stereoscopìa

sf. [sec. XIX; stereo-+ -scopia]. Tecnica di osservazione di oggetti con un sistema ottico atto a produrre la percezione della tridimensionalità degli oggetti osservati, ossia della dimensione AB "Per la figura 1 vedi il lemma del 18° volume." "Vedi figura 1 vol. 21, pag. 21" perpendicolare al piano verticale passante per i due centri ottici degli occhi OS e OD. La tecnica, che si basa sul meccanismo visivo di percezione del rilievo, si avvale di fenomeni monoculari (variazione di accomodamento dell'occhio in funzione della distanza), di esperienze precedenti e del fatto che le immagini formate dai due occhi OS, OD dell'oggetto AB sono diverse, come diversi sono gli angoli dei due assi visuali, αS e αD, con la direzione x; la percezione del rilievo nasce dalla fusione cerebrale delle due immagini. Se lo stesso oggetto viene fotografato con due obiettivi ad assi paralleli distanti 65 mm (distanza media fra i due occhi umani) e le due fotografie vengono osservate "Per la figura 2 vedi il lemma del 18° volume." "Vedi figura 2 vol. 21, pag. 21" contemporaneamente con i due occhi, in modo che l'occhio sinistro veda la foto fatta con l'obiettivo sinistro e l'occhio destro veda la foto fatta con l'obiettivo destro attraverso due lenti LS e LD che abbiano ca. la stessa distanza focale degli obiettivi, l'osservatore ha la netta percezione del rilievo. Ciò accade per esempio nella tecnica di osservazione utilizzata in fotogrammetria quando viene impiegata una coppia di fotogrammi (v. stereogramma) che riproducono l'oggetto da due punti di presa diversi. La stereoscopia si verifica anche nella visione di alcune pellicole cinematografiche stereoscopiche, nelle quali ogni fotogramma è costituito da due immagini (coppia stereoscopica) di colori complementari. La pellicola viene osservata mediante occhiali le cui lenti hanno colori complementari a quello delle immagini della coppia stereoscopica (la lente sinistra, o destra, ha colore complementare a quello dell'immagine posta più a sinistra, o più a destra, nel fotogramma). I due occhi vedono così separatamente le due immagini come se fossero nere e possono ricostruire il rilievo. Questo metodo, detto degli anaglifi, non si presta alla visione a colori: a tale scopo è stato ideato un metodo analogo facente uso di occhiali polarizzanti. Il primo film realizzato con tale metodo, che ebbe però scarsa diffusione, fu Bwana Devil di A. Oboler (1952). Tra i metodi che consentono la visione stereoscopica si ricorda inoltre il cinerama. Altri metodi di ricostruzione stereoscopica di immagini di proiezioni radiografiche sono basati su un principio che è un perfezionamento della stratigrafia. Si immagini di eseguire successivamente una serie di radiografie di una struttura mediante un fascio sottile orizzontale di raggi paralleli, mentre l'oggetto in studio ruota a scatti attorno a un asse verticale; allora, tutte le successive immagini di un punto a fuoco staranno su un'orizzontale. Si ammette il principio che la densità ottica vera di quel punto sia ricavabile dalle singole densità, misurabili, per un numero sufficientemente elevato di proiezioni. Allora è possibile ideare un'apparecchiatura che esegua successivamente la precedente operazione per tutta la ristretta zona spaziale interessata, comprendente uno speciale calcolatore analogico-digitale capace di trasformare in dati numerici le singole densità misurate, determinare le densità risultanti e ricostruire spazialmente su uno schermo l'immagine tridimensionale globale.

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