Gatti: fonte d'ispirazione per artisti di tutti i tempi (e generi)
Al felino più amato sono dedicate odi, musiche, ritratti e racconti tra i più suggestivi di tutti i tempi. Dagli antichi Egizi ai "gattini del web", in che modo Micio ha influenzato le arti e la creatività nei secoli.
Nell'antico Egitto erano considerati sacri: nel Pantheon egiziano la dea gatta assunse l'importante ruolo di protettrice della vita domestica della fertilità, della maternità addirittura che si spiega anche probabilmente con l'abbondanza di topi e serpenti da cacciare. Veneravano Bastet, con il corpo di donna e la testa di gatta. Si è arrivati al punto che i gatti venivano seppelliti con tutti gli oggetti che avevano prediletto durante la vita. Senza arrivare a tanto, il gatto ancora oggi è l'animale domestico più amato insieme al cane. Un fascino magnetico rende il gatto un animale pieno di mistero e spiega perché l'uomo ha tutto da imparare dal suo senso d'indipendenza, di libertà e dalla sua presunta indolenza.
Gatti, da sempre, fonte di ispirazione
I gatti nelle diverse arti
Per questo li ritroviamo in tutte le arti. Nelle arti visive dell'antico Egitto è raffigurato di profilo in tutta la sua statuaria bellezza aristocratica, propria di una deità.
Da Greci e Romani non sono considerati animali sacri e perciò venivano ritratti in modo meno solenne in scene più naturali, per esempio come quello di Pompei in cui un gatto caccia una pernice.
Nel Medioevo il gatto, oltre a essere ritratto in scene di caccia, assume forme più fantasiose nei bestiari immortalati in pose e atteggiamenti buffi. In particolare, sembra che i gatti dell'età di mezzo amassero molto suonare strumenti musicali: c'è quello che suona il liuto, chi la cornamusa medievale, o il violino e persino lo xilofono.
Nei dipinti rinascimentali si preferiscono i cani, sempre sotto il tavolo a finire gli avanzi; con qualche eccezione: i mici della Cena di Emmaus di Jacopo da Ponte nella sacrestia del Duomo di Cittadella, uno sbuca dal manto di uno dei commensali, un altro al centro ci mostra il sedere.
C'è un'altra celebre eccezione: il gatto arruffato dell'Annunciazione di Lorenzo Lotto di Recanati. L'artista sceglie di rappresentare tutte le emozioni della Vergine all'annuncio della gravidanza inaspettata: Maria interrompe smarrita la lettura del libro sul leggio alle sue spalle. Mentre il gatto, simbolo del male, congiunge le due figure divine e fugge terrorizzato dinnanzi a quella sovrannaturale dell'arcangelo Gabriele. Il gattino accoccolato nello Studiolo di San Girolamo di Antonello da Messina ha un significato simbolico: rappresenta l’inganno. Leonardo ne studia le pose più bizzarre nei suoi celebri disegni.
Bisogna arrivare all'arte contemporanea per incontrare altri gatti dipinti. È giallo quello che minaccia con la zampina i pesci rossi nel vaso su tavolino blu di Henri Matisse, che amava i gatti al punto che se ne circondò per tutta la vita e spesso furono immortalati in fotografie con il pittore. In particolare, con il nero Coussi e Minouche, un tigratino con la M iniziale che il pittore amava far notare coincidesse con quella del suo nome, quasi anello di congiunzione tra i due.
Paul Klee, che di gatti ne aveva tre (Nuggi, Fritzi e Bimbo). è autore del gatto più in forma che ci sia: Il gatto e l'uccello. Il testone del micio che occupa tutto l'olio e inchiostro su garza è un puzzle che incastra forme semplici: il naso è formato da un cuore-tartufino e un lungo triangolo; gli occhi sono come due mandorle, pure le orecchie sono triangoli. Anche l'uccellino è composto da tre forme triangolari ed è appollaiato tra i due occhioni felini a significare il pensiero fisso della caccia felina.
Franz Marc dipinge gatti di tutti i colori e in tutte le pose.
Gatti nel cinema
Anche la settima arte non ha potuto fare a meno di ritrarre gatti star. Il più famoso è indubbiamente il gatto senza nome di Colazione da Tiffany, che nella realtà si chiama Orangey, un gatto soriano comparso in numerosi film girati negli Stati Uniti fra gli anni Cinquanta e Sessanta.
È l'unico gatto ad aver vinto due PATSY Awards (Picture Animal Top Star of the Year, l'equivalente del Premio Oscar per gli animali attori), il primo per il ruolo del protagonista ne Il gatto milionario (1951) e il secondo per il felino senza nome di Colazione da Tiffany (1961). Inoltre, ha interpretato il gatto che cerca di mangiare il suo padrone rimpicciolito nel film di fantascienza Radiazioni BX: distruzione uomo (1957) e Moushie ne Il diario di Anna Frank (1959). Ha lavorato anche in alcune serie televisive tra cui Alfred Hitchcock presenta.
In Colazione da Tiffany lo ha reso celeberrimo la frase di Holly (Audrey Hepburn), che ben descrive l'indipendenza che caratterizza questo felino: “Io e il mio gatto... siamo due randagi senza nome che non appartengono a nessuno e a cui nessuno appartiene”.
Sono innumerevoli i film che hanno per protagonisti i gatti per lo più catalogabili in film d'animazione con trame tratte da fiabe come Il gatto con gli stivali o La gabbianella e il gatto: oppure film horror dove il gatto è sinistro, derivati anch'essi da bibliografia del genere, come il gatto Behemoth, da Il maestro e Margherita di Michail Bulgakov, o Il gatto nero da Edgar Allan Poe. Per esempio, nel 1981 Lucio Fulci dirige Gatto nero, basato vagamente sull'omonima storia di Edgar Allan Poe. Allo stesso racconto si sono ispirati altri 9 registi internazionali. Anche Novecento di Bernardo Bertolucci sembra richiamare nella terribile tortura al gatto nero da parte del fascista Attila la novella dello scrittore statunitense.
Gatti in letteratura
In letteratura questa alternanza tra visione demoniaca e divina del gatto è ancora più marcata.
Edgar Allan Poe scrive Il gatto nero nel 1843. Come già fece con altri racconti, narra la storia secondo il punto di vista dell'assassino: un omicida condannato a morte che, pur sapendo di non essere creduto, vuole rivelare quanto gli è successo, per alleggerirsi la coscienza e spiegare cosa l'ha portato alla condanna. L’omicida dice di essere stato terrorizzato dai fatti, apparentemente sovrannaturali, e di volere raccontare come sono andati, sperando che qualche lettore trovi una spiegazione più logica della sua. Il condannato racconta che sin da bambino ha avuto una grande passione per gli animali, in particolare per il suo gatto domestico, completamente nero, di nome Plutone.
Col trascorrere del tempo il protagonista diventa sempre più aggressivo con i suoi animali, mentre non sviluppa la stessa aggressività nei confronti della moglie, che per scherzo e superstizione, definiva Plutone una strega tramutata in gatto.
Il protagonista, per l'abuso di alcool, ha un carattere violento che comincia a peggiorare al punto che iniziò a picchiare sua moglie e a maltrattare gli animali, pur mantenendo un certo riguardo per il gatto.
Una sera, dopo essere tornato a casa ubriaco, l'uomo notò che Plutone evitava la sua presenza, così lo afferrò e l'animale lo morse, facendolo infuriare: tanta fu la rabbia del padrone che cavò al gatto un occhio con la lama di un temperino, pentendosi subito dopo del gesto avventato. Plutone una volta guarito continuò a evitare il contatto con il padrone, cosa che provocò ulteriormente la rabbia dell'uomo nei suoi confronti. La sola vista dell'animale finì per infastidirlo al punto che una mattina decise di liberarsi di lui impiccandolo a un ramo, tanto per “spirito del Perverso” perché il gatto era innocente e perché l’atto era esecrabile, ma cadde immediatamente in preda al rimorso. La stessa notte si svegliò mentre la casa andava a fuoco, riuscendo a stento a fuggire con la moglie e una domestica. Per rimorso cerca di sostituire Plutone, fino a cambiarlo con uno apparentemente del tutto uguale, se non fosse per una macchia bianca sul petto, che inizia a cambiare forma, diventando una specie di forca. Un giorno il padrone, che già da tempo odia il gatto, va in cantina con la moglie e si accorge che il gatto lo segue come al solito. Il protagonista prende un'accetta per ucciderlo, ma la moglie lo ferma. L'uomo colpisce quindi la moglie con l'accetta, e la donna cade a terra morta e ne mura il cadavere in cantina. Quando i poliziotti perquisiscono il luogo, l'uomo li provoca per mostrare la solidità del muro che, invece, emette un ululato e, dopo che i poliziotti rompono la parete, questa mostra sotto i mattoni sia la moglie che il gatto, murato insieme a lei.
Poe espone i fatti senza alcuna morale. La storia è un monologo interiore del narratore che presenta le circostanze che lo conducono al male e i fattori della natura umana che con violenza avvolgono il mondo e si scagliano contro i più deboli di noi.
Ancora più sinistro è il gatto Behemoth ritratto da Michail Bulgakov in Il Maestro e Margherita:
"Il terzo di quella compagnia era un gatto sbucato da chi sa dove, grosso come un maiale, nero come il carbone o come un corvo, con tremendi baffi da cavalleggero. Il terzetto avanzava verso il Patriaršij, e il gatto camminava sulle zampe posteriori”.
Ode al gatto
In letteratura il gatto è rivalutato nelle fiabe e soprattutto nel rapporto con gli scrittori, così come in pittura tanti artisti si ritraggono con i loro gatti (si pensi a Frida Kahlo o ai Boschi-Di Stefano, coniugi mecenati di Milano). Tutti i più grandi ne hanno avuto uno: Petrarca Dulcina, Dante teneva sulle gambe un micio nero, Hemingway ne aveva addirittura 30 perché, "un gatto semplicemente conduce al successivo". Anna Maria Ortese vede negli occhi felini qualcosa di divino.
Cresce la venerazione al micio con l'Ode al gatto di Pablo Neruda che per esaustività di argomenti riportiamo per intero:
“Gli animali furono imperfetti,
lunghi di coda,
plumbei di testa.
Piano piano si misero in ordine,
divennero paesaggio,
acquistarono nèi, grazia, volo.
Il gatto,
soltanto il gatto
apparve completo
e orgoglioso: nacque completamente rifinito,
cammina solo e sa quello che vuole.
L’uomo vuol essere pesce e uccello,
il serpente vorrebbe avere le ali,
il cane è un leone spaesato,
l’ingegnere vuol essere poeta,
la mosca studia per rondine,
il poeta cerca di imitare la mosca,
ma il gatto
vuole essere solo gatto
ed ogni gatto è gatto
dai baffi alla coda,
dal fiuto al topo vivo,
dalla notte fino ai suoi occhi d’oro.
Non c’è unità
come la sua,
non hanno
la luna o il fiore
una tale coesione:
è una sola cosa
come il sole o il topazio,
e l’elastica linea del suo corpo,
salda e sottile, è come
la linea della prua di una nave.
I suoi occhi gialli
hanno lasciato una sola fessura
per gettarvi le monete della notte.
Oh piccolo
imperatore senz’orbe,
conquistatore senza patria,
minima tigre da salotto,
nuziale sultano del cielo
delle tegole erotiche,
il vento dell’amore
all’aria aperta
reclami
quando passi
e posi
quattro piedi delicati
sul suolo,
fiutando,
diffidando
di ogni cosa terrestre,
perché tutto è immondo
per l’immacolato piede del gatto.
Oh fiera indipendente della casa,
arrogante vestigio della notte,
neghittoso, ginnastico
ed estraneo,
profondissimo gatto,
poliziotto segreto
delle stanze,
insegna
di un irreperibile velluto,
probabilmente non c’è enigma
nel tuo contegno,
forse sei mistero,
tutti sanno di te ed appartieni
all’abitante meno misterioso,
forse tutti si credono padroni,
proprietari, parenti
di gatti, compagni, colleghi,
discepoli o amici
del proprio gatto.
Io non sono d’accordo.
Sul suo distacco la ragione slitta,
ma non riesco a decifrare il gatto.
l’atavismo azzurro del sacerdote,
la bontà ignorata del pompiere,
il guscio irreale del coccodrillo,
gl’imbuti vulcanici del mondo,
il per e il meno della matematica,
il gineceo coi suoi peccati,
la botanica,
il mare e la città incalcolabile,
So tutto, la vita e il suo arcipelago,
Io non conosco il gatto.
La rivalutazione del gatto è già scoperta illuminista: il primo libro dedicato al gatto risale al 1727 e appartiene a François-Augustin de Paradis de Moncrif che in Les Chats sostiene tra l'altro che i gatti hanno un udito particolarmente sviluppato e sono particolarmente portati per la musica. Effettivamente i gatti sono spesso protagonisti di canzoni popolari sin da bambini. A volte persino esecutori. L'esaltazione del gatto è massima in Alberto Mattioli che, quasi tornando agli antichi egizi, si professa addirittura Gattolico praticante nel libro omonimo.
I GATTI PROTAGONISTI IN MUSICA
Stesso andamento altalenante spetta ai gatti in musica, che tocca alti pensieri divinatori con canzoni destinate soprattutto ai bambini e bassi che li demonizzano con quei cattivoni del rock'n roll e del metal.
1. Quarantaquattro gatti
Quarantaquattro gatti non può mancare: dal 1968 nella hit di ogni bambino italiano. Aggiudicò la decima edizione dello Zecchino d'oro alla quattrenne Barbara Ferigo. Ogni bambino con Quarantaquattro gatti ha imparato a fare le divisione 44:6 col resto di 2. Infatti, composta dall'insegnante Giuseppe Casarini, racconta la storia di 44 gatti randagi, che se ne stanno ordinatamente “in fila per sei col resto di 2” e organizzano una riunione nella cantina di un grande palazzo per chiedere ai loro amici bambini un pasto al giorno e di poter dormire sulle poltrone.
2. Tutti quanti vogliono fare jazz
Quando si cresce si affinano gatti e gusti: imperdibile diventa Gli Aristogatti, che – guidati da Romeo – fanno amicizia con quelli dei bassi fondi perché Tutti quanti vogliono fare jazz. Questo brano contiene tutto, jazz, appunto, musica classica, opera, pop, musica popolare, in un compendio allegro, colorato, in cui tutti i gatti si scatenano insieme. I gatti jazzisti (il cui capo Scat Cat avrebbe originariamente dovuto chiamarsi Satchmo Cat, per omaggiare Louis Armstrong) sono ritratti come hipster e i giovani degli anni Sessanta, alcuni sono vestiti da hippie, e perché sia chiaro che il testo cita il twist e il rock’n’roll, ben lontani dall’essere inventati nella Parigi dei primi anni del secolo.
La canzone dei titoli, The Aristocats in originale, fu scritta dai fratelli Sherman, autori principali della Disney per otto anni, e per cantarla fu scelto addirittura Maurice Chevalier, che già si era ritirato dalle scene ma che accettò con entusiasmo di cantarla. La colonna sonora vinse un Grammy, è ricchissima e molto divertente anche oltre le canzoni più famose, firmata da George Bruns, che fece riferimento alle sue esperienze swing e jazz.
3. La gatta
Anche La gatta, che ha lanciato Gino Paoli, già dall'incipit “C'era una volta una gatta” ha sapore di fiaba che racconta il trasferimento da Genova nell'entroterra del cantautore ligure. La canzone così apprezzata fu cantata e suonata da musicisti di grande fama come Ornella Vanoni ed Enrico Rava.
4. Alice non lo sa
Anche Alice non lo sa di Francesco De Gregori racconta non una, ma le tante storie, che Alice sembra osservare da una finestra. Oltre a un matrimonio, all'uomo malato con qualcosa nel cappello, Irene al quarto piano a imbellettarsi e fumare, Alice sembra però disinteressata a questo brulichio di umanità e sceglie piuttosto di osservare dei gatti che a loro volta guardano il sole, “Mentre il mondo sta girando senza fretta”. Alice si aliena dalla frenesia della realtà per contemplare la natura, sembra cantare Francesco De Gregori.
5. Duetto buffo di due gatti
Persino la musica d'opera si diverte con i gatti. In tal senso, l'opera più miagolante è Duetto buffo di due gatti, attribuito a Gioacchino Rossini, è in realtà un apocrifo, nel senso che è pubblicato nell'Ottocento da un arrangiatore inglese Robert Lucas de Pearsall, che mette insieme la prima parte che è la Katte-Cavatine del compositore danese Weyse e la seconda parte basata effettivamente su musiche in gran parte tratte dall'Otello di Rossini (1816), ma con un altro testo facilmente memorizzabile: l'onomatopea Miao.
6. Cat Scratch Fever - La febbre del graffio del gatto
Cat Scratch Fever è il terzo album in studio del chitarrista statunitense Ted Nugent, pubblicato il 13 maggio 1977 dalla Epic Records. Il singolo che dà il titolo all'album ha riscosso un notevole successo ed è stato riproposto da gruppi heavy metal quali Motörhead, Nitro, Pantera, così da immaginare che la canzone tratti il gatto come possessione demoniaca, invece si tratta di un'ode ironica alla potenza e all'impeto del desiderio sessuale. Il testo descrive l'esperienza di una persona che sente un impulso irrefrenabile a provare un "high" fisico dall'atto di essere in intimità con qualcuno. Il cantante lamenta di essere stato contagiato dalla "febbre da graffio di gatto", una potente e seducente pulsione alla beatitudine e al piacere che può travolgere una persona e condurla a comportamenti selvaggi.
7. All cats are grey, -Tutti i gatti sono grigi
Robert Smith dei Cure dedicò All cats are grey al presidente curdo Abdullah Ocalan murato vivo sull'isola di Imrali. The Cure dedicano ai mici anche Lovecats, se questo non è amore!
8. Yo cats
Yo cats è una canzone del 1985 di Frank Zappa e non è certo una canzone tenera nei confronti dei mici. "Yo" è l'abbreviazione di "llello" (pronunciato "yay-yo"), che è lo slang latino-americano degli anni '80 per la cocaina, quindi uno yo-cat sarebbe un cocainomane. Nella canzone di Frank Zappa, in cui deride i musicisti di sessione, canta "Yo cerchiamo di scolpire, hey dov'è il colpo?".
9. Delilah
Delilah è la gatta amata dai Queen. Il brano è un vero e proprio canto d'amore di Freddy Mercury per la sua gatta, irresistibile anche quando combina guai. I miagolii che si sentono nella canzone immortalano le incredibili vocalità del frontaman del gruppo, grande amante dei gatti, amore ricambiato: pare che Delilah e gli altri suoi gatti rimasero accanto a Mercury fino alla morte, come testimoniano molte fotografie che si trovano in rete, e addirittura Delilah, che ora vive con l'ex di Mercury Mary Austin, si arrampichi ancora fuori dalla vecchia casa di Freddie Mercury, nella speranza che sia tornato a casa.
8 AGOSTO, GIORNATA MONDIALE DEL GATTO
Tutta questa profusione d'amore per i gatti nelle arti si celebra l'8 agosto, Giornata mondiale del gatto, nata in Italia nel 1990 e celebrata in vari paesi in date diverse per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'adozione dei gatti. In tempi di social network, l'hastag #Kitty, soltanto su Instagram conta ad agosto 2023 oltre 67mila post e #cat 283 milioni. Perché? Perché i gatti sono proprio belli.
Laura Cusmà Piccione