George Orwell, scrittore visionario e paladino contro i totalitarismi

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Sebbene lontano nel tempo e nello spazio, George Orwell riuscì ad anticipare temi caldi del suo e del nostro tempo grazie ai romanzi scritti negli anni Quaranta: l'allegoria politica di La fattoria degli animali e la narrazione distopica 1984.

Visionario, intellettualmente ritenuto "fin troppo onesto", certamente interessato e attento alle cause delle classi sociali più svantagiate: così George Orwell è considerato per il suo lavoro in letteratura e per il suo apporto alla riflessione politica e sociale non soltanto del suo tempo. I romanzi 1984 e La fattoria degli animali sono, infatti, testi di una lucida preveggenza dei cambiamenti sociali che hanno investito tutto il Ventesimo secolo e ancora oggi rispondono perfettamente a quanto la sua scrittura, quasi ad attribuirgli uno scopo politico, andava prevedendo.

Infanzia e studi

George Orwell è nato in India il 25 giugno 1903 ma l'infanzia è vissuta in Inghilterra, nel college di St Cyprian a Eastbourne e poi nel prestigioso Eton College, il cui accesso gli è reso possibile grazie a una borsa di studio.

A St Cyprian subì l'emarginazione da parte dei compagni provenienti da famiglie ricche, la loro chiusura mentale e lo snobismo degli insegnanti, spesso subì punizioni corporee; mentre al college cominciò a coltivare i suoi interessi intellettuali grazie al maestro Aldous Huxley, autore di narrativa distopica, che lo lasciava libero di scegliere gli argomenti dei suoi saggi e lo aiutò a sviluppare il suo stile letterario.

Al termine degli studi, Orwell decise di tornare in India per arruolarsi nella Polizia imperiale in Birmania, incarico che abbandonò nel 1927, per le sue idee antimperialiste. Ritornato a Londra, intese condurre un esperimento sociale che gli permettesse di descrivere nel modo più realistico possibile problemi e difficoltà affrontate dalle classi più povere. Indossava abiti usati e trascorreva lunghi periodi vivendo nelle zone più malfamate di Londra in compagnia di senzatetto. 

 

George Orwell e la working class

Nel 1928 andò a lavorare come scrittore a Parigi ma, persi i pochi guadagni, dovette accettare lavori ben più umili. Raccontò questi contatti ravvicinati con la povertà in Down and Out in Paris and London (Senza un soldo a Parigi e Londra), criticando la vita provinciale inglese. Iniziò a interessarsi alle teorie politiche radicali e ben presto sviluppò un interesse per il socialismo e le condizioni di vita delle classi operaie. Inasprì le sue critiche alla borghesia inglese nei suoi successivi romanzi: A Clergyman’s Daughter (La Figlia del Reverendo, 1935) e Keep the Aspidistra Flying (Fiorirà l’Aspidistra, 1936)

Nel 1937 pubblicò The Road to Wigan Pier (La Strada di Wigan Pier) con i risultati di un’indagine sulle condizioni di vita dei minatori, degli operai delle fabbriche e dei disoccupati nelle regioni del nord dell’Inghilterra negli anni della depressione economica. Nel 1936 si unì al Partito operaio di unificazione marxista contro il dittatore Franco. Ferito in battaglia tornò in Inghilterra e scrisse della sua esperienza nel 1938 in Homage to Catalonia (Omaggio alla Catalogna). Cercò invano di arruolarsi durante la Seconda guerra mondiale

Sebbene lontano nel tempo e nello spazio, Orwell riuscì ad anticipare temi caldi del suo e persino del nostro tempo, soprattutto grazie a due romanzi, scritti verso la fine della sua vita negli anni Quaranta: l'allegoria politica di La fattoria degli animali e la narrazione distopica 1984, scritto tra i periodi trascorsi in ospedale dove era in cura per la tubercolosi, che lo uccise il 21 gennaio del 1950 a soli 47 anni.

La fattoria degli animali

La fattoria degli animali (Animal Farm) è un romanzo allegorico di George Orwell pubblicato per la prima volta il 17 agosto 1945. 

 

Trama

Racconta della ribellione a Mr Jones, l'alcolizzato padrone, da parte degli animali della fattoria Manor per instaurare una loro democrazia. I maiali Napoleon e Palladineve sono a capo della rivoluzione che però presto degenera. Infatti Napoleon, dopo aver bandito Palladineve, introduce una nuova costituzione: “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”. La dittatura e la repressione fanno riappacificare gli animali con gli uomini che ormai non appaiono più agli ex-rivoluzionari molto diversi da loro. 

 

Significati del romanzo

Il libro riflette sugli eventi che portarono alla Rivoluzione russa e successivamente all'era staliniana dell'Unione Sovietica. Orwell, socialista democratico, era estremamente scettico sulle intenzioni e le azioni di Stalin e usa il romanzo per evidenziare quanto distruttive e catastrofiche sarebbero state le conseguenze. Fornisce una panoramica della storia dell'Urss, delle sue figure chiave e del lato oscuro dei piani di Stalin. Fu critico nei confronti di Stalin e ostile allo stalinismo, atteggiamento che fu criticamente modellato sulla base delle sue esperienze durante la guerra civile spagnola.

Le tematiche affrontate narrano con crudezza gli orrori della rivoluzione, i disastri ambientali e le deformità della figura umana, fino a mutarli in maiali, a dipingerne la corruzione morale – come avevano fatto in pittura gli espressionisti, o come farà Pier Paolo Pasolini in Porcile.

L'alcolismo del padrone è allegoria della degenerazione del potere dello zar. Palladineve rappresenta un idealista, forse Leon Trotsky, mentre Napoleon, un despota privo di morale, rappresenta Stalin. Con il suo comportamento dimostra che il potere corrompe gli uomini. Il cavallo Boxer, sfruttato dai maiali per la sua forza fisica, è un animale leale simbolo della classe operaia, che lavora senza sosta per rendere la vita dei potenti agiata, ricevendo in cambio soltanto povertà e sofferenza. 

Nonostante sia evidente chi dell'Urss si celi dietro i protagonisti del romanzo allegorico, La fattoria degli animali prende di mira tutte le dittature e anche la natura corrotta, l’egoismo, l’avidità e l’indifferenza dei leader delle rivoluzioni, che hanno imposto regole sulle popolazioni da loro guidate che essi stessi non rispettavano. Gli scritti precedenti in cui ha trattato il tema della povertà sembrano riassunti nella visione che dà in questo romanzo. Lo scrittore mette in grugno al Vecchio maggiore, primo istigatore alla rivolta, che rappresenta Lenin, avendo dato via alla rivoluzione senza pensare alla sua attuazione pratica: “La nostra vita è misera, faticosa e breve. Si nasce e ci viene dato quel cibo appena sufficiente per tenerci in piedi e quelli di noi che ne sono capaci sono forzati a lavorare fino all'estremo delle loro forze; e nello stesso istante in cui ciò che si può trarre da noi siamo scannati. Non vi è animale in Inghilterra che, dopo il primo anno di vita, sappia che cosa siano la felicità e il riposo. Non vi è animale in Inghilterra che sia libero. La vita di un animale è miseria e schiavitù”. Sempre il Vecchio maggiore dà una lucida interpretazione dell'uomo del boom economico che da lì a 10 anni si sarebbe evoluto o devoluto: “L’uomo è la sola creatura che consuma senza produrre. Egli non dà latte, non fa uova, è troppo debole per tirare l’aratro, non può correre abbastanza velocemente per prendere conigli. E tuttavia è il signore di tutti gli animali. Li fa lavorare e in cambio dà ad essi quel minimo che impedisca loro di morir di fame e tiene il resto per sé”.

Essendo un romanzo allegorico, usa un registro il più diretto possibile, quasi colloquiale, che non manipolasse le menti e i lettori. Tutto il romanzo è caratterizzato da uno stile semplice, satirico dove abbondano metafore e allegorie.

1984 (Nineteen eihty-four)

Nel 1949, Orwell torna a scrivere di regimi dittatoriali in un libro davvero promettente che si intitola 1984, che subito riceve recensioni entusiaste da ogni parte del mondo.

 

Trama

La vicenda è ambientata nel futuro mondo del 1984 diviso, dopo una bomba atomica lanciata nel 1965, in tre Stati dittatoriali: Oceania, Eurasia e Asia Orientale. Queste tre superpotenze continuano a farsi guerra per mantenere il controllo sulla società che viene amministrata e governata da un unico partito con a capo il Grande Fratello, una sorta di entità che nessuno ha mai visto, ma che controlla tutto e tutti tramite la tv e i teleschermi che sono installati forzatamente in ogni abitazione e che diffondono propaganda in ogni istante.

A questo mondo ipercontrollato cerca di sfuggire Winston Smith, giornalista e scrittore che lavora per il ministero della Verità e il cui compito è di riscrivere vecchi articoli di giornale così che la storia possa essere modificata secondo quanto vuole il governo. Winston, però, non condivide le idee degli altri membri del Partito e per questo comincia a ribellarsi al regime, scrivendo la verità dei fatti su un diario. Ha con Julia una relazione proibita, presto scoperta e perseguitata dalla psicopolizia, che li sottopone a una terapia riabilitativa finché non guariscono: si tradiscono a vicenda, rinnegano i loro ideali e confessano le loro colpe. Il protagonista ridotto ad automa rimpiange il suo tradimento al Grande fratello. 

 

Significati del romanzo

Oltre alle dittature, tema centrale è la massificazione: tutti gli abitanti di Oceania devono apparire uguali per questo indossano l’uniforme del Partito ed è impossibile esprimere le proprie idee, soprattutto quelle riguardanti i concetti di democrazia e libertà. A questo scopo viene creata una Neolingua, caratterizzata da un vocabolario molto povero, che entro il 2050 soppianterà la lingua inglese tradizionale. Per controllare le menti è anche introdotto il Bispensiero, la capacità di sostenere due idee contrastanti contemporaneamente: ciò permette al Partito di cancellare il passato, la coscienza e la razionalità degli uomini. In Oceania l'impoverimento della Verità è raggiunto attraverso l'arricchimento di fascistizzazione dei mass media. Orwell in tal senso dimostra davvero una lucida veggenza di quanto l'informazione, se distorta, possa uccidere ogni forma di cultura autentica e alternativa, imponendo quello che oggi definiamo il “pensiero unico” e – come avrebbe detto Pasolini sulla televisione – riuscendo a fare ciò che il fascismo non è riuscito: distruggere l'anima di un popolo.

Orwell diffida dei manipolatori della realtà attraverso l’uso del linguaggio. Proprio per questo motivo il registro di scrittura è volontariamente diretto e colloquiale, mai ambiguo.

Ci manda un messaggio di ammonimento contro l'indifferenza che tollera forze che tendono ad annullare la libertà e la dignità individuale. Se non si combattono le ingiustizie, si rischia di essere sopraffatti da persone senza scrupoli che, per mezzo di stratagemmi vari (come eliminare tutte le leggi), potrebbero togliere ogni diritto ai cittadini. 

Orwell intende esprimere un monito contro gli abusi di potere e le sopraffazioni mentali compiute da certe ideologie che derivano dall’accentuazione del nazionalismo e del fanatismo religioso.

Orwell temeva coloro che avrebbero bandito i libri, ossia coloro che ci avrebbero privati delle informazioni. Orwell temeva che la verità ci sarebbe stata nascosta, temeva che la nostra sarebbe diventata una civiltà di schiavi. In 1984 le persone sono controllate con il dolore.

Le spie traditrici diventano “bambini eroi”, scrive Orwell: 

La loro ferocia era tutta incanalata verso l'esterno, verso i nemici dello Stato, gli stranieri, i traditori, i sabotatori, gli psicocriminali. Era quasi normale che le persone di età superiore ai trent'anni avessero paura dei propri figli. Non passava settimana, infatti, che il 'Times' non contenesse un articolo su qualche orecchiuto spioncello (l'espressione usata in questi casi era “bambino eroe”) che aveva captato un'osservazione compromettente nella conversazione dei genitori e perciò li aveva denunciati alla Psicopolizia”. 

Basta poco per controllare un popolo. Controllarne il pensiero è la chiave. E i social oggi lo dimostrano, così come alcuni programmi triviali che, paradossalmente (non certo per ironia, ma per  becera ignoranza), hanno rubato il titolo proprio al grande dittatore di Oceania.

Per dominare un popolo, come avevano ben compreso i tiranni e i demagoghi della storia, bisogna penetrare nel suo intimo, alimentarne le paure, orientare i suoi vizi e i suoi gusti, prevenire e incanalare i suoi entusiasmi. I conduttori televisivi, gli opinionisti, gli influencer sono i nuovi sacerdoti al servizio degli unici dei che l’uomo adora: la televisione e i social.

Sebbene Orwell avesse chiuso profeticamente il suo romanzo dipingendo Wiston come ormai innamorato del Grande Fratello, il suo occhio acuto e preventivo non aveva saputo immaginare nulla di così banalmente spaventoso come ciò che si è verificato nella nostra realtà.

George Orwell conia il termine "Guerra fredda"

Il termine "Guerra fredda" viene coniato per la prima volta nel 1945 proprio da Orwell, che lo usa per descrivere un mondo che vive all’ombra della minaccia di una guerra nucleare. 

Il neologismo appare in un saggio dal titolo "You and the Atomic Bomb", pubblicato il 19 ottobre sul Tribune inglese: qui lo scrittore esprimeva tutta la propria preoccupazione per un mondo consapevole dell’esistenza delle armi nucleari, in grado di distruggere il genere umano. Orwell previde che la seconda metà del XX secolo sarebbe passata alla storia come età «dell’ansia nucleare», come poi effettivamente accadde e accade tuttora con il terrore per la guerra in Ucraina con la minaccia del nucleare

L'anno dopo, su Observer, Orwell scrisse: “Dopo la conferenza di Mosca dello scorso dicembre, la Russia ha iniziato una «Guerra fredda» contro la Gran Bretagna e il suo impero”. Il primo uso ufficiale del termine per identificare la guerra fra Usa e Urss non fu di Orwell, ma di Herbert Bayard Swope, uno dei più noti giornalisti statunitensi, che scrisse il discorso pronunciato da Bernard Baruch il 16 Aprile del 1947 dove questi affermò: “Non fatevi ingannare: oggi siamo nel bel mezzo di una Guerra Fredda”.

Laura Cusmà Piccione