piyyūt

sm. ebraico (da payṭān, poeta, risalente al greco poiētḗs; pl. piyyutim). Forma di poesia liturgica ebraica che si sviluppò in Palestina nei primi secoli dell'era volgare e che in forme diverse durò sino all'epoca della haskalah o illuminismo ebraico (sec. XVIII). Le più antiche composizioni furono anonime; i primi autori noti furono Yosè ben Yosè (fine sec. V), Yannay (sec. VII), Eleazar ha-Qalir (sec. IX-X) e il primo non palestinese Saʽadyā ben Yōsef. Dal sec. IX il piyyūṭ cominciò a diffondersi in Occidente presso i nuclei ebraici della diaspora europea, subendo nello stile l'influenza dei trovatori, prima in Italia con Shēlōmōh ben Yēhūdāh ha-Bablì, successivamente in Germania con Moshe ben Kalonimos e Meshullam ben Kalonimos (entrambi di origine italiana). Anche in Spagna il piyyūṭ ebbe una grande diffusione e raggiunse la sua perfezione con Ibn Gĕbīrōl, Yēhūdāh ha-Levi, Moshe ibn 'Ezrā e Abrāhām ibn 'Ezrā. I piyyutim sono di genere vario secondo il tema, la forma e il posto che occupano nella liturgia. Per il metro, la forma e la lunghezza non esiste una vera regola. La lingua, basata sull'ebraico mishnico, è tuttavia ricchissima d'espressioni bibliche e di neologismi e non rifugge dall'uso figurato di parole comuni, che così sono venute ad acquistare nuovi significati.

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