A scuola di musica: i conservatori in Italia
Roland Barthes diceva che: “Ci sono due tipi di musica: quella che si ascolta, quella che si suona”. La musica è parte integrante della vita: può cambiare il nostro stato d’animo da un momento all’altro, esaltare i momenti più felici e risvegliare ricordi.
C’è chi, da autodidatta o frequentando il conservatorio, ha fatto del suono una vera e propria professione, talvolta arrivando al successo.
Ma cos’è e a cosa serve il conservatorio?
Si tratta di una scuola di musica che preserva questa disciplina e ne diffonde le tecniche e gli insegnamenti. In passato si dedicava al conservatorio un periodo che andava dagli 8-9 anni fino anche ai 10 e si usciva dalla scuola di musica in età adulta senza avere un vero e proprio titolo. Oggi questi istituti rilasciano un diploma che equivale alla laurea universitaria.
Questo tipo di percorso di studi permette di conseguire un diploma di primo livello, riconosciuto anche come laurea breve, che successivamente si può integrare con quello di secondo livello che equivale ad una specializzazione ovvero ad una laurea magistrale.
Il conservatorio istruisce l’allievo in base alle sue doti e le sue preferenze: dal canto alla pratica di uno strumento musicale, dal solfeggio al canto corale e dalla composizione musicale all’opera lirica. Le discipline tra le quali scegliere sono dunque multiple, ma non tutti possono frequentare un’accademia del genere, o meglio: non tutti sono portati ad intraprendere un percorso musicale se non si hanno predisposizione e doti annesse alla materia.
Di conservatori in Italia non ne mancano: i più vecchi o antichi, chiamati all’epoca “ospitali”, sono nati a Venezia e a Napoli come luoghi in cui accogliere i giovani bisognosi. Ma anche a Palermo è sorto uno dei primi istituti musicali nato come “Ricovero dei fanciulli vaganti” e divenuto, poi, nel 1889 “V.Bellini”.
Non esiste conservatorio migliore o peggiore di un altro poiché tutto dipende dal tipo di percorso che si vuole intraprendere; ad esempio: imparare a suonare il pianoforte in un conservatorio ritenuto specializzato in quella specifica disciplina sarà sicuramente migliore che imparare altrove, e allo stesso tempo (forse) tale scuola sarà meno indicata per chi, invece, vuole perfezionarsi nel canto lirico.
Fra i conservatori più rinomati d’Italia vi è quello di Parma: Arrigo Boito, con un’area dedicata al museo e all’archivio storico dell’istituto. Un’altra città orgogliosa del suo patrimonio culturale e musicale è Napoli, dove sono nati i quattro conservatori tra i più “vecchi” d’Italia, dei quali esiste ancora quello di San Pietro a Maiella.
Una città, un conservatorio: il Santa Cecilia a Roma, il Luigi Cherubini a Firenze, il Giuseppe Tarantini a Trieste, il Pierluigi da Palestrina a Cagliari, il Giuseppe Verdi a Milano e tanti altri situati nelle regioni italiane che fanno della musica un patrimonio e una disciplina da tutelare in tutti i suoi generi e in tutte le sue forme.