sèrvo

Indice

Lessico

sm. e agg. [sec. XIII; latino servus, schiavo].

1) Sm. (f. -a), chi è soggetto ad altri, chi è privato della libertà. Per estensione, chi è dominato o schiavo di qualche cosa: servo dell'ambizione, del denaro.

2) Domestico, servitore: un servo affezionato. Fig., persona servile e infida: di fronte ai soldi, ha accettato l'incarico: è proprio un servo.

3) Chi è devoto a qualcuno o qualche cosa: servo di Dio, titolo dato a un cristiano morto in concetto di santità e del quale è già stato introdotto il processo di beatificazione e provato che esistono gli elementi necessari alla continuazione della causa. Nelle formule antiche e lett. di cortesia: servo vostro, a vostra disposizione; oggi usate solo scherzosamente

4) Nome di appartenenti a ordini religiosi: servi di Maria.

5) Agg., antico e lett., schiavo: “ahi serva Italia” (Dante, Purgatorio, VI, 76).

Diritto

Nella società romana antica, i cittadini liberi ridotti in schiavitù per debiti e i prigionieri di guerra o le persone razziate in vere “cacce all'uomo”, quando necessitava lavoro servile a Roma o nei grandi latifondi in Italia e nelle province. Avevano solo doveri e nessun diritto ed erano equiparati alle bestie e alle cose. Su di loro il padrone esercitava un incontrastato diritto di vita e di morte, equiparabili quindi sotto ogni aspetto agli schiavi. Nel Medioevo alla schiavitù subentrò gradualmente la servitù della gleba, uno stato di vincolo del coltivatore alla terra senza possibilità di riscatto e di sottomissione all'autorità del proprietario. I servi della gleba pagavano un canone in natura o in denaro al proprietario del fondo. L'istituto del colonato sorse nel sec. IV, quando l'Impero romano era ormai sulla difensiva e mancava di prigionieri per il venir meno delle guerre di conquista. I coloni furono chiamati servi della gleba perché fissati alla terra che lavoravano. Nel Medioevo il colonato divenne il sistema dominante, ma subì modifiche sotto i Franchi: una parte della terra era lavorata da coloni liberi, un'altra da servi casati e una terza da servi semplici non dissimili dai servi della gleba. Privilegiata era invece la condizione dei servi casati perché, sebbene proprietà del padrone, godevano tuttavia di una casa, dirigevano la coltura dei campi in cui lavoravano, fruivano di una limitata personalità giuridica, potevano possedere, comprare e vendere; inoltre erano assistiti dal padrone in caso di carestie e di guerre. Con il sec. XI iniziò un progressivo affrancamento dei servi casati per la necessità di mettere a coltura terre vergini, per la dilatazione dell'artigianato, per la sostituzione della servitù della gleba con la libertà cum oboedientia, che teneva legato l'ex servo al padrone attraverso le corvées. Il moto di liberazione si accelerò con il sorgere e l'affermarsi dei Comuni, che favorirono l'inurbamento dei coloni e la fuga dai campi verso le città dei servi della gleba, attirati dalla prospettiva della libertà e di più facili guadagni nella mercatura. Tuttavia la servitù della gleba continuò ancora per diversi secoli e si può dire scomparsa definitivamente solo nei sec. XVIII e XIX (Prussia, abolita nel 1807; Impero Asburgico nel 1848; Russia nel 1861).

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