Strage di Bologna: trentasette anni dopo, per non dimenticare
Onorare la memoria delle vittime così da non seppellire il ricordo dei fatti e, allo stesso tempo, tener viva la volontà di chiarire le responsabilità di una della pagine più nere della storia d'Italia. Sono passati più di trent'anni dalla strage di Bologna e, nonostante a livello giudiziario si tratti di una vicenda ormai chiusa, sono in molti a reclamare la verità.
Alla strage di Bologna sono ancora oggi legate proteste, accuse, sospetti e tanta amarezza: nella mente dei famigliari delle vittime e negli occhi dei superstiti, la memoria di quella terribile mattina del 2 agosto 1980 è viva come non mai. Erano le 10.25 quando un ordigno carico di 23 kg di esplosivo scoppiò nella sala d'aspetto della stazione del capoluogo emiliano. Un'esplosione di inaudita potenza che fece crollare l'ala ovest dell'edificio, e la cui onda d'urto investì il treno Ancona-Chiasso fermo al primo binario. Ad andare distrutti furono anche trenta metri di pensilina e il parcheggio dei taxi antistante la stazione.
Attimi di smarrimento a cui seguì l'immediata reazione dei bolognesi e dei viaggiatori rimasti illesi: la città non si strinse nel cordoglio e nel terrore, ma si adoperò nel prestare i primi soccorsi e scavare tra le macerie, nella speranza di trovare persone ancora vive. Autobus, auto private e taxi furono utilizzati come mezzi di trasporto verso gli ospedali: il grande numero dei feriti rendeva infatti insufficienti i classici mezzi di soccorso.
Il bilancio finale è tragico: 85 morti, oltre 200 feriti e tanta rabbia per le vittime innocenti a cui l'attentato tolse la vita.
Ma come reagirono le autorità? Se nell'immediato l'esplosione fu attribuita allo scoppio di una caldaia, in seguito la posizione di governo e polizia mutò radicalmente, virando verso la natura dolosa del fatto, che venne subito attribuito alla matrice del terrorismo nero.
Alle accuse seguirono i primi arresti nell'ambiente dell'estrema destra italiana, che confluirono in seguito nella lunga serie di processi che trovano poi la propria conclusione nel 1995 con la sentenza della Corte di Cassazione. Un processo lento e faticoso, in cui andarono a intersecarsi irrimediabilmente politica italiana e impianto giudiziario.
La vicenda giuridica e politica dell'attentato a Bologna, infatti, si inserisce in quella che viene comunemente indicata come 'Strategia della tensione': gli anni immediatamente successivi alla strage furono infatti gli anni dei depistaggi e delle piste errate, delle affermazione di tutto e del contrario di tutto; elementi che, sommati gli uni con gli altri, non fecero che allungare le tempistiche di uno dei processi più sentiti e seguiti in Italia.
Bisogna quindi aspettare il 1995 per le effettive condanne dei presunti esecutori della strage, che la giustizia ritrova nei neofascisti dei NAR Giuseppe Fioravanti e Francesca Membro che, ancora oggi, continuano a dichiararsi innocenti. E se i presunti esecutori sono stati assicurati alla giustizia, a non avere ancora oggi un nome sono i mandanti dell'attentato.
E, come per tutte le altre pagine nere appartenenti alla lunga storia d'Italia, il ricordo non deve cadere nell'oblio, ma tramutarsi in memoria storica indelebile.