25 luglio 1943: la caduta del Fascismo in Italia
Il 25 luglio del 1943 il duce rassegna le sue dimissioni al re Vittorio Emanuele III dopo che nella notte precedente il Gran Consiglio del Fascismo approvava la sfiducia a Mussolini: tutti gli eventi che hanno portato alla caduta del fascismo in Italia.
Il fascismo cadde il 25 luglio 1943. In questa data, al termine di una serie di avvenimenti iniziati in Italia dalla primavera e di manovre politiche avviate dal gerarca Dino Grandi così come dal re Vittorio Emanuele III: Benito Mussolini venne esautorato dal Gran Consiglio del Fascismo e subito dopo deposto dal re Vittorio Emanuele III, che ne ordinò l’arresto. Con la fine del Partito nazionale fascista, nonostante le manifestazioni di gioia e i cortei spontanei che plaudirono all’avvenimento, per il Paese purtroppo non terminò anche la guerra.
Le premesse
A metà del 1943 l’Italia, fiaccata da tre anni di guerra, si trovava in una situazione drammatica. L’evolversi della situazione bellica, caratterizzata da sconfitte nei Balcani, in Africa settentrionale e in Russia, aveva esasperato gli animi della popolazione, affamata e confusa, in larga parte ormai non più disposta a credere alla propaganda del regime fascista.
La stagione degli scioperi
A partire dal 5 marzo e fino al 17 del mese si susseguirono grandi scioperi, che dagli stabilimenti della Fiat di Torino si allargarono a tutto il triangolo industriale, coinvolgendo oltre 100 mila operai e mettendo in evidenza lo scollamento con il regime: dal 1939 il costo della vita era raddoppiato a causa della guerra e c'erano stati molti licenziamenti. Una seconda ondata di scioperi si verificò a Milano tra il 25 e il 30 marzo, coinvolgendo grandi fabbriche come Breda, Pirelli, Broggi, Magneti Marelli, Isotta Fraschini.
Lo sbarco degli alleati
Privi di adeguati rifornimenti e in schiacciante inferiorità numerica e materiale, le forze italo-tedesche il 13 maggio si erano arrese agli Alleati, mettendo fine alla campagna del Nordafrica. Nemmeno due mesi dopo, tra il 9 e il 10 luglio 1943 circa 180mila uomini degli eserciti alleati sbarcarono sulle coste siciliane, senza incontrare una vera resistenza da parte del Regio Esercito. Nei successivi due anni avrebbero poi risalito lo Stivale.
La sfiducia a Mussolini del Gran Consiglio del fascismo
Mussolini non godeva più del pieno appoggio dei vertici fascisti e lo sbarco degli Alleati accelerò la sua caduta. Il principale artefice fu Dino Grandi, gerarca del regime fascista e stretto collaboratore del Duce da più di 20 anni. Grandi comunicò al re Vittorio Emanuele III il suo piano per eliminare Mussolini e difendere l'Italia dagli ex alleati nazisti: il sovrano, che vedeva di buon occhio l’uscita di scena del dittatore, rispose che avrebbe deposto il capo del governo solo dopo un voto del Parlamento o del Gran consiglio del fascismo. E così fu. Alle 18:15 del 24 luglio iniziò la riunione del massimo organo collegiale del fascismo, che aveva come ordine del giorno la sfiducia a Mussolini. La votazione avvenne alle 2:30 del 25 luglio: 19 voti a favore, 7 contro, 1 astenuto.
Le conseguenze della caduta di Mussoilini
Con la destituzione di Mussolini, dopo quasi 21 anni cadde il governo fascista. Fu decretato lo scioglimento del PNF e di tutte le organizzazioni dipendenti, la Milizia fu integrata nelle forze dello Stato, fu soppresso il Tribunale Speciale per la difesa dello Stato. Venne inoltre vietata la ricostituzione dei partiti politici per tutta la durata della guerra. Mussolini fu inoltre arrestato: accadde al termine di un colloquio con Vittorio Emanuele III, che gli comunicò la sua sostituzione come capo del governo con il maresciallo d’Italia Pietro Badoglio: quest’ultimo, alla guida di un esecutivo militare, cominciò a intavolare trattative segrete con gli Alleati che avrebbero poi portato il 3 settembre alla firma dell’armistizio di Cassibile.
L’armistizio di Cassabile (l’8 settembre)
Con l'armistizio di Cassibile, siglato il 3 settembre ma reso noto solo cinque giorni dopo, l'Italia firmò la resa incondizionata agli Alleati.
Le conseguenze dell’armistizio
L’armistizio sancì il disimpegno dell'Italia dall'alleanza con la Germania nazista di Adolf Hitler. Ma al tempo stesso fece precipitare il Paese nel caos. Il 3 settembre gli Alleati iniziarono la campagna d‘Italia sbarcando in Calabria, mentre dei giorni successi all’annunzio dell’armistizio l'esercito regolare italiano, lasciato senza alcuna direttiva, si sciolse come neve al sole. Molti soldati tornarono alla vita civile, altri si unirono alle formazioni partigiane nella Resistenza.
La Repubblica Sociale Italiana
Appena saputo dell’arresto di Mussolini, il 26 luglio Hitler convocò sei ufficiali scelti tra tutte le forze armate naziste, dando il via all’operazione segreta “Quercia” che aveva lo scopo di liberarlo. Mussolini, inizialmente detenuto a Ponza, fu trasferito alla Maddalena e poi a Campo Imperatore, sul Gran Sasso: è qui che il 12 settembre fu liberato da un commando tedesco. Il 23 settembre fu costituita la Repubblica Sociale Italiana, detta Repubblica di Salò dalla cittadina sul lago di Garda dove aveva sede gran parte dei ministeri. Capo del governo di questo Stato fascista satellite nell'Italia occupata era il redivivo Mussolini.
La guerra civile in Italia
L'annuncio dell'armistizio da parte degli Alleati colse del tutto impreparati i soldati italiani, che fino a quel giorno combattevano al fianco dei tedeschi, improvvisamente diventati occupanti. Con l’8 settembre iniziò di fatto una guerra che vide impegnati da una parte le forze della Repubblica Sociale Italiana e i collaborazionisti delle truppe occupanti, e dall’altra i partigiani italiani (inquadrati militarmente nel Corpo Volontari della Libertà), sostenuti materialmente dagli Alleati.
Matteo Innocenti