Paul Gauguin e la pittura dell’altrove
Una vita in viaggio, da qui ogni ispirazione di Paul Gauguin: il pittore nato in Francia, e per tutta la vita attratto dall'esotico, ha dato il suo imprescindibile contributo al simbolismo nell'arte. Biografia e maggiori opere del pittore dell'altrove.
Paul Gauguin è il rappresentante per eccellenza delle espressioni artistiche del XIX secolo perché nella sua breve vita le indagò tutte. Si avvicina alla pittura come collezionista, per iniziare a dipingere lui stesso con il consueto esordio in un approccio imparato secondo i canoni accademici, presto abbandonati grazie alla sua inesauribile curiosità che lo porta a bruciare le tappe e persino anticipare tutte le tendenze artistiche del secolo in cui visse: prima passa una pittura impressionista che vuole impressionare nel senso fotografico la realtà sulla tela. Negli anni 80 si trasferisce in Bretagna e fonda un modo affatto nuovo e rivoluzionario nella storia dell'arte: il simbolismo con cui cade l'idea che la pittura dovesse rappresentare la realtà in favore della proposta che la debba piuttosto immaginare, nel senso di renderne l'immagine. Questo nuovo modo verrà fatto proprio dalla Scuola di Pont-Aven da maestri inarrivabili, come Vincent Van Gogh, ma anche il Novecento ha un debito con Gauguin.
Gauguin e i suoi viaggi
Paul Gauguin nasce il 7 giugno 1848 nel quartiere di Montmatre a Parigi, ma mai si sentì parigino, perché quando stava nella capitale francese gli sembrava di attraversare “un deserto per chi è povero”, per questo un artista come Gauguin fertile di sogni la fuggì tutta la vita. Il primo allontanamento risale al 1851, quando partì con la famiglia in Perù, dove la famiglia della madre si era trasferita ai tempi della conquista delle Americhe. La famiglia, orfana del padre, torna in Francia nel 1855, studia in collegio a Orléans, ma il passaggio dalla lingua spagnola a quella francese complica i risultati scolastici. Si iscrive, quindi, alla scuola navale, ma viene respinto anche in questo caso per scarso rendimento. Nel 1865 si imbarca come marinaio sul Luzitano, una nave mercantile, e nel 1866 è assunto come luogotenente sul Chili con cui effettua il periplo del mondo in 13 mesi.
La sua indole esplorativa approda alla pittura negli anni '70 del 1800: nel 1867 dopo la morte della madre Gauguin viene affidato al tutore Paul Gustave Arosa, che lo inserisce in un'agenzia di cambio che gli consente una buona stabilità economica. I primi approcci alla pittura avvengono con la visita a mostre e musei e con investimenti nell'acquisto delle principali grandi firme dell'impressionismo dal gallerista Paul Durand Ruel, primo sostenitore degli impressionisti. Passò dall'altra parte del mercato dell'arte sotto la guida di Marguerite Arosa, con cui inizia a dipingere e frequentando poi i corsi dell'accademico Colarossi.
Tra il 1873 e il '74 esegue per lo più pittura di genere di impostazione tradizionale ma dimostra già curiosità per le proposte più originali della scuola di Barbizon e degli impressionisti, che comincia a frequentare sempre più assiduamente, fuggendo dall'ambito accademico del Salon, nel quale è esposto, nel 1876, un suo paesaggio.
Le prime mostre al Salon des refusés
Già nel 1879, arrivano le prime mostre, ma cambiano nettamente circuito espositivo: Gauguin è invitato a portare un marmo alla quarta mostra degli impressionisti, che esponevano al di fuori del Salon ufficiale, dal quale i loro quadri venivano rifiutati. Nel 1880 sarà nuovamente invitato al Salon des refusés alla quinta mostra degli impressionisti, nonostante l'opposizione di Renoir e Monet che lo ritengano ancora un dilettante. Qui esporrà 7 dipinti e un busto; nel 1881 Gauguin lavora intensamente e partecipa con 8 quadri e due sculture alla sesta mostra degli impressionisti; l'anno successivo è presente con 13 opere nella massima rassegna degli impressionisti, ma i giudizi della critica sono poco lusinghieri, perde il lavoro in Borsa, ma decide di dedicarsi sempre più freneticamente all'attività pittorica, motivo per cui si separa anche dalla moglie danese Mette, dalla quale aveva avuto 5 figli.
Il simbolismo di Gauguin
Nel 1886 espone 19 opere all'ultima mostra degli impressionisti, ma le sue opere sono giudicate da critica e pubblico di scarso interesse. Deluso e amareggiato investe gli ultimi risparmi per compiere un viaggio in Bretagna per trovare nuovi motivi di ispirazione in una terra che avesse conservato intatti i suoi usi e costumi e si ferma a Pont-Aven da sempre legata alle sue tradizioni popolari, già polo d'attrazione di molti artisti, soprattutto stranieri; Gauguin ne fu suggestionato dalla lettura del “Voyage en Bretagne” di Flaubert.
Qui incontra vari pittori, tra cui Charles Laval ed Emile Bernard, passa la giornata a dipingere e poco a poco finisce per imporsi: “A Pont-Aven sono io che faccio il bello e il cattivo tempo, tutti gli artisti mi temono e mi amano: nessuno resiste alle mie convinzioni”.
Interrompe il soggiorno a Finistère per un breve soggiorno prima a Panama, poi a Parigi, dove conosce i fratelli Vincent e Theo Van Gogh, quest'ultimo riesce a vendere alcuni suoi dipinti, che gli permettono un secondo soggiorno a Pont-Aven, segnante una svolta fondamentale nella sua evoluzione creatrice: la permanenza in Bretagna è molto importante per Gauguin e per la storia dell'arte, infatti, rivoluziona e trasforma radicalmente il modo tradizionale di dipingere, dando vita a quella che si chiama Scuola di Pont-Aven. quando arriva Paul è conosciuto per le sue partecipazioni alle mostre degli impressionisti ma ben presto gli altri pittori si accorgono che la sua arte si sta allontanando da quei canoni per imboccare una strada nuova, quella della pittura simbolista. Quando torna a Pont-Aven il giovane Paul Serusier, già allievo dell'Accademia Julian a Parigi, chiede a Gauguin delle lezioni di pittura e così molti altri futuri pittori. Nel secondo soggiorno a Pont-Aven, Gauguin lavora sempre più assiduamente con Bernard e perfezionano un nuovo modo di dipingere: lo stile simbolista, che semplifica la realtà non più dal vero ma filtrandola attraverso la memoria.
È detto anche cloisonnisme, perché si ispira alle linee continue che delimitano il colore nelle vetrate gotiche. Agli antipodi del naturalismo degli impressionisti, questo nuovo stile permette di dipingere non più ponendosi di fronte all'oggetto ma estrapolandolo dall'immaginazione che l'aveva recepito. L'artista non è più obbligato a rispettare la forma e i colori della realtà ma può esprimere liberamente la sintesi elaborata delle proprie emozioni. Gauguin rimarrà a Pont-Aven per tutto il 1888 insieme con Vincent Van Gogh, che con lui sviluppa e approfondisce questo approccio anti-naturalistico, diventando sempre più sicuro è consapevole delle proprie capacità espressive.
La visione dopo il Sermone
A questo periodo risale La visione dopo il sermone (1888), che rappresenta la tappa fondamentale nella crescita artistica di Paul: segna il passaggio dall'impressionismo al simbolismo, tela che sconvolse per l'originalità Pisarro, perché la scena raffigurata non è un episodio reale, ma – come indica chiaramente il titolo – è una visione mistica che si figura nelle menti delle contadine bretoni che, uscite dalla chiesa dove hanno udito il parroco commentare il passo della Genesi della lotta di Giacobbe con l'angelo interpretato come simbolo delle lotte interiori che si svolgono nella coscienza dell'uomo. Gauguin immagina il fervore delle donne tale da rendere visibile e reale quanto hanno ascoltato e stanno meditando nella loro mente, visione trasmessa dalle donne di profilo in primo piano con gli occhi chiusi e da loro tutte con le mani giunte proprie della meditazione. A dimostrazione che il pittore guarda sempre oltre, è notevole la presenza di tanti giapponismi, quali la posizione di Giacobbe e dell'angelo, ripresa da una stampa di Hokusai, e l'albero che taglia in diagonale dividendo la visione mistica sfogata da quella avvenuta. Dal punto di vista tecnico Gauguin si avvale di un’apparente semplicità offerta dalla tecnica del cloisonnisme (ovvero il contorno nero marcato delle figure, tipica delle vetrate della chiesa) e dalla piattezza bidimensionale delle campiture, ottenendo così immediata attenzione e comprensione da parte dello spettatore. L'uso dei giapponismi, fortemente decorativi e di campiture nette di colore dichiarano che siamo di fronte non a un'imitazione della realtà, ma a una sua rappresentazione che, come direbbe René Magritte, altro non è che un “Tradimento delle immagini”.
Il legame tra Van Gogh e Gauguin
Dopo Panama, Gaugain torna a Parigi a metà novembre del 1887 e riprende a dipingere con Bernard, partecipando a un'esposizione improvvisata che Vincent Van Gogh organizza al ristorante Tambourin di Montmartre. In quest'occasione entra in contatto anche con Theo, fratello di Vincent, mercante d'arte. Nel 1888 Vincent Van Gogh si reca ad Arles dedicandosi alla pittura con rinnovato vigore ed entusiasmo, aiutato economicamente dal fratello Theo, che invita Gauguin a raggiungerli. Il pittore da Pont-Aven si reca ad Arles nella mattina del 23 ottobre 1988.
I due vivono insieme nella “casa gialla” e trascorrono le giornate a dipingere insieme e a confrontare le proprie opere e la propria concezione di pittura. Il loro equilibrio è instabile e la loro diversità di carattere finirà per allontanarli inesorabilmente. Troppo diversi per caratteri ed educazione; così fieri della stessa libertà e indipendenza Vincent sogna una scuola pittorica in Provenza una confraternita di artisti che condividano gli stessi ideali e che vedano nell'arte un compito educativo, una missione quasi sacra per trasmettere il senso di bellezza e grazia agli uomini; Gaugain invece segue altre direzioni.
Liti continue
Ogni discussione su qualsiasi argomento serio o banale spesso sfocia in litigi violenti e a Gauguin l'ambiente angusto di Arles lo fa sentire come un leone in gabbia, ha bisogno di partire al più presto alla ricerca di avventure esotiche al di fuori dell'Europa. Van Gogh temendo di perdere l'amico e di ripiombare nella solitudine comincia a tormentarlo con scenate isteriche di gelosia che producono l'effetto contrario a quello desiderato. Finché all'inizio di dicembre, Gauguin esegui il ritratto dell'amico mentre dipinge i girasoli. Gauguin fa un ritratto severo e impietoso di Vincent che mette in evidenza con crudele precisione i segnali di squilibrio mentale di Vincent, che se ne accorge, come scrive Gauguin nel suo diario, l'amico disse: “Sono davvero io, ma io diventato pazzo”. Allo stesso modo Vincent scrisse a Theo: “Sono proprio io, oltremodo affaticato e carico di tensione”.
Il 23 dicembre, durante una lite, Van Gogh aggredisce l'amico con un coltello in mano, e Gauguin spaventato trascorre la notte in un albergo di Arles e decide di partire al più presto per Parigi. Van Gogh rivolge contro se stesso la sua rabbia e la sua frustrazione mutilandosi l'orecchio che consegna in maniera melodrammatica a una prostituta che frequentava. Gauguin e Theo assistono Vincent per un paio di giorni poi partono per Parigi. I due non si rivedranno mai più. Nel suo diario, Gauguin ricorda la breve convivenza: “Quanto tempo siamo stati insieme? Non saprei dirlo, l'ho completamente dimenticato, malgrado fossi preso dalla febbre del lavoro, quel tempo mi sembrò un secolo . Il pubblico non se neaccorse, ma facemmo un lavoro enorme, utile ad ambedue. Forse anche ad altri. Certe cose, Prima o poi, danno i loro frutti”.
Gauguin torna a Pont-Aven, che lascia presto innervosito dall'afflusso di turisti diventato di massa. Si trasferisce nella vicina Le Pouldu, dove, a contatto con la natura, trae ispirazione per uno stile dai forti contrasti.
Gauguin a Tahiti
Sempre alla ricerca di nuovi stimoli, nel 1891, si imbarca per Papeete, il porto più importante di Tahiti. Inizialmente vive facendo ritratti. Deluso presto da Papeete, troppo contaminata dagli europei, cerca un ambiente più puro e selvaggio prima a Pacca, poi a Mateïa, dove affitta una capanna di bambù ricoperta da foglie di palma, immersa nella vegetazione tropicale e davanti a una laguna azzurra, Gauguin impara la lingua, adotta il semplice stile di vita, usi e costumi locali e sposa Thea amana, una giovane ragazza del luogo. Tutti gli abitanti dei suoi quadri tahitiani sono caratterizzati da fascino esotico e malinconia. I personaggi decentrati hanno un'aria triste e pensierosa. Al livore degli stati d'animo si contrappone la vivacità dei colori della natura e delle vesti anch'esse fiorite.
Il ritorno a Parigi e la prima personale
Più povero e malato di quando è partito, Gaugain rientra a Parigi dove espone nella sua prima personale 44 opere: 6 bretoni 38 tahitiane e 2 grandi sculture, ancora un volta non capito, non ottiene successo, pur suscitando l'entusiasmo dei giovani Nabis e il giudizio di Mallarmé secondo cui "È incredibile che qualcuno riesca a mettere tanto mistero in tanto splendore". Non gli interessa che pubblico e critica non capiscano la sua arte, anzi mantiene i titoli in lingua maori con il desiderio di spiegare e illustrare la cultura di quelle isole, ma ottiene soltanto ilarità e scherno, e riesce a vendere solo 11 opere.
La miseria e la malattia
A Parigi Gauguin dà volutamente scandalo con un atteggiamento provocatorio e sopra le righe eccentrico e disinvolto. Nel 1894 torna in Bretagna, ma gli artisti della scuola di Pont-Aven hanno già intrapreso una loro strada e si mostrano meno interessati alle sue lezioni, così nel 1895 va a Copenaghen in visita ai suoi figli, che vedrà per l'ultima volta. In una lettera a William Molard scrive: “Ho perduto ogni coraggio, a furia di soffrire, soprattutto di notte, non riesco a dormire. Per il resto ho preso la decisione inderogabile di andarmene per sempre in Oceania” E così fa: nel luglio 1895 si imbarca per l'Oceano Pacifico, il viaggio dura 2 mesi, durante la sosta in Nuova Zelanda studia le collezioni di arte maori esposte al museo etnografico. Arriva a Papeete a 47 anni, nonostante abbia pochi soldi in tasca e sia gravemente malato (ha pure contratto la sifilide), i suoi ultimi anni di vita sono caratterizzati da un'intensa creatività. Si trasferisce a Pahura, compra un terreno e si costruisce una capanna tradizionale tahitiana di bambù che decora con le sue sculture ospita come modella e compagna una quattordicenne, da cui ha una figlia che muore dopo pochi mesi. Nel giro di pochi anni perde anche due figli a Copenaghen, in particolare, la perdita della figlia prediletta Alina all'età di 20 anni lo getterà in una profonda depressione, aggravante le sue già precarie condizioni di salute, al punto che tenta il suicidio tramite arsenico. A fine della vita paga le cure mediche sempre più necessarie prima con un lavoro nell'ufficio catastale di Papeete, poi passando al lavoro da giornalista, già professione del padre. Nel marzo 1900 finalmente riesce a intravedere la possibilità di vivere della sua arte firmando un contratto con il gallerista parigino Vollard, che si impegna a pagargli 300 franchi al mese in cambio di 20/25 quadri all'anno. Nel 1901 si imbarca per le Isole Marchesi a 1400 km da Tahiti, alla ricerca di nuovi stimoli per la sua arte ma con rammarico scopre che la presenza dei missionari hanno fatto perdere alla popolazione locale le usanze e la primitiva struttura sociale, introducendo quelle occidentali da cui è sempre fuggito inutilmente.
Costruisce la sua ultima casa che chiama a smacco dei missionari “Casa del piacere”, descritta come “uno scenario sontuoso e funereo, come s'addiceva a una tale agonia. Fu splendido e triste e [Gauguin] circonfuse con le giuste tonalità, l'ultimo atto di una vita vagabonda”.
La morte
Gli ultimi anni di vita di Gauguin sono segnati dalla malattia e anche da controversie con la gendarmeria locale. Finisce addirittura in prigione per diffamazione del governatore. Eppure riesce a spedire ancora a Vollard 14 dipinti e vari disegni saranno le sue ultime opere, L'8 maggio 1903 Gauguin muore forse per una crisi cardiaca dovuta a una dose eccessiva di morfina usata per lenire i dolori. Accanto a lui ci sono uno stregone maori e un pastore protestante, cosicché anche in punto di morte è rincorso dalla sua duplice natura di uomo europeo che vuole vivere come primitivo.
Manao Tupapau (Lo spirito dei morti veglia)
Come è avvenuto per le contadine bretoni de La visione dopo il sermone, anche Gauguin - che alle ore 11 lasciava per sempre questo mondo che da continente a continente a continente aveva conosciuto - doveva essersi immaginato come vegliato in una visione da Tupapau, lo spirito dei morti, dipinto in diverse opere tahitiane tra cui “Parsu ne te varua Ino” e un'opera del 1892 proprio intitolata allo spirito, ritratto come gli idoli incas o polinesiani scolpiti in legno e pietra che tanto lo avevano affascinato. Tupapau veglia sul corpo di Thea amana, sua moglie tahitiana, nuda distesa sul letto a pancia sotto ad aspettarlo. Ritratta come l'"Olympia" di Manet (la prima rifiutata dal Salon dell'Accademia). Ma con gli occhi atterriti. Quindi una prostituta, con la quale intende documentare i culti e i costumi tahitiani in un'epoca in cui tale società era avvelenata dall'annessione alla Francia e dall'ingerenza del cattolicesimo, religione secondo il pittore improntata a una tavola di valori soffocante la vitalità e antitetica allo stato di natura. "Per me è semplicemente un nudo oceanico", scrive Gauguin. Il pittore considera questo dipinto emblematico per la semplificazione delle forme e l'appiattimento delle superfici, il più importante del suo primo soggiorno tahitiano (non vuole venderlo per meno di 2.000 franchi). Ne spiega più volte la genesi in lettere e racconti di viaggio e lo inserisce in un suo autoritratto.
L'eredità di Paul Gauguin
L'esperienza di Gauguin in Polinesia, che suscita prima perplessità e ironia, dopo che le sue opere verranno finalmente capite, altri artisti, come Emil Nolde ed Henri Matisse, decidono di ripercorrere il suo percorso, sperando di riuscire a fare vivere le atmosfere che Gauguin per primo seppe rendere magiche. Gauguin tramanda il suo testamento pittorico, secondo Maurielle Neveux, autrice di “Gauguin. L'alchimia dell'altrove” (White Star, 2020), nella monumentale tela “Da dove veniamo? Cosa siamo? Dove andiamo?”. “Scritto in alto a sinistra, il titolo formula gli interrogativi dell’uomo di fronte al destino. Il quadro va letto da destra a sinistra, e raffigura numerosi personaggi, alcuni usciti da opere precedenti, posizionati in un paesaggio superbo dominato dalle tonalità di verde e di blu. L’artista ha piegato la scena al suo amico Monfreid. La recensione completa su Maurielle Neveux, “Gauguin. L'alchimia dell'altrove”, edizione White Star nella collana Il museo ideale.
Laura Cusmà Piccione