Lessico

sm. [sec. XIV; dal latino sacerdos-dōtis, da sacer sacri, sacro+un elemento indeuropeo dhē-, fare]. Chi esercita il ruolo e le funzioni di intermediario tra il mondo divino e un gruppo o una comunità umana; ministro del culto; in particolare, il ministro del culto cattolico; sacerdote secolare, non soggetto a regola monastica; gran sacerdote, capo del culto ebraico; sommo sacerdote, il papa cattolico. Fig., chi coltiva con grande dedizione e passione una disciplina, un'attività; sacerdote della giustizia, magistrato; sacerdote delle muse, cultore della poesia, dell'arte.

Religioni antiche

Il sacerdote è un operatore sacrale specializzato, autorizzato o delegato dalla comunità all'espletamento di un servizio divino. Diciamo “servizio divino” perché il sacerdote in senso proprio sussiste soltanto nelle religioni politeistiche e monoteistiche e va distinto pertanto da altri operatori sacrali (stregone, indovino, medicine-man, sciamano, ecc.) la cui azione non presuppone l'esistenza di divinità. Il sacerdote agisce in rappresentanza e per conto della comunità (nonché dei singoli membri della comunità) come un funzionario pubblico. Quale “rappresentante” della comunità, anche se solo come mediatore nei rapporti con gli dei (nel culto), il sacerdote è geneticamente in concorrenza con il re. La sua figura si forma, in ambiente mesopotamico, in funzione di “servo” del dio venerato in un tempio e “capo” della comunità collegata a quel tempio (la città-templare). Con l'avvento dell'istituto monarchico, probabilmente d'origine egiziana, la figura del sacerdote-re si distingue da quella del re-sacerdote: il primo diventa sacerdote in senso proprio perdendo le sue funzioni di capo e il secondo, rinunciando alla maggior parte delle funzioni sacrali, che delega ai sacerdoti, cessa di essere soggetto del culto, almeno parzialmente, e ne diviene oggetto egli stesso (da re-sacerdote si trasforma in re-divino). Il rapporto genetico tra sacerdote e re lascia tracce negli sviluppi storici di entrambi gli istituti. La stessa scomparsa dell'istituto monarchico, dove ciò avvenne, comportò la trasformazione dell'istituto sacerdotale. In Grecia la rivoluzione antimonarchica fu anche parzialmente antisacerdotale, almeno a giudicare dai risultati che ridussero il sacerdote a funzioni di officiante, ossia lo privarono di quell'autorità in materia di religione che altrove (Vicino Oriente, India, ecc.) avevano reso il sacerdozio depositario (e creatore) di cultura; unica eccezione il sacerdozio templare di certi santuari autonomi delle città-Stato (come Delfi, Dodona, ecc.). A Roma si ebbe un corpo sacerdotale non officiante, quello dei pontefici, detentore dell'autorità religiosa, ma i sacerdoti veri e propri erano soltanto officianti.

Religione ebraica

Il sacerdote risale alle origini stesse del popolo e viene collegato dalla tradizione con le figure di Mosè e Aronne, membri della tribù di Levi. Per l'epoca patriarcale non è attestata alcuna forma di sacerdozio, mentre la sua consistenza in epoca premonarchica è controversa; attestata è una casa sacerdotale nel santuario di Silo, quella degli Elidi; un'altra appare nel santuario di Nob (1 Samuele, 1 ss. e 21). Con la conquista di Gerusalemme da parte di David compare la figura di Sadoq, più tardi messa in relazione anch'essa con i Leviti (1 Cronache, 5,38). Prima dell'esilio il sacerdozio era collegato alla monarchia; dopo l'esilio divenne l'unica autorità in Israele, nonostante la sua decadenza dall'epoca dei Maccabei in avanti: ebbe infatti connivenze con l'ellenismo, pur mantenendo un atteggiamento religiosamente conservatore. Nel Nuovo Testamento esiste una tendenza ad abolire il sacerdozio; esso sarà di fatto disperso con la distruzione di Gerusalemme (70 d. C.).

Religione cattolica

Il sacerdote è in perfetta conformità alla tipologia del sacerdozio di Cristo: egli è il mediatore tra Dio e gli uomini e suo compito è di comunicare le cose divine agli uomini e le aspirazioni umane a Dio. Comunicando con Dio il sacerdote gli presenta il sacrificio di Cristo quale mezzo per ottenere la salvezza eterna degli uomini; a questi distribuisce i doni della grazia divina con l'amministrazione dei sacramenti, perché assieme alla grazia di Dio collaborino alla propria perfezione spirituale e siano chiamati all'adozione di figli di Dio e partecipi della gloria eterna. Altro atto importante del sacerdote è la preghiera: a somiglianza di Gesù, di cui i Vangeli ci riferiscono che “pregava assiduamente”, anche il sacerdote deve essere uomo di preghiera e in essa deve realizzare in ogni momento una stretta unione con la preghiera del Cristo, perché infonda efficacia alla sua richiesta a Dio. Il II Concilio Vaticano ha però dato al sacerdote una dimensione nuova: pur non facendolo abdicare ai suoi compiti fondamentali, esso ha spinto il sacerdote in mezzo agli uomini, perché viva nel contesto sociale dell'età presente, cercando d'interpretarne le più profonde esigenze e di purificarle nella giustizia di Dio, che è anche giustizia fra gli uomini e nella sua grazia, forza efficace per raggiungerla.

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