tesaurismòsi

sf. [dal greco thēsáurisma, riserva+-osi]. Accumulo progressivo di sostanze metaboliche normali o abnormi nelle cellule e nei tessuti, senza che sia possibile da parte degli stessi o dell'organismo utilizzarle o di eliminarle. Le tesaurismosi vengono suddivise in alcuni grandi gruppi, corrispondenti alla diversa natura delle sostanze che vengono accumulate. I tipi più frequenti e più importanti sono le tesaurismosi glucidiche, lipidiche, protidiche, idriche, pigmentarie, minerali: alcune forme di tesaurismosi, data la loro esiguità e limitazione, interessano zone del corpo circoscritte e indicano disturbi del ricambio locale; altre, invece, accompagnano o costituiscono quadri morfologicamente ben definiti per l'estensione e la gravità raggiunta dal disturbo metabolico. In particolare, le tesaurismosi pigmentarie sono dovute all'accumulo di pigmenti presenti in condizioni fisiologiche e patologiche nelle cellule e nei tessuti; si distinguono tesaurismosi dovute a pigmenti emoglobinogeni (ematoidina, emosiderina, metaemoglobina, bile), e che possono essere localizzate (nelle sedi di emorragia) o generali (iperemolisi, emocromatosi, ittero del neonato, malaria cronica), e tesaurismosi dovute a pigmenti autogeni, determinate cioè da eccessi di melanine e di lipofuscine. Forma particolare di tesaurismosi è la paratesaurismosi, provocata da accumulo intenzionale (tatuaggio) o patologico di pigmenti introdotti nell'organismo. È possibile effettuare una diagnosi prenatale mediante il prelievo del liquido amniotico e lo studio della carenza enzimatica nelle cellule fetali.

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