Fumatori in Italia
La legge che a partire dal 2004 ha bandito il fumo dai locali pubblici e aperti al pubblico ha portato l’Italia all’avanguardia nel mondo nella battaglia contro il fumo. Gli studi condotti dalla Doxa per conto dell’Osservatorio su Fumo Alcol e Droghe (OSSFAD) dell’Istituto Superiore di Sanità hanno dimostrato che il provvedimento ha confermato la costante diminuzione della percentuale di fumatori nel nostro paese, e un'inversione di tendenza all'aumento del numero di fumatrici.
Ancora nel 2004 l’Italia figurava al secondo posto nella classifica mondiale dei paesi importatori di tabacco pur avendo una produzione interna che la collocava nella top ten ma oggi la situazione sta migliorando.
Non solo è in brusco calo il numero di sigarette vendute in Italia dai Monopoli di Stato, che sul finire degli anni Novanta si era impennato probabilmente anche per le misure di contrasto del contrabbando, ma la pressione sociale sta anche facendo sì che l’abitudine eserciti sempre meno sui giovani il fascino irresistibile di un tempo.
Un’abitudine ancora molto radicata
Allo scenario dei consumi ha corrisposto ovviamente uno scenario simile per quanto riguarda i consumatori, tuttavia va notato che il picco del calo è stato raggiunto nel 2008, ma secondo il "Rapporto sul fumo in Italia – 2009” dell'OSSFAD il 2009 ha fatto risalire bruscamente la crescita degli italiani che fumano. Stando alle rilevazioni effettuate su un campione rappresentativo della popolazione, in Italia ci sono oggi circa 13 milioni di fumatori (circa 7,1 milioni, pari al 54,6%, di uomini e 5,9 milioni, pari al 45,4%, di donne).
L’età media alla quale si accende la prima sigaretta si è un innalzata rispetto al passato, ma rimane al di sotto dei 18 anni, e anche per questo motivo la diffusione del fumo resta maggiore tra i giovani: nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni un maschio su tre e una femmina su cinque fumano, e la percentuale sale addirittura un po’ nella fascia di età tra i 25 e i 44. Oltre i 45 anni è evidentemente maggiore la preoccupazione per la salute, tanto la percentuale dei consumatori di prodotti a base di tabacco scende fino a dimezzarsi oltre i 65 anni.
Un dato che appare un po’ in controtendenza e deve costituire un motivo di attenzione emerge nel confronto con gli anni precedenti, in cui si può osservare una generale tendenza alla diminuzione con l’eccezione della fascia di età più giovane: infatti, la sigaretta è riuscita ad accrescere il suo fascino tra fumatori e mantenerlo tra le fumatrici.
Anche il confronto tra le tre macroaree geografiche fornisce interessanti spunti di riflessione: se l’Italia del Nord è la più virtuosa (con una percentuale del 29% di fumatori e del 20% di fumatrici), le regioni del Centro Italia hanno la più alta percentuale di persone che fumano (29,3% di uomini e 26,1% di donne), mentre nel Sud fanno meglio gli uomini (28,5% di fumatori), ma non le donne (23,1% di fumatrici). L’analisi dettagliata della ripartizione tra i sessi segnala inoltre che nelle regioni settentrionali la differenza tra maschi e femmine è più alta che nel resto d’Italia. Se questo dato sembra smentire la tradizionale associazione tra fumo e inserimento nella vita lavorativa delle donne, probabilmente può essere ascritto come una conseguenza della maggior difficoltà che le donne incontrano in genere quando decidono di smettere.
Al di là dei numeri crudi degli ex fumatori, dal "Rapporto sul fumo in Italia – 2009” dell'OSSFAD emerge un dato positivo anche relativamente al numero medio di sigarette fumate giornalmente, sceso dalle 16,8 del 2002 alle 14,1 del 2009, ma con una ripresa rispetto alle 13,6 del 2006. Il dato è comunque positivo perché, benché la riduzione della quantità di sigarette non abbia necessariamente un impatto determinante sui rischi per la salute, è accertato che è spesso un passo necessario sulla via dell’abbandono dell’abitudine.