solfàto
sm. [sec. XIII; da solfo]. Nome generico dei sali dell'acido solforico, H₂SO4. Questo, essendo un acido bibasico, può dar luogo a due serie di sali, i sali acidi o idrogenosolfati del tipo NaHSO4, detti impropriamente anche bisolfati, e i sali neutri o solfati neutri, del tipo Na₂SO4. Vari solfati si rinvengono in natura, come quello di calcio, CaSO4, diffusissimo sotto forma del suo biidrato, il gesso, quello di bario, BaSO4, che costituisce il minerale baritina, e altri. Chimicamente i solfati si preparano facendo agire l'acido solforico sui metalli corrispondenti, sui loro ossidi o idrossidi oppure anche su altri sali, ovvero attraverso reazioni di doppio scambio. Sono generalmente molto solubili in acqua, con l'eccezione di quelli di calcio, di stronzio, di bario e di piombo, e sono incolori, a meno che non derivino da cationi metallici di per sé colorati. Alcuni solfati, che cristallizzano con varie molecole di acqua, venivano indicati nell'antica nomenclatura chimica con il nome di vetrioli (per esempio il vetriolo azzurro, costituito dal solfato di rame pentaidrato, CuSO4∤5H₂O, il vetriolo verde, costituito dal solfato di ferro eptaidrato, FeSO4∤7H₂O, ecc.). Per riscaldamento a temperatura elevata i solfati dei metalli pesanti si decompongono nell'ossido corrispondente e in anidride solforica. Gli idrogenosolfati si ottengono per azione di un eccesso di acido solforico sui solfati neutri; per riscaldamento eliminano acqua trasformandosi nei disolfati, detti anche pirosolfati, come quello di sodio Na₂S₂O7, i quali a temperatura più elevata a loro volta si decompongono in solfati neutri e in anidride solforica libera. Per questa ragione molti ossidi insolubili possono venir solubilizzati trasformandoli in solfati per fusione con l'idrogenosolfato di sodio o di potassio.