rifiuto (ecologia)
IndiceDescrizione generale
L'insieme dei prodotti di scarto, di provenienza domestica, urbana, agricola e industriale, soggetto all'eliminazione. La grande espansione dei sistemi produttivi e di consumo ha determinato una crescita vertiginosa dei rifiuti derivanti dagli scarti di produzione, dalla sempre più veloce sostituzione di beni da parte dei consumatori e dalla necessità crescente di ridurre le sostanze reflue liberamente immesse nell'ambiente dall'uomo. Il termine rifiuti è oggi utilizzato esclusivamente per indicare oggetti e materiali di scarto di natura solida. Materiali di scarto di natura gassosa o liquida vanno sotto il nome di reflui e sono oggetto di un approccio finalizzato alla depurazione del mezzo naturale (aria, acqua) nel quale si trovano. L'urgenza di tali problemi ha stimolato di recente la definizione di appositi strumenti di legge concernenti specificatamente i rifiuti solidi. Nella Comunità europea i principi base sono stati fissati nel 1975 con la direttiva n. 442, aggiornata nel 1991, che definisce il rifiuto e stabilisce i principi per la riduzione, il riciclaggio e lo smaltimento compatibile con l'ambiente. In Italia questa normativa è stata recepita con il D.P.R. n. 915 del 1982 e successivi decreti applicativi e ha trovato specifici momenti di applicazione in una nutrita produzione legislativa i cui punti più importanti sono le leggi n. 441 del 1987 e n. 475 del 9 novembre 1988. Il decreto legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997 (cosiddetto decreto Ronchi), infine, imposta la materia in un quadro complessivo di tutela ambientale e prevede l'attuazione di controlli efficaci relativi sia alle fasi di produzione-smaltimento-recupero dei rifiuti sia alle attività di prevenzione di pericolosità e di contenimento della produzione. Ciononostante il legislatore ha dovuto rivedere nuovamente la definizione di rifiuto con l'art. 14 del Decreto legge 8 luglio 2002 n. 138 (convertito con la legge 8 agosto 2002 n. 178) in cui è stata fornita un'interpretazione autentica di tale definizione con lo specifico obiettivo fornire un elemento di chiarezza nell'ambito della legislazione ambientale. Tuttavia anche questa norma è stata sottoposta a una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea. La legge n. 308/2004 ha in seguito riformulato l'intera legislazione interna sull'ambiente, mentre dal 29 aprile 2006 è in vigore il decreto legislativo n. 152 ("Norme in materia ambientale"), che ha stabilito nuove regole per quello che riguarda difesa del suolo e tutela delle acque, gestione dei rifiuti e più in generale tutela dell'ambiente. In generale, vengono identificati vari tipi di Rifiutisolidi. Rifiuti solidi urbani o rsu, costituiti da tutto ciò che viene scartato dai sistemi cittadini: in essi sono presenti materiali domestici (anche ingombranti) provenienti da locali e luoghi adibiti a uso civile, rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti a usi diversi da quello abitativo, rifiuti provenienti dalla pulizia delle strade, rifiuti che si trovano sulle strade o sul suolo pubblico e aree private comunque soggette a uso pubblico, o sulle spiagge marittime e sulle rive dei corsi d'acqua e rifiuti vegetali provenienti da giardini, parchi e aree cimiteriali. La quantità dei rifiuti solidi urbani prodotti è in continuo aumento e la loro composizione in rapida evoluzione (crescita della presenza di carta, vetro e plastica, diminuzione della frazione organica putrescibile). All'inizio del sec. XXI la densità media dei rifiuti solidi urbani è stata stimata in ca. 0,12 kg/dm3. Sono classificati come rifiuti speciali, invece, tutti i rifiuti diversi da quelli urbani: solidi o liquidi, essi si originano dai cicli produttivi o da attività di servizio. Per alcuni rifiuti la classificazione in pericoloso o non pericoloso avviene all'origine; altri invece necessitano di una voce speculare (codice di sei cifre per quest'ultimo e codice di sei cifre con asterisco per il primo). La gestione dei rifiuti è affidata per legge a soggetti diversi in rapporto alla loro origine. Alle amministrazioni centrali dello Stato compete la definizione delle norme generali, alle regioni la programmazione, la messa a punto di piani territoriali e il rilascio delle autorizzazioni, alle province il controllo, ai comuni la gestione dei sistemi di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, alle industrie lo smaltimento dei rifiuti speciali da esse prodotti. Con la direttiva 2008/98/CE, in vigore in sede comunitaria a partire dal 12 dicembre 2008, gli Stati membri sono tenuti ad adottare misure affinché il trattamento dei rifiuti pericolosi avvenga in modo tale da proteggere la salute degli individui e l'ambiente.
Smaltimento dei rifiuti
Lo smaltimento dei rifiuti viene realizzato con criteri e sistemi in via di evoluzione in rapporto alle crescenti dimensioni del problema e agli aspetti di impatto ambientale connessi. Negli anni Cinquanta, quando i rifiuti solidi urbani erano quantitativamente molto inferiori ed erano costituiti prevalentemente da materiali organici, era diffusa la pratica di utilizzarli per l'alimentazione dei suini, recuperando gli altri materiali (vetro, metallo, legno, stoffa, gomma ecc.). Successivamente, con l'aumento della quantità e della presenza di materie plastiche sono stati sviluppati sistemi meccanici di separazione di varie frazioni: quella organica putrescibile, quella secca (carta, plastica, legno ecc.), metallo e vetro, da destinare rispettivamente alla produzione di compost, alla termodistruzione e al recupero. Dagli ultimi anni del sec. XX la grande maggioranza dei rifiuti solidi urbani (ca. 53,5%) viene smaltita in discariche, una frazione più modesta (ca. 10,4%) in impianti di termodistruzione o inceneritori, mentre una quota sempre crescente (ca. 21,5%) passa attraverso la raccolta differenziata (riciclaggio, produzione di compost). In Italia vengono prodotti ca. 30 milioni di t di rifiuti solidi urbani all'anno, corrispondenti a un tasso di ca. 1,7 kg al giorno per abitante con una crescita annua del 1,1%. Per quanto riguarda i rifiuti speciali essi ammontano, secondo le stime ufficiali, a ca. 48 milioni di t all'anno (all'interno di questa stima vanno considerati ca. 3,8 milioni di t di rifiuti tossici e nocivi). Il riciclaggio dei rifiuti speciali rappresenta una porzione consistente (ca. il 40%) mentre per il restante ammontare lo smaltimento avviene quasi esclusivamente in discarica. L'utilizzazione di sistemi di combustione con possibilità di produzione di energia elettrica e calore (cogenerazione) è ancora poco diffusa anche se potrebbe rappresentare una soluzione vantaggiosa se realizzata con impianti dotati di efficaci sistemi di riduzione dell'impatto ambientale. La riduzione dei rifiuti, obiettivo di prima priorità per la società attuale, potrà essere realizzata attraverso la messa in atto di un complesso di sistemi normativi, organizzativi e tecnologici che vanno dall'adozione di tecnologie produttive nuove a basso impatto ambientale allo sviluppo della raccolta differenziata, alla produzione di beni di consumo appositamente progettati in modo da consentire, dopo il loro uso da parte del pubblico, un facile ed economico riciclaggio dei materiali in essi presenti e lo smaltimento compatibile a livello ambientale dei rifiuti non riutilizzabili. Nei primi anni del sec. XXI è stata incoraggiata la tendenza a realizzare inceneritori sempre più grandi, con la conseguenza di alimentare il “turismo dei rifiuti” (cioè il trasporto di rifiuti anche da altre province se non da altre nazioni) e produrre maggiore inquinamento. In Italia questo fenomeno è stato accentuato dai forti incentivi statali che hanno favorito l'incenerimento a scapito di altre modalità di smaltimento più rispettose dell'ambiente.