neoliberty
sm. e agg. inv. [neo-+liberty]. Particolare atteggiamento della cultura architettonica italiana intorno agli anni Sessanta, caratterizzato da un riallacciamento al primo tempo del Movimento Moderno. Fenomeno essenzialmente legato agli ambienti universitari e professionali torinesi e milanesi, la corrente si ispirò a un rinnovato interesse per l'Art Nouveau e le esperienze progettuali tardo-ottocentesche, non scevro di frettolose conclusioni e pretenziose interpretazioni. Il neoliberty fu la proposta di un ritorno nel solco della tradizione architettonica borghese, seppur con rinnovato interesse tecnologico, e le sue opere, che trovarono spazio sulla rivista Casabella-Continuità diretta da E. Rogers, furono al centro di una polemica che assunse anche carattere internazionale. Le opere più discusse del neoliberty sono state la Bottega d'Erasmo e la Borsa Valori (Torino, 1953-56) di R. Gabetti e A. Oreglia d'Isola; gli appartamenti duplex a Cameri (Novara), del 1957, di L. Meneghetti, V. Gregotti e G. Stoppino, autori anche di un edificio per uffici a Novara (1960-61); vari edifici di G. Aulenti, G. Canella e P. De Rossi a Milano.