tressètte
(impr. tresètte), sm. [sec. XVIII; da tre+sette, perché in origine anche la combinazione di tre sette valeva tre punti]. Gioco di carte d'origine napoletana ma assai popolare, nelle sue diverse varianti, in tutte le regioni d'Italia; è stato oggetto di numerosi studi e trattati tra cui particolarmente celebre è il seicentesco De regulis ludendi ac solvendi in mediatore et tresseptem del prete Chitarrella. Si gioca con un mazzo di 40 carte italiane o francesi in due, tre (prende il nome di terziglio), o preferibilmente 4 giocatori a coppie, ciascuno dei quali riceve dal mazziere designato dalla sorte 10 carte distribuite cinque a cinque; la partita si articola in una serie di mani che si susseguono fintanto che una delle due coppie non abbia raggiunto i 21, 31, 41 punti, secondo gli accordi. Il valore di presa delle carte in ordine decrescente è il seguente: 3, 2, asso (dette stilli), re, donna, fante (figure), 7, 6, 5, 4, di ogni seme (scarti); il gioco, che viene iniziato dal giocatore alla destra del mazziere, si basa sulla prevalenza della carta più alta nel seme giocato per primo e sulla risposta obbligatoria al seme; le combinazioni utili ai fini del punteggio finale sono la napoletana, costituita da 3, 2, asso dello stesso seme, che vale tre punti; altrettanto valgono i tre assi, i tre 2 e i tre 3; si contano 4 punti per i quattro assi, i quattro 2, i quattro 3; il giocatore che dopo la distribuzione possieda una napoletana o un buon gioco deve dichiararla (accusare) entro la prima mano; gli errori di dichiarazione sono penalizzati. I punti di mazzo che vanno sommati ai punti di dichiarazione sono costituiti dagli assi e dai tris di stilli (3 o 2) e di figure, che valgono un punto; come anche l'ultima levata. Nel tressette sono ammesse comunicazioni tra i compagni, per esempio il giocatore di mano può “bussare” per chiedere al compagno la migliore carta nel seme giocato e per indicare la propria forza in quel seme; può “volare” per comunicargli che gioca l'ultima carta del seme; può “strisciare”, cioè affermare genericamente di possedere altre carte del seme.