno generato il fabbisogno (es., un investimento in impianti produttivi con una vita utile di dieci anni dovrà essere finanziato con risorse con scadenza decennale).
Cruciale è poi la distinzione tra mezzi propri e mezzi di terzi. In particolare, è necessario che i mezzi propri mantengano una sufficiente incidenza sul totale, al fine di evitare che l'autonomia della gestione aziendale venga sminuita dalle scelte finanziarie.
Finanziamenti con capitale di rischio
Tra i finanziamenti a titolo di capitale di rischio ricordiamo qui le azioni, l'autofinanziamento, il prestito dei soci.
Le azioni ordinarie sono titoli di credito rappresentativi di una quota parte del capitale sociale di un'impresa costituita in forma di società per azioni o in accomandita per azioni. Il possessore di titoli azionari assume per legge la posizione di socio-investitore e i relativi diritti: diritto di voto; diritto a ottenere una quota dell'utile ripartito, proporzionale alla quota di capitale posseduta; diritto al rimborso del capitale in caso di messa in liquidazione dell'azienda.
Se si considera la caratteristica di "valore" bisogna distinguere valore nominale, reale e di mercato. Il valore nominale rappresenta la parte di capitale sociale nominale incorporata in una singola azione (la legge impone che l'emissione di titoli azionari non possa avvenire per un valore inferiore al nominale). Di conseguenza, moltiplicando il valore nominale di ciascuna azione per il numero complessivo delle azioni si ottiene l'ammontare del capitale sociale. Il valore reale si ottiene dividendo il patrimonio netto per il numero delle azioni. Il valore di mercato è quello risultante dall'incontro della domanda e dell'offerta. Nel caso delle azioni quotate è quello che viene determinato dalle negoziazioni di borsa.
Si parla di capitale di rischio in quanto le azioni sono titoli a reddito variabile. Il loro rendimento è funzione del livello degli utili conseguiti dalla società e da quella parte di utili che gli amministratori decidono di distribuire agli azionisti. Inoltre, a differenza dei titoli a reddito fisso, per le azioni non è fissata una data di scadenza, né viene deciso ex ante un prezzo di rimborso; di conseguenza, nel caso in cui l'azionista voglia liquidare il proprio investimento prima del rimborso si deve rivolgere al mercato, vendendo l'azione al prezzo in quel momento determinato dall'incontro tra domanda e offerta. L'ammontare complessivo dei flussi finanziari garantiti dall'azione è incerto, in quanto il valore della stessa è continuamente rivisto dal mercato in funzione delle informazioni riguardanti le condizioni di profittabilità corrente e futura dell'impresa emittente.
Il possessore di azioni ordinarie gode del diritto di opzione che, in caso di aumento di capitale, gli assicura l'offerta di nuove azioni in proporzione a quelle già possedute.
Gli aumenti di capitale costituiscono le modalità con cui le imprese raccolgono capitale di rischio in tempi successivi alla costituzione della società.
Le azioni di risparmio sono emesse al portatore e trasformabili in nominative solo su richiesta dell'azionista. Prive del diritto di voto, se non nelle assemblee speciali previste dalla L. n. 216/1974, rappresentano uno strumento finanziario che mette l'investitore parzialmente al riparo dal rischio, pur privandolo della completa assunzione della qualifica di socio secondo i canoni dell'azionariato ordinario. La riduzione del rischio connessa con la scelta delle azioni di risparmio consiste nei privilegi relativi alla ripartizione degli utili. Nella distribuzione del dividendo hanno diritto di prelazione sugli utili d'esercizio fino alla concorrenza del 5% del valore nominale dell'azione, cumulabile nei due esercizi successivi, e hanno comunque diritto a un dividendo superiore del 2% sul valore nominale rispetto a quello delle azione ordinarie. Un secondo insieme di privilegi è riconducibile alle garanzie patrimoniali che l'azione di risparmio implica: si fa riferimento alla prelazione nel rimborso dell'intero capitale per l'intero valore nominale e alla riduzione del capitale sociale per perdite. Allo scioglimento della società, le azioni di risparmio hanno prelazione nel rimborso del capitale per l'intero valore nominale. La riduzione del capitale sociale per perdite non comporta la riduzione del valore nominale delle azioni di risparmio se non per la parte della perdita che eccede il valore nominale complessivo delle altre azioni. Le deliberazioni relative alla riduzione e alla reintegrazione del capitale devono assicurare, mediante i necessari raggruppamenti o frazionamenti, la parità di valore nominale delle azioni. Tra le caratteristiche di questi strumenti finanziari vi è anche la loro ammissione di diritto alla quotazione nelle borse valori in cui sono quotate le azioni ordinarie della società.
Le azioni privilegiate sono nominative e, rispetto alle azioni ordinarie, conferiscono al loro titolare un diritto di precedenza nella partecipazione agli utili annuali e nella ripartizione del patrimonio netto risultante dalla liquidazione. Lo statuto fissa di norma la misura minima percentuale di partecipazione agli utili, nella pratica compresa tra il 5 e il 12% del valore nominale per le società quotate in borsa. Lo statuto può prevedere, inoltre, nella distribuzione degli utili, una maggiorazione nei confronti delle azioni ordinarie. Al vantaggio patrimoniale corrisponde però una limitazione alla partecipazione nelle decisioni della società: infatti, sono generalmente azioni a voto limitato (alle sole assemblee straordinarie). Inoltre, una società non può emettere azioni privilegiate in quantità illimitata: in concorso con le azioni di risparmio non possono superare il 50% del capitale sociale; in questo modo si evita una diluizione del capitale sociale che consentirebbe a una minoranza di azionisti ordinari di gestire la società pur disponendo di una quota esigua del capitale di rischio.
Autofinanziamento
L'autofinanziamento consiste delle risorse finanziarie generate dall'azienda e atte a essere reinvestite nell'ordinaria attività di gestione (acquisto di fattori produttivi, trasformazione e vendita dei prodotti/servizi).
Nella prassi esistono differenti accezioni dell'autofinanziamento, dovute al differente livello di analisi cui vengono riferite. Nella prassi pubblicistica e operativa l'autofinanziamento, in questi casi spesso indicato con il termine cash-flow, indica una grandezza economica composta dalla somma dell'utile netto, delle quote di ammortamento dell'esercizio e, a volte, degli accantonamenti al fondo per trattamento di fine rapporto, grandezza utile al fine della formulazione di un giudizio di estrema sintesi sulla redditività dell'impresa, ma non adatto a considerazioni di carattere più propriamente finanziarie come, per esempio, la capacità dell'impresa di finanziare adeguatamente i propri impieghi.
Una seconda accezione del termine autofinanziamento è propria dell'analisi finanziaria riferita ai bilanci delle imprese e riguarda la dinamica del capitale circolante netto fra due distinti periodi di consuntivazione. È noto che l'attività d'impresa consiste nella realizzazione di una formula imprenditoriale per perseguire la quale si attuano investimenti (impieghi) a fronte dei quali è necessario reperire adeguate e sufficienti fonti di finanziamento. Se è vero che la principale fonte di finanziamento è rappresentata dalla redditività della gestione, non sempre questa redditività viene conseguita in forma liquida dalle imprese. Una delle principali cause del fenomeno è dovuta alla necessità di finanziare la crescita del capitale circolante e gli investimenti in capitale fisso. Le risorse prodotte dalla gestione reddituale vengono definite flusso di capitale circolante, e quest'ultimo si determina aggiungendo all'utile netto (o algebricamente alla perdita) le poste del conto economico che non hanno richiesto esborso o generato capitale circolante durante l'esercizio (le quote di ammortamento, l'accantonamento al fondo per trattamento di fine rapporto, ma anche tutti gli altri accantonamenti a fondi spese o fondi rischi). Si noti come i flussi di capitale circolante siano cosa diversa dalle variazioni intervenute nell'ammontare del capitale circolante netto. I flussi di circolante, infatti, laddove positivi, servono a finanziare indifferentemente sia il capitale circolante sia il saldo fra investimenti e disinvestimenti di capitale fisso sia, infine, la dinamica del capitale sociale (riduzioni dovute a rimborsi di quote o al pagamento di dividendi).
Una terza accezione di autofinanziamento si ritrova laddove l'analisi finanziaria venga portata al livello dei flussi monetari, tentando in tal modo di descrivere la dinamica delle disponibilità liquide per determinarne le cause. Il concetto di risorsa sul quale ricostruire la dinamica patrimoniale-finanziaria, infatti, può essere limitato ai flussi di cassa (entrate o uscite di denaro) che si determinano nei momenti terminali dei cicli monetari. Poiché oggetto dell'indagine non sono più i flussi di capitale circolante, i flussi di cassa generati dalla gestione corrente derivano dalla contrapposizione di ricavi e costi monetari, ossia misurati da entrate e uscite di denaro. Tali flussi saranno determinati in misura corrispondente ai flussi di circolante, ai quali andranno sommate le variazioni non liquide del capitale circolante medesimo. Essi saranno quindi uguali a: risultato operativo + ammortamenti – imposte sul risultato operativo + accantonamenti a fondi ± aumento/diminuzione del magazzino e delle voci attive del capitale circolante netto ± aumento/diminuzione dei debiti ricompresi nel capitale circolante netto.
I conteggi predisposti dagli analisti per ricostruire la dinamica finanziaria delle imprese vengono effettuati con appositi prospetti di lavoro e trovano la loro rappresentazione sintetica nel cosiddetto rendiconto finanziario, prospetto che evidenzia le modalità con cui le diverse gestioni aziendali (corrente, tipica, operativa ecc.) hanno generato o assorbito risorse finanziarie e quali tipi di risorse sono stati movimentati (investimenti/disinvestimenti, poste del capitale netto, poste del capitale circolante ecc.). I dati desumibili dal rendiconto finanziario sono di estrema utilità per avere completezza di informazioni circa le modalità operative che hanno informato la gestione dell'impresa e per poter trarre una valutazione esauriente della capacità reddituale e finanziaria dell'azienda analizzata.
I prestiti dei soci possono costituire un'alternativa all'aumento del capitale, specialmente se il fabbisogno finanziario è temporaneo. La remunerazione del prestito, avendo il carattere degli oneri finanziari, è fiscalmente deducibile.
Finanziamenti con capitale di debito a breve termine
Tra le forme di finanziamento con capitale di debito a breve ricordiamo l'apertura di credito in conto corrente, lo sconto di portafoglio, l'anticipazione bancaria, l'accettazione bancaria, il factoring, il commercial paper.
L'apertura di credito è il contratto con il quale una banca si impegna a tenere a disposizione di un cliente una data somma di denaro (fido) per un periodo di tempo determinato o indeterminato. A meno di diverso accordo tra le parti, il cliente può attingere più volte dalla somma e, nel caso di apertura in conto corrente, può effettuare versamenti successivi per reintegrare la propria disponibilità finanziaria. Il corrispettivo al servizio prestato dalla banca consiste in una provvigione; il cliente deve inoltre pagare gli interessi sulle somme attinte. L'entità del fido concesso varia in relazione alle dimensioni dell'impresa, alla sua situazione economico-finanziaria, alla sua reputazione e alle garanzie offerte.
Lo sconto di portafoglio è il contratto con il quale un'azienda di credito anticipa al cliente, previa deduzione degli interessi, l'importo di un credito non ancora scaduto, mediante la cessione salvo buon fine del credito stesso. Il tasso di interesse praticato è normalmente inferiore a quello dell'apertura di credito.
L'anticipazione bancaria è il contratto attraverso il quale una banca (sovvenzionante) concede un prestito a un cliente (sovvenzionato) contro pegno su determinati valori quali titoli mobiliari, merci o titoli rappresentativi di merci e titoli di credito in genere. L'entità della garanzia è generalmente superiore a quella del prestito, al fine di tutelare la banca da oscillazioni delle valutazioni di mercato.
I documenti che comprovano la stipulazione del contratto sono una distinta di valori depositati a garanzia, una polizza di anticipazione, se a scadenza fissa, una lettera contratto, firmata tra le parti, un estratto conto e una staffa, se in conto corrente. I compensi di competenza della banca sono l'interesse per la durata del prestito, la tassa erariale o governativa, di entità diversa secondo il valore dato in garanzia, l'IVA, calcolata sul solo interesse, e lo scarto da dedursi dal valore corrente dei titoli o delle merci.
L'accettazione bancaria è un titolo con il quale una persona fisica o giuridica (traente) ordina a una banca (trattario) di pagare a proprio favore una certa somma a una scadenza fissa (da tre a dodici mesi). La banca, accettando il titolo, diventa obbligato cambiario principale. Una volta accettato dalla banca, il titolo può essere negoziato dal traente direttamente o tramite società di intermediazione (dealers). Il credito di accettazione si annovera tra le cosiddette operazioni di credito di firma (il credito di firma comprende, oltre al credito di accettazione, anche il credito di avallo e di fideiussione). La durata dell'operazione oscilla tra i tre e i dodici mesi; per l'impresa rappresenta, quindi, una forma di raccolta di fondi a breve termine. Alla scadenza l'accettazione viene presentata per il pagamento allo sportello indicato dalla banca accettante. La negoziabilità del titolo rende il costo dell'operazione relativamente basso.
Il commercial paper, o cambiale finanziaria, è un titolo di credito al portatore contenente la promessa dell'emittente (solitamente un'impresa di elevata solidità finanziaria) di pagare una data somma alla scadenza indicata nel titolo (in media 90-120 giorni). Nel documento sono anche specificati l'ammontare dell'interesse praticato, calcolato in base alla differenza tra il prezzo di emissione del commercial paper e il suo valore di rimborso, e la banca presso la quale dovrà essere effettuato il pagamento. Il collocamento è affidato a intermediari specializzati. È vantaggioso per le imprese che godono di una credibilità così alta da reperire fondi direttamente presso gli investitori.
Il factoring è un contratto con il quale un soggetto (factor) assume per conto di un'impresa, l'amministrazione di alcuni o di tutti i crediti di cui questa diviene titolare nel corso della sua attività Il factor viene remunerato con una percentuale del credito gestito. Tale corrispettivo è maggiore se il factor concede al cliente anticipi sull'importo dei crediti o ne garantisce il pagamento, accollandosi il rischio di insolvenza del terzo debitore.
Finanziamenti con capitale di debito a medio-lungo termine
Una forma comune di finanziamento a medio e lungo termine è il mutuo, un contratto con il quale una parte (mutuante) consegna all'altra (mutuatario) una determinata somma di denaro o altre cose fungibili, mentre l'altra si obbliga a restituire altrettante cose della medesima specie e qualità. È in generale a lunga scadenza ed è restituito con rimborsi periodici di quote capitali cui vengono aggiunti gli interessi. Il piano di ammortamento può prevedere il rimborso a quote costanti (in tal caso, la quota capitale aumenta e la quota interessi diminuisce), a quote decrescenti o altre soluzioni (es., una dilazione iniziale con inizio della restituzione a un anno). Le aziende industriali ricorrono ai mutui per finanziare investimenti a utilità protratta nel tempo. La banca solitamente pretende adeguate garanzie (ipoteche su immobili, fideiussioni, avalli ecc.). Il costo è dato dal tasso di interesse.
Le obbligazioni rappresentano il debito pecuniario che la società assume verso i terzi dai quali ha ricevuto il prestito. Questa modalità di finanziamento esterno a medio e lungo termine è riservata solamente alle società per azioni e alle società in accomandita per azioni. Dal punto di vista giuridico le obbligazioni sono titoli di credito autonomi, letterali e astratti, emessi a fronte di un'unica operazione di investimento e che presentano caratteristiche omogenee. Le obbligazioni corrispondono un interesse annuo, semestrale o trimestrale il cui ammontare è commisurato al valore nominale del titolo ed è stabilito a priori all'atto dell'emissione. Il prestito obbligazionario incorpora un diritto di credito, costituito dal diritto al rimborso della somma alla scadenza e al pagamento degli interessi sull'importo dato a credito, del sottoscrittore verso la società che ha emesso il prestito.
La natura creditizia, e non partecipativa al capitale di rischio della società, del rapporto obbligazionario comporta da un lato che il sottoscrittore rimanga totalmente estraneo alle scelte strategiche dell'emittente e, dall'altro, che esistano limitazioni al livello d'indebitamento, dunque alla possibilità di emettere obbligazioni, che vincolano l'operato dell'emittente. Secondo l'art. 2410 cod. civ. il limite fissato all'emissione del prestito obbligazionario è pari all'ammontare del capitale versato ed esistente secondo l'ultimo bilancio di esercizio. Nel caso in cui le obbligazioni siano garantite sino a due terzi del valore (ipoteca su immobili di proprietà sociale, titoli nominativi emessi o garantiti dallo stato, crediti di annualità o sovvenzioni a carico dello stato o di enti pubblici) o sia concessa apposita autorizzazione in considerazione di particolari ragioni di pubblico interesse, tale limite può essere superato. L'obbligo della corrispondenza tra capitale nominale e ammontare del prestito obbligazionario prevede anche che la riduzione del capitale avvenga solo proporzionalmente al rimborso delle obbligazioni stesse. L'organo competente a deliberare l'emissione di obbligazioni è l'assemblea straordinaria degli azionisti, ma tale decisione può essere anche delegata al consiglio d'amministrazione.
Il costo è dato dal tasso di interesse cui si aggiungono la commissione bancaria e quella spettante all'eventuale consorzio di garanzia. Inoltre, generalmente le obbligazioni sono emesse sotto la pari ossia a un prezzo inferiore al valore nominale.
Le obbligazioni convertibili sono titoli a reddito fisso che, oltre alle caratteristiche tipiche delle obbligazioni, conferiscono al possessore la facoltà di modificare il proprio status giuridico: da creditore della società a socio della medesima o di un'altra. In momenti prefissati, determinati all'atto dell'emissione (periodo di conversione), l'obbligazionista può scegliere tra il rimborso dell'obbligazione sottoscritta o la conversione del titolo in una o più azioni; in quest'ultimo caso l'obbligazionista si trasforma da creditore in azionista, modificando l'investimento obbligazionario in investimento azionario. Il rapporto di conversione esprime il numero di obbligazioni convertibili che occorre consegnare per ottenere un certo numero di azioni. Il metodo di conversione può essere diretto, se le azioni offerte sono azioni della stessa società che emette le obbligazioni, o indiretto, se le obbligazioni sono convertibili in azioni di società diverse da quella che le ha emesse. L'obbligazione convertibile offre un tasso d'interesse inferiore a quello ottenibile dalle obbligazioni ordinarie con stesse caratteristiche di durata e rischio (generalmente tale differenza è di circa 3-4 punti percentuali). Il prezzo di mercato dell'obbligazione convertibile si considera formato da tre elementi distinti. La prima componente è il bond value, cioè il valore obbligazionario rappresentato dal prezzo che avrebbe il titolo privo dell'opzione di conversione, e viene calcolato come la somma attualizzata dei flussi futuri di cassa offerti dal titolo. Il bond value costituisce perciò il prezzo minimo della convertibile. Il secondo elemento del prezzo è il valore di conversione, dato dal prodotto tra il rapporto di conversione e la quotazione dell'azione di compendio; costituisce una misura del controvalore del titolo obbligazionario in termini di azioni offerte in caso di conversione. L'ultima componente è costituita dal premio che il mercato attribuisce al titolo convertibile e dipende dalle probabilità di ottenere un capital gain in caso di cessione del titolo o di conversione. Per questo la quotazione di una obbligazione convertibile è strettamente correlata all'andamento dei prezzi dell'azione di compendio. Al crescere della quotazione azionaria aumenta il valore dell'opzione di conversione e il prezzo della convertibile può anche superare il valore di conversione.
Esistono diverse altre categorie di obbligazioni. Le obbligazioni indicizzate sono caratterizzate dalla rivalutazione del loro valore capitale o degli interessi periodici, o ambedue, secondo un certo parametro di natura finanziaria, valutaria o reale. Le obbligazioni con clausola bull and bear (toro e orso) sono titoli a reddito costante con valore di rimborso variabile indicizzato all'andamento di un parametro borsistico. Le obbligazioni con warrant sono titoli obbligazionari che incorporano un diritto speciale denominato warrant o buono di sottoscrizione che attribuisce al possessore del titolo la facoltà di sottoscrivere, a condizioni e in tempi prefissati, un determinato numero di azioni della medesima società o di altre società. Le drop lock bonds sono obbligazioni a tasso variabile con la previsione di una soglia minima di rendimento (trigger rate) sotto la quale scatta la clausola di conversione automatica del prestito in un prestito a tasso fisso.
Il leasing finanziario è un'operazione di finanziamento attuata da un intermediario finanziario il quale acquista, sulla base delle indicazioni del cliente che lo utilizzerà, un bene che concede poi in uso al cliente stesso dietro versamento di un canone e con possibilità di riscatto finale.
La struttura del capitale
Obiettivo dell’impresa è definire la struttura del capitale ottimale, determinando la combinazione delle diverse fonti di finanziamento che minimizza il costo del capitale. Questo si può definire la media ponderata dei costi dei diversi tipi di capitale, di debito o azionario, utilizzati dall’impresa per finanziare i propri progetti.
Private equity e venture capital
Il private equity è una forma di finanziamento d’impresa che rappresenta almeno in parte un’alternativa sia al finanziamento sul mercato mobiliare (emissioni di azioni) sia all’indebitamento. Consiste essenzialmente nella partecipazione nel capitale di rischio dell’impresa – solitamente si tratta di piccola e media impresa - di investitori istituzionali (merchant banks, fondi chiusi ecc.). Più precisamente, si tratta dell’impiego di risorse finanziarie da parte di operatori specializzati, sotto forma di partecipazione al capitale azionario o di sottoscrizione di titoli obbligazionari convertibili in azioni, per un arco temporale medio-lungo, in aziende dotate di un progetto con elevato potenziale di crescita. L’investitore offre, nello stesso tempo, esperienze professionali, competenze tecnico-manageriali e una rete di contatti con altri investitori e istituzioni finanziarie.
Il private equity si differenzia dal venture capital, in quanto, mentre quest’ultimo ha l’obiettivo di finanziare nuove iniziative imprenditoriali con potenziale di crescita (start-up),
esso interviene nelle fasi successive a quella dell'avvio del ciclo di vita delle aziende (sviluppo e cambiamento), con la finalità di supportare la crescita e l’implementazione di programmi di sviluppo di aziende già esistenti. L'investitore istituzionale è per definizione un socio temporaneo: dopo alcuni anni, conseguiti gli obiettivi di creazione del valore dell'azienda, il suo intervento si conclude con il disinvestimento e la realizzazione del capital gain. Il disinvestimeno può assumere una delle seguenti forme:
• IPO (Initial Public Offering) ovvero la cessione della partecipazione mediante offerta pubblica di vendita su un mercato regolamentato.
• Trade sale ovvero la cessione della partecipazione attraverso una trattativa privata con nuovi soci.
• Secondary buy-out ovvero acquisto della società partecipata da parte di un altro investitore finanziario.
• Buy-back ovvero riacquisto delle azioni da parte della società stessa entro i limiti fissati dalla legge.
La modalità di cessione preferita dagli investitori è la trade sale in quanto consente una dismissione integrale della partecipazione, attraverso trattativa privata, con un'unica controparte.