Il parto spontaneo
Nonostante non siano ancora esattamente noti i meccanismi che scatenano l'inizio del travaglio, è risaputo che questo si verifica quando le concentrazioni nel sangue materno di un ormone chiamato ossitocina raggiungono valori sufficienti.
La nascita avviene in realtà in un tempo variabile da 2 a 24 ore a seconda della validità delle contrazioni uterine, della presentazione e delle dimensioni del feto, dell'età e dello stato psico-fisico della gestante e del fatto che sia primipara o no. Si distinguono tre fasi: periodo dilatante, espulsivo e secondamento.
In realtà questi momenti sono preceduti da un periodo prodromico (di preparazione) che nella primipara può durare anche 15 giorni, durante il quale il feto si impegna nel bacino e incunea la testa nel canale uterino: la donna in questa fase avverte una sensazione di peso nella parte inferiore dell'addome e nella regione lombare e aumenta ulteriormente lo stimolo a urinare spesso, mentre migliora la respirazione per la minore pressione esercitata sul diaframma. Il periodo dilatante ha una durata variabile da 2 a 8-10 ore e consiste nel progressivo appiattimento e dilatazione (fino a un diametro di circa 10 cm) della cervice uterina: di solito questa fase inizia con l'espulsione di un tappo di muco striato di sangue che sigillava la cavità uterina, seguita dalle contrazioni uterine che si presentano sempre più dolorose e a intervalli più ravvicinati (da 20-30 a 2-5 minuti). La pressione esercitata dal feto sospinto dall'utero in contrazione determina la rottura del sacco amniotico e la fuoriuscita del liquido che circonda il bambino. In alcuni casi, invece, la rottura del sacco si verifica all'inizio del travaglio, prima della comparsa delle contrazioni; altre volte, al contrario, tarda a presentarsi anche se la dilatazione è avanzata e viene allora provocata dall'ostetrica (amnioressi). Il periodo espulsivo inizia quando, alle contrazioni uterine, si associano quelle della muscolatura addominale volontaria e involontaria; mediamente dura da 30 minuti a 1-2 ore e la donna avverte l'urgenza di "spingere" per assecondare le contrazioni che conducono alla distensione di vagina, perineo e vulva e permettono l'espulsione del feto. Se in questo periodo la tensione esercitata sui tessuti è tale da rischiare che si verifichino delle lacerazioni, l'ostetrica interviene con l'episiotomia. Dopo che il neonato è stato espulso, le contrazioni uterine si interrompono per circa un quarto d'ora, per poi riprendere per circa mezz'ora allo scopo di espellere la placenta (periodo del secondamento).
Talvolta, in alcuni ospedali dotati di un servizio di anestesia particolarmente qualificato, se si prevede un travaglio particolarmente faticoso o su esplicita richiesta della partoriente, è possibile adottare diverse tecniche di analgesia (peridurale, spinale, agopuntura) che servono ad annullare la percezione del dolore senza interferire sullo stato di coscienza, consentendo la partecipazione attiva alla nascita del bambino.
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