sessantòtto
agg. num. cardinale inv. [sec. XX; da sessanta+otto]. Numero composto di sei decine e otto unità; anche sm. In particolare, l'anno 1968, quello in cui esplose il movimento di contestazione giovanile, specialmente studentesca, in alcuni Paesi industrializzati occidentali. L'evento-simbolo che diede inizio al movimento fu la rivolta del cosiddetto "maggio francese", che portò all'occupazione e al successivo sgombero dell'Università della Sorbona a Parigi: il 10 maggio, dopo una enorme manifestazione, migliaia di giovani francesi salirono su barricate innalzate lungo i boulevard e si scontrarono con la polizia. Il primo ministro G. Pompidou, travolto dagli avvenimenti, fu costretto a cedere alle richieste degli studenti sulla riforma universitaria. La rivendicazione di singoli obiettivi lasciò però presto il posto a una critica della società nel suo complesso, che investì la lotta per i diritti civili e quella contro l'imperialismo. In Italia la stagione del Sessantotto si protrasse, con alterne vicende, fino al 1977 e venne presto innervata ed egemonizzata da nuclei e gruppi animati dall'ideologia socialcomunista, che organizzò una forma di lotta violenta al sistema. La diffusa insoddisfazione alla base del movimento del Sessantotto italiano derivava dalla disgregazione dei valori dominanti, che erano stati erosi da un modello di "società opulenta", rivelatosi incapace di rispondere ad attese di profilo diverso da un semplice innalzamento del livello materiale di vita. Questo, peraltro, si era ottenuto attraverso un'industrializzazione disordinata e un allargamento artificioso dei consumi, portando come conseguenza una squilibrata espansione delle periferie urbane del Nord Italia e uno sradicamento culturale di ampie fasce della popolazione italiana. Sul piano ideologico, l'utopia di costruire un mondo nuovo e perfetto, liberato dall'ingiustizia e dalle disuguaglianze, trovò nella teoria rivoluzionaria di K. Marx e di V. I. Lenin il modello utopico per il futuro. L'ideologia si arricchì nel contempo di miti che, sapientemente propagandati, rafforzano la "fede" nella vittoria della rivoluzione: la Resistenza, i vietcong, la guerriglia di E. "Che" Guevara e di C. Marighella, la Cina di Mao Zedong. Accanto alla contestazione di sinistra, però, il Sessantotto italiano conobbe anche altri protagonisti: la destra giovanile, soprattutto studentesca e aggregata inizialmente attorno alla contestazione al sistema, entrò ben presto in antitesi con il progetto egemonico dei movimenti delle sinistre e si caratterizzò come reazione anticomunista, individualista e antiegualitaria all'ideologia marxista. Anche nel mondo cattolico molti quadri dirigenti abbandonarono la Chiesa e una parte della sua base giovanile andò a ingrossare le fila dei "rivoluzionari di professione". Questo differenziarsi e radicalizzarsi delle posizioni portò progressivamente alla guerra tra giovani, che fu costellata da sanguinosi episodi di violenza, fino a degenerare nel terrorismo e nella lotta armata. Nel suo aspetto più profondo, il Sessantotto si presentò comunque come una rivoluzione di tipo culturale, capace di influenzare il costume e i comportamenti sociali molto più che la sfera politica: con gli anni, il significato simbolico che questo evento ha assunto è stato quello di critica radicale verso ogni forma di dominazione e di autorità.